Il Limite. Video-installazione di Elisabetta Di Sopra
Dal 15 Luglio 2021 al 09 Ottobre 2021
Venezia
Luogo: Museo Archeologico Nazionale di Venezia
Indirizzo: Piazza San Marco 17/52
Orari: Lun - Dom 11 - 17 | Ultimo ingresso ore 16
Costo del biglietto: Biglietto integrato Piazza San Marco | Gratuito per i residenti nel Comune di Venezia
Telefono per informazioni: +39 041 2967663
E-Mail info: drm-ven.archeologico@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://polomusealeveneto.beniculturali.it
“Il limite”, inteso come linea e disegno: ma “il limite” è soprattutto l’elemento necessario cui deve ricorrere la nostra percezione visiva per cogliere le forme”. Così Daniele Ferrara, Direttore regionale dei Musei del Veneto, presentando IL LIMITE, la videoinstallazione di Elisabetta Di Sopra che da venerdì 9 luglio sarà visibile all'interno del Museo Archeologico in Piazza San Marco a Venezia. “Tre monitor presentano in movimento il corpo nudo della modella ritratta dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia: un’immagine viva accanto a opere del passato immobili, ma vive nell’immaginario e nelle emozioni dei visitatori che le osservano”, conferma la Direttrice del Museo Nicoletta Giordani. “Nel caso specifico di Elisabetta Di Sopra si tratta di un esempio particolarmente calzante perché ritorna effettivamente nei luoghi della formazione: un’aula dove si svolge l’insegnamento di Anatomia Artistica diventa il luogo della messa in scena per una lezione animata solo dalle lente movenze di una modella in posa, la cosiddetta ‘modella vivente’ che si distingue dagli altri modelli ‘non viventi’ rappresentati dai gessi, copie di capolavori dell’arte del passato, collocati in quei medesimi spazi, imitando i quali ci si educava alle arti. L’anatomia artistica è una disciplina antica, non meno dell’imitatio o della mimesis, disciplina che può suonare desueta considerando l’attenzione contemporanea ai nuovi media e l’emancipazione da aspetti più tradizionali delle arti”. La certezza viene da Riccardo Caldura, Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. Perché, nell'occasione, attraverso la Di Sopra che ha progettato l'opera - una nuova tappa di una ricerca tesa a cogliere l'aspetto minimale ma straordinario comunque presente nella quotidianità - rievocando il suo percorso didattico e realizzandola nei luoghi dove il divenire artistico si replica ormai da secoli, le istituzioni veneziane coinvolte hanno deciso di proseguire scambiandosi esperienze, presenze e costruendo possibili eventi comuni. Superando un altro limite, quello della difficoltà a dialogare in una città che per la sua storia e la sua cultura porta più ad accontentarsi del proprio specifico piuttosto che tendere alla compartecipazione dell'offerta e quindi della conoscenza.
Elisabetta di Sopra è nata a Pordenone nel 1969, vive e lavora a Venezia.
Laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, è stata curatrice per diversi anni del concorso di video-arte Maurizio Cosua all’interno del Festival Francesco Pasinetti di Venezia. È socia dell’Archivio Carlo Montanaro alla Fabbrica del Vedere e docente all’Università Ca’ Foscari nel Master di Fine Arts in Filmmaking dove collabora anche per lo Short Film Festival nella promozione della videoarte italiana. La sua ricerca artistica si focalizza sull’impiego del video con una narrazione caratterizzata da azioni semplici ed incisive che mettono in luce le dinamiche psicologiche sottese alla vita quotidiana, alle relazioni familiari, al corpo femminile e ai ruoli sociali. Il corpo, che parla attraverso gesti minimali, è alla base del suo lavoro, diventando metafora del nostro essere al mondo.
Numerose sono le sue partecipazioni a mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero.
Nel video trittico di Elisabetta Di Sopra si osserva una modella non più giovane, a figura intera e in dettagli del suo corpo, in un’aula dell’Accademia di Belle Arti, fra arredi accatastati, una statua in gesso, disegni e sullo sfondo uno scheletro per lo studio dell’anatomia. La sua bellezza è stata trasformata dal tempo e la posa ha una durata breve: non ci sono allievi perché tutti noi rivestiamo la loro parte e completiamo automaticamente col nostro sguardo l’opera.
Dunque veniamo idealmente fatti entrare nel luogo deputato a studiare “il limite”, inteso come linea e disegno: ma “il limite” è soprattutto l’elemento necessario cui deve ricorrere la nostra percezione visiva per cogliere le forme.
Attraverso la metafora dell’arte la Di Sopra ci ricorda una condizione propria dell’uomo. Se nel video notiamo il leggero movimento, le vibrazioni della modella, la sua collocazione nel Museo Archeologico di Venezia sollecita a osservare la fissità delle immagini delle sculture. La premessa necessaria di quelle statue - originali o copie che siano - è che vi furono appunto modelli in carne e ossa, con linee viventi che consumarono il loro tempo, e che gli artisti fissarono nel marmo.
Quanto è elegante e leggera questa immagine offertaci dall’artista, tanto è profondo il tema. Del resto “ogni limite ha una pazienza”, diceva Totò: è proprio vero e tendiamo a dimenticarcene. Abbiamo volentieri accolto questa sollecitazione contemporanea di Elisabetta Di Sopra, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia, perché interloquisce con efficacia con le sculture del museo apportando nuove emozioni e motivi di riflessione attraverso queste immagini.
Daniele Ferrara
Direttore regionale Musei Veneto
L’installazione IL LIMITE di Elisabetta Di Sopra, accolta nella sala VIII del Museo Archeologico Nazionale di Venezia, rientra nell’idea di una rassegna #nuovisguardisulmuseo, che coniuga opere dell’antichità classica a espressioni artistiche contemporanee. Questo percorso intrapreso nel novembre 2019 ha aperto le porte dell’Istituzione alla performance musicale di Gerardo Balestrieri ispirata ad Hugo Pratt e ai viaggi avventurosi di Corto Maltese, al trailer del film che sarà tratto dal romanzo di Stella Nosella, Sebastian’s Chronicles. Lo scrigno d’avorio, ambientato in Museo, alla rassegna di Cà Foscari Film Festival curata da Roberta Novielli, all’esposizione PAST FORWARD, curata da Luca Berta e Francesca Giubilei, tra i percorsi cittadini della terza edizione di Venice Design Biennial. Altre iniziative collegate ai tradizionali appuntamenti veneziani sono a calendario nei prossimi mesi. #nuovisguardisulmuseo intende coinvolgere pubblici diversi e rafforzare i legami con la città e il territorio, fidelizzando maggiormente i visitatori di prossimità. La condizione richiesta per accogliere proposte ed eventi è quella di rappresentare un valore aggiunto alla visita attraverso relazioni esplicite con la storia del Museo e le sue collezioni.
A questa filosofia si ispira l’opera IL LIMITE di Elisabetta Di Sopra. Tre monitor presentano in movimento il corpo nudo della modella ritratta dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia: un’immagine viva accanto a opere del passato immobili, ma vive nell’immaginario e nelle emozioni dei visitatori che le osservano. I video sono ambientati nella sala che ospita statue femminili di età imperiale romana, tra cui la famosa Leda con il cigno della collezione di Giovanni Grimani, la Venere marina della collezione di Gerolamo Zulian, copia da un originale greco della metà del I secolo a.C., restaurata dal Canova ed altre opere identitarie del Museo. Tra queste, l’Ulisse Grimani, divenuto logo del progetto Terre d’acqua, terre nell’acqua. Delta del Po e Venezia, promosso dall’Ente Parco Regionale del Delta del Po che unisce i Musei Archeologici Nazionali di Venezia, Adria e di Altino e il Civico archeologico di Comacchio nella candidatura a Marchio del Patrimonio Europeo 2021. E ancora le tre statue dei Galati delle raccolte Grimani, parte di un gruppo di dieci esemplari scoperti a Roma nel 1514 e acquistati dai Medici. Le sculture realizzate nel II secolo d.C. sono copie dei capolavori ellenistici realizzati per il Donario offerto da Attalo I, re di Pergamo, nell’Acropoli di Atene, come memoria delle sue vittorie, simbolo del trionfo della civiltà, rappresentata dal mondo greco, contro la barbarie, identificata con i Galati vinti.
L’installazione IL LIMITE nel nostro intento richiama la consuetudine degli artisti di trarre ispirazione dall’Antico, aspetto estremamente radicato a Venezia e ben rappresentato nel Museo Archeologico, un tempo Statuario della Serenissima, realizzato nel 1596 con le donazioni Grimani. Le sculture esposte mostrano la mano di artisti veneziani, come Tiziano Aspetti, Alessandro Vittoria, Tullio Lombardo, fino al Canova, che intervennero con restauri e ricostruzioni per dare vita ad opere frammentarie, reinterpretando soggetti, adattandoli all’immaginario dei proprietari collezionisti, creando connessioni più o meno arbitrarie.
Le opere più ammirate delle collezioni veneziane furono fonte di studio e di ispirazione per artisti italiani e stranieri. Ricordiamo tra tutte la testa-ritratto dell’imperatore romano Vitellio, appartenuta al cardinale Domenico Grimani, che venne riprodotta in disegni e dipinti da Jacopo da Bassano, Tintoretto, Palma il Giovane, Rubens, e compare in numerose composizioni artistiche dal Rinascimento al Novecento.
Il nostro augurio è che questa iniziativa, condotta in sinergia con l’artista e l’Accademia di Belle Arti di Venezia, riporti i giovani alle consuetudini di osservazione, studio, riproduzione delle opere antiche come avviene nelle sale delle Accademie di Belle Arti e siano occasione per suggellare una nuova proficua collaborazione tra il Museo e l’Accademia veneziana.
Nicoletta Giordani
Direttore Museo Archeologico Nazionale di Venezia
La proposta di Elisabetta Di Sopra è un lavoro che tocca aspetti di grande rilevanza per una istituzione per le arti. Il primo, biograficamente il più diretto, riguarda il ritrovato rapporto fra un’artista che si è avviata da anni lungo un proprio intenso percorso professionale e l’istituzione nella quale si è formata, l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Un esempio, quello di Elisabetta Di Sopra, che indaga sulla questione del rapporto fra formazione e professione, con ciò che significa per l’Istituzione veneziana il poter considerare l’evoluzione del rapporto con coloro che hanno frequentato le sue aule, così da aggiornare la sequenza dei maestri e degli allievi di grande qualità che ne hanno contraddistinto la storia dal 1750.
Una storia che non smette dunque di riscriversi, prolungando, idealmente, l’elenco dei nomi scolpiti sulla lastra all’ingresso nella vecchia sede dell’Istituzione in Campo della Carità. Nel caso specifico di Elisabetta Di Sopra si tratta di un esempio particolarmente calzante perché ritorna effettivamente nei luoghi della formazione: un’aula dove si svolge l’insegnamento di Anatomia Artistica diventa il luogo della messa in scena per una lezione animata solo dalle lente movenze di una modella in posa, la cosiddetta ‘modella vivente’ che si distingue dagli altri modelli ‘non viventi’ rappresentati dai gessi, copie di capolavori dell’arte del passato, collocati in quei medesimi spazi, imitando i quali ci si educava alle arti. L’anatomia artistica è una disciplina antica, non meno dell’imitatio o della mimesis, disciplina che può suonare desueta considerando l’attenzione contemporanea ai nuovi media e l’emancipazione da aspetti più tradizionali delle arti.
E invece, per quelle interne dinamiche che sono proprie dell’arte, grazie alle quali niente può effettivamente considerarsi ‘passato’, è proprio dalla distanza che inizia il percorso di riavvicinamento. Le posture assunte dalla modella durante una lezione di anatomia vengono evidenziate grazie alla capacità di osservazione della videomaker; la pluralità dei punti di vista viene restituita dall’utilizzo di più schermi, che compongono una sorta di trittico tecnologico. Così come non era un luogo qualsiasi quello nel quale il lavoro è stato girato, è ancor meno un luogo qualsiasi quello che ospita l’opera della Di Sopra.
Alcuni capolavori classici del Museo Archeologico, o meglio alcune posture fissate per sempre dall’arte statuaria antica, entrano in relazione con il presente avendo come medium un’opera contemporanea che mette in scena un corpo in posa. Ha a che fare con il tempo il lavoro che si espone nelle sale del Museo Archeologico, il tempo lento del soggetto ritratto dall’artista, il tempo esteso, dilatato, da cui provengono le opere classiche nelle sale. Tempi che per un momento scorrono paralleli, convivendo davanti agli occhi del visitatore.
Riccardo Caldura
Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia
Inaugurazione giovedì 15 luglio ore 12.00, sala 8
Elisabetta di Sopra è nata a Pordenone nel 1969, vive e lavora a Venezia.
Laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, è stata curatrice per diversi anni del concorso di video-arte Maurizio Cosua all’interno del Festival Francesco Pasinetti di Venezia. È socia dell’Archivio Carlo Montanaro alla Fabbrica del Vedere e docente all’Università Ca’ Foscari nel Master di Fine Arts in Filmmaking dove collabora anche per lo Short Film Festival nella promozione della videoarte italiana. La sua ricerca artistica si focalizza sull’impiego del video con una narrazione caratterizzata da azioni semplici ed incisive che mettono in luce le dinamiche psicologiche sottese alla vita quotidiana, alle relazioni familiari, al corpo femminile e ai ruoli sociali. Il corpo, che parla attraverso gesti minimali, è alla base del suo lavoro, diventando metafora del nostro essere al mondo.
Numerose sono le sue partecipazioni a mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero.
Nel video trittico di Elisabetta Di Sopra si osserva una modella non più giovane, a figura intera e in dettagli del suo corpo, in un’aula dell’Accademia di Belle Arti, fra arredi accatastati, una statua in gesso, disegni e sullo sfondo uno scheletro per lo studio dell’anatomia. La sua bellezza è stata trasformata dal tempo e la posa ha una durata breve: non ci sono allievi perché tutti noi rivestiamo la loro parte e completiamo automaticamente col nostro sguardo l’opera.
Dunque veniamo idealmente fatti entrare nel luogo deputato a studiare “il limite”, inteso come linea e disegno: ma “il limite” è soprattutto l’elemento necessario cui deve ricorrere la nostra percezione visiva per cogliere le forme.
Attraverso la metafora dell’arte la Di Sopra ci ricorda una condizione propria dell’uomo. Se nel video notiamo il leggero movimento, le vibrazioni della modella, la sua collocazione nel Museo Archeologico di Venezia sollecita a osservare la fissità delle immagini delle sculture. La premessa necessaria di quelle statue - originali o copie che siano - è che vi furono appunto modelli in carne e ossa, con linee viventi che consumarono il loro tempo, e che gli artisti fissarono nel marmo.
Quanto è elegante e leggera questa immagine offertaci dall’artista, tanto è profondo il tema. Del resto “ogni limite ha una pazienza”, diceva Totò: è proprio vero e tendiamo a dimenticarcene. Abbiamo volentieri accolto questa sollecitazione contemporanea di Elisabetta Di Sopra, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia, perché interloquisce con efficacia con le sculture del museo apportando nuove emozioni e motivi di riflessione attraverso queste immagini.
Daniele Ferrara
Direttore regionale Musei Veneto
L’installazione IL LIMITE di Elisabetta Di Sopra, accolta nella sala VIII del Museo Archeologico Nazionale di Venezia, rientra nell’idea di una rassegna #nuovisguardisulmuseo, che coniuga opere dell’antichità classica a espressioni artistiche contemporanee. Questo percorso intrapreso nel novembre 2019 ha aperto le porte dell’Istituzione alla performance musicale di Gerardo Balestrieri ispirata ad Hugo Pratt e ai viaggi avventurosi di Corto Maltese, al trailer del film che sarà tratto dal romanzo di Stella Nosella, Sebastian’s Chronicles. Lo scrigno d’avorio, ambientato in Museo, alla rassegna di Cà Foscari Film Festival curata da Roberta Novielli, all’esposizione PAST FORWARD, curata da Luca Berta e Francesca Giubilei, tra i percorsi cittadini della terza edizione di Venice Design Biennial. Altre iniziative collegate ai tradizionali appuntamenti veneziani sono a calendario nei prossimi mesi. #nuovisguardisulmuseo intende coinvolgere pubblici diversi e rafforzare i legami con la città e il territorio, fidelizzando maggiormente i visitatori di prossimità. La condizione richiesta per accogliere proposte ed eventi è quella di rappresentare un valore aggiunto alla visita attraverso relazioni esplicite con la storia del Museo e le sue collezioni.
A questa filosofia si ispira l’opera IL LIMITE di Elisabetta Di Sopra. Tre monitor presentano in movimento il corpo nudo della modella ritratta dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia: un’immagine viva accanto a opere del passato immobili, ma vive nell’immaginario e nelle emozioni dei visitatori che le osservano. I video sono ambientati nella sala che ospita statue femminili di età imperiale romana, tra cui la famosa Leda con il cigno della collezione di Giovanni Grimani, la Venere marina della collezione di Gerolamo Zulian, copia da un originale greco della metà del I secolo a.C., restaurata dal Canova ed altre opere identitarie del Museo. Tra queste, l’Ulisse Grimani, divenuto logo del progetto Terre d’acqua, terre nell’acqua. Delta del Po e Venezia, promosso dall’Ente Parco Regionale del Delta del Po che unisce i Musei Archeologici Nazionali di Venezia, Adria e di Altino e il Civico archeologico di Comacchio nella candidatura a Marchio del Patrimonio Europeo 2021. E ancora le tre statue dei Galati delle raccolte Grimani, parte di un gruppo di dieci esemplari scoperti a Roma nel 1514 e acquistati dai Medici. Le sculture realizzate nel II secolo d.C. sono copie dei capolavori ellenistici realizzati per il Donario offerto da Attalo I, re di Pergamo, nell’Acropoli di Atene, come memoria delle sue vittorie, simbolo del trionfo della civiltà, rappresentata dal mondo greco, contro la barbarie, identificata con i Galati vinti.
L’installazione IL LIMITE nel nostro intento richiama la consuetudine degli artisti di trarre ispirazione dall’Antico, aspetto estremamente radicato a Venezia e ben rappresentato nel Museo Archeologico, un tempo Statuario della Serenissima, realizzato nel 1596 con le donazioni Grimani. Le sculture esposte mostrano la mano di artisti veneziani, come Tiziano Aspetti, Alessandro Vittoria, Tullio Lombardo, fino al Canova, che intervennero con restauri e ricostruzioni per dare vita ad opere frammentarie, reinterpretando soggetti, adattandoli all’immaginario dei proprietari collezionisti, creando connessioni più o meno arbitrarie.
Le opere più ammirate delle collezioni veneziane furono fonte di studio e di ispirazione per artisti italiani e stranieri. Ricordiamo tra tutte la testa-ritratto dell’imperatore romano Vitellio, appartenuta al cardinale Domenico Grimani, che venne riprodotta in disegni e dipinti da Jacopo da Bassano, Tintoretto, Palma il Giovane, Rubens, e compare in numerose composizioni artistiche dal Rinascimento al Novecento.
Il nostro augurio è che questa iniziativa, condotta in sinergia con l’artista e l’Accademia di Belle Arti di Venezia, riporti i giovani alle consuetudini di osservazione, studio, riproduzione delle opere antiche come avviene nelle sale delle Accademie di Belle Arti e siano occasione per suggellare una nuova proficua collaborazione tra il Museo e l’Accademia veneziana.
Nicoletta Giordani
Direttore Museo Archeologico Nazionale di Venezia
La proposta di Elisabetta Di Sopra è un lavoro che tocca aspetti di grande rilevanza per una istituzione per le arti. Il primo, biograficamente il più diretto, riguarda il ritrovato rapporto fra un’artista che si è avviata da anni lungo un proprio intenso percorso professionale e l’istituzione nella quale si è formata, l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Un esempio, quello di Elisabetta Di Sopra, che indaga sulla questione del rapporto fra formazione e professione, con ciò che significa per l’Istituzione veneziana il poter considerare l’evoluzione del rapporto con coloro che hanno frequentato le sue aule, così da aggiornare la sequenza dei maestri e degli allievi di grande qualità che ne hanno contraddistinto la storia dal 1750.
Una storia che non smette dunque di riscriversi, prolungando, idealmente, l’elenco dei nomi scolpiti sulla lastra all’ingresso nella vecchia sede dell’Istituzione in Campo della Carità. Nel caso specifico di Elisabetta Di Sopra si tratta di un esempio particolarmente calzante perché ritorna effettivamente nei luoghi della formazione: un’aula dove si svolge l’insegnamento di Anatomia Artistica diventa il luogo della messa in scena per una lezione animata solo dalle lente movenze di una modella in posa, la cosiddetta ‘modella vivente’ che si distingue dagli altri modelli ‘non viventi’ rappresentati dai gessi, copie di capolavori dell’arte del passato, collocati in quei medesimi spazi, imitando i quali ci si educava alle arti. L’anatomia artistica è una disciplina antica, non meno dell’imitatio o della mimesis, disciplina che può suonare desueta considerando l’attenzione contemporanea ai nuovi media e l’emancipazione da aspetti più tradizionali delle arti.
E invece, per quelle interne dinamiche che sono proprie dell’arte, grazie alle quali niente può effettivamente considerarsi ‘passato’, è proprio dalla distanza che inizia il percorso di riavvicinamento. Le posture assunte dalla modella durante una lezione di anatomia vengono evidenziate grazie alla capacità di osservazione della videomaker; la pluralità dei punti di vista viene restituita dall’utilizzo di più schermi, che compongono una sorta di trittico tecnologico. Così come non era un luogo qualsiasi quello nel quale il lavoro è stato girato, è ancor meno un luogo qualsiasi quello che ospita l’opera della Di Sopra.
Alcuni capolavori classici del Museo Archeologico, o meglio alcune posture fissate per sempre dall’arte statuaria antica, entrano in relazione con il presente avendo come medium un’opera contemporanea che mette in scena un corpo in posa. Ha a che fare con il tempo il lavoro che si espone nelle sale del Museo Archeologico, il tempo lento del soggetto ritratto dall’artista, il tempo esteso, dilatato, da cui provengono le opere classiche nelle sale. Tempi che per un momento scorrono paralleli, convivendo davanti agli occhi del visitatore.
Riccardo Caldura
Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia
Inaugurazione giovedì 15 luglio ore 12.00, sala 8
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