Fabrizio Vatta. Dal greto del fiume
Dal 13 Giugno 2014 al 27 Giugno 2014
Scorzè | Venezia
Luogo: Villa Orsini
Indirizzo: via Roma 53
Orari: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.30-12.30 / 16-19
Curatori: Gaetano Salerno
Enti promotori:
- Comune di Scorzè
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 348 5443851
E-Mail info: info@segnoperenne.it
Sito ufficiale: http://www.segnoperenne.it
Si inaugura venerdì 13 giugno 2014, presso gli spazi espositivi di Villa Orsini di Scorzé (via Roma, 53; presentazione critica ore 18.30), Dal greto del fiume, personale del pittore veneziano Fabrizio Vatta.
La mostra, visitabile fino a venerdì 27 giugno 2014 (vedi scheda evento allegata) è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata dal Circolo Culturale Scorzè in collaborazione con Segnoperenne e con il Comune di Scorzé.
Fabrizio Vatta nasce a Mestre nel 1956, città dove vive e lavora. Frequenta la Scuola Libera del Nudo con il maestro Luigi Tito per diplomarsi poi in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova. Partecipa da anni a importanti esposizioni personali e collettive, in Italia e all’estero.
In mostra una selezione degli ultimi lavori dell’artista, realizzati per l’appuntamento di Scorzè; una trentina di lavori di piccole, medie e grandi dimensioni (tecnica mista su tela e tavola) incentrati sul tema della figura umana, ritratti di bambini, uomini e donne bloccati dalla pittura in azioni fuori dal tempo, colti nello sviluppo di azioni reiterare, pose rubate all’album dei ricordi, attraverso le quali scandire il passare del tempo e tracciare un filo del racconto in cui si mischiano senza soluzione di continuità, passato, presente e futuro.
Il greto di un fiume, il cui lento scorrere è metafora del pigro e inesorabile trascorrere delle stagioni biologiche, fornisce all’artista il luogo privilegiato per osservare passare la (propria) vita, dall’infanzia all’età adulta, riflettendo sul mistero della natura umana, sui paradigmi esistenziali che orientano il nostro cammino; da quest’antologia di Spoon River estesa oltre il paese, oltre la città, oltre le proprie certezze fino ad abbracciare e considerare una sola moltitudine anonima e coesa, emerge un senso d’inquietudine e di malinconia, trasparendo infatti, al di là dei volti e dei corpi di questo campionario umano, tra le consistenze fisiche di questi personaggi allegoricamente silenti, abbandonati nel tempo e nello spazio di una pittura sempre indefinita, dinamica eppure riflessiva, la rassegnazione per le occasioni perdute, la disillusione di promesse non mantenute e di speranze smarrite nelle pieghe di un passato divenuto memoria, l’accettazione apatica di un presente che non sempre intercetta le illusioni della gioventù, corrompendone anzi l’innocenza.
Il futuro è incerto e nebuloso, come il segno tracciato dal pennello dell’artista che si muove sul supporto con l’impeto di un prolungato flusso di coscienza e, come il flusso dell’acqua che con inarrestabile irruenza satura ogni anfratto dell’alveo del fiume, satura e stratifica gli sfondi di materia cromatica, per ricordare che tutto scorre, tutto avanza, ritrovando nelle successioni temporali tragicamente diacroniche di una natura che sembra ignorare la presenza umana, le nostre cronologie, i nostri pensieri, le nostre vite e, in ultima analisi, una nuova forma di rappresentazione sincronica dalla quale ripartire per comprendere, osservandoci, chi siamo e riconsiderare chi invece avremmo voluto essere.
Scrive dell’artista Gaetano Salerno nel testo critico Figure:
“[…] Figure in cerca di approdo, prigioniere di fitte trame psicologiche, rasentano solitudini estreme in questi palcoscenici realisti e tragici in cui la decostruzione del mondo concorre alla costruzione dell’incertezza, offrendosi inermi agli sguardi, in attesa di un giudizio che sembra piombare implacabile su volti e su corpi scherniti dalla luce - radente nei primi e primissimi piani – e stagliati sui campi lunghi delle diagonali che, per contrapposizione, avvicinano l’illogico al concreto eliminando le distorsioni percettive.
I ricercati tagli fotografici delle composizioni conferiscono immediata credibilità e drammaticità a queste immagini che comunque non cessano di alludere al fantastico e all’onirico; il colore forma e deforma, individua e cancella.
In questo binomio realizzativo disegnare una traccia per poi occultarla trasmette l’essenza sfaccettata della vita: assorbire un dato reale, una suggestione fisica per poi esploderla nella materia che ne amplifica esponenzialmente il sentimento di base, ammantando ogni angolo della sfera visibile della sua essenza con pasta cromatica fluida e dinamica, scrive la teologia di un mondo occulto in divenire in cui esserci, figurare, rappresentata la sola antitesi al nichilismo […]”.
L’artista sarà presente in occasione della vernice di venerdì 13 giugno 2014 (inizio ore 18.30), introdotto dal critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a venerdì 27 giugno 2014 (vedi scheda evento allegata) è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata dal Circolo Culturale Scorzè in collaborazione con Segnoperenne e con il Comune di Scorzé.
Fabrizio Vatta nasce a Mestre nel 1956, città dove vive e lavora. Frequenta la Scuola Libera del Nudo con il maestro Luigi Tito per diplomarsi poi in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova. Partecipa da anni a importanti esposizioni personali e collettive, in Italia e all’estero.
In mostra una selezione degli ultimi lavori dell’artista, realizzati per l’appuntamento di Scorzè; una trentina di lavori di piccole, medie e grandi dimensioni (tecnica mista su tela e tavola) incentrati sul tema della figura umana, ritratti di bambini, uomini e donne bloccati dalla pittura in azioni fuori dal tempo, colti nello sviluppo di azioni reiterare, pose rubate all’album dei ricordi, attraverso le quali scandire il passare del tempo e tracciare un filo del racconto in cui si mischiano senza soluzione di continuità, passato, presente e futuro.
Il greto di un fiume, il cui lento scorrere è metafora del pigro e inesorabile trascorrere delle stagioni biologiche, fornisce all’artista il luogo privilegiato per osservare passare la (propria) vita, dall’infanzia all’età adulta, riflettendo sul mistero della natura umana, sui paradigmi esistenziali che orientano il nostro cammino; da quest’antologia di Spoon River estesa oltre il paese, oltre la città, oltre le proprie certezze fino ad abbracciare e considerare una sola moltitudine anonima e coesa, emerge un senso d’inquietudine e di malinconia, trasparendo infatti, al di là dei volti e dei corpi di questo campionario umano, tra le consistenze fisiche di questi personaggi allegoricamente silenti, abbandonati nel tempo e nello spazio di una pittura sempre indefinita, dinamica eppure riflessiva, la rassegnazione per le occasioni perdute, la disillusione di promesse non mantenute e di speranze smarrite nelle pieghe di un passato divenuto memoria, l’accettazione apatica di un presente che non sempre intercetta le illusioni della gioventù, corrompendone anzi l’innocenza.
Il futuro è incerto e nebuloso, come il segno tracciato dal pennello dell’artista che si muove sul supporto con l’impeto di un prolungato flusso di coscienza e, come il flusso dell’acqua che con inarrestabile irruenza satura ogni anfratto dell’alveo del fiume, satura e stratifica gli sfondi di materia cromatica, per ricordare che tutto scorre, tutto avanza, ritrovando nelle successioni temporali tragicamente diacroniche di una natura che sembra ignorare la presenza umana, le nostre cronologie, i nostri pensieri, le nostre vite e, in ultima analisi, una nuova forma di rappresentazione sincronica dalla quale ripartire per comprendere, osservandoci, chi siamo e riconsiderare chi invece avremmo voluto essere.
Scrive dell’artista Gaetano Salerno nel testo critico Figure:
“[…] Figure in cerca di approdo, prigioniere di fitte trame psicologiche, rasentano solitudini estreme in questi palcoscenici realisti e tragici in cui la decostruzione del mondo concorre alla costruzione dell’incertezza, offrendosi inermi agli sguardi, in attesa di un giudizio che sembra piombare implacabile su volti e su corpi scherniti dalla luce - radente nei primi e primissimi piani – e stagliati sui campi lunghi delle diagonali che, per contrapposizione, avvicinano l’illogico al concreto eliminando le distorsioni percettive.
I ricercati tagli fotografici delle composizioni conferiscono immediata credibilità e drammaticità a queste immagini che comunque non cessano di alludere al fantastico e all’onirico; il colore forma e deforma, individua e cancella.
In questo binomio realizzativo disegnare una traccia per poi occultarla trasmette l’essenza sfaccettata della vita: assorbire un dato reale, una suggestione fisica per poi esploderla nella materia che ne amplifica esponenzialmente il sentimento di base, ammantando ogni angolo della sfera visibile della sua essenza con pasta cromatica fluida e dinamica, scrive la teologia di un mondo occulto in divenire in cui esserci, figurare, rappresentata la sola antitesi al nichilismo […]”.
L’artista sarà presente in occasione della vernice di venerdì 13 giugno 2014 (inizio ore 18.30), introdotto dal critico d’arte Gaetano Salerno.
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