Marco Onofri. Le Fil(le) Rouge
Dal 04 Settembre 2015 al 18 Ottobre 2015
Venezia
Luogo: Officina delle Zattere
Indirizzo: Dorsoduro 947
Orari: da martedì a domenica 10-18
Curatori: Gaia Conti
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 041 5234348
E-Mail info: info@arteeventi.com
Sito ufficiale: http://www.officinadellezattere.it
Le Fil(le) Rouge, esposizione personale di Marco Onofri, presenta in anteprima a Venezia il nuovo lavoro del fotografo romagnolo. La mostra, a cura di Gaia Conti, si caratterizza per una lettura antropologica della dimensione della danza intesa come simbolo, come espressione di un rito lungo l’arco di un’unica coreografia in 9 tempi.
Le fil(le) rouge, il titolo dell’esposizione, è un gioco di parole. Uno sfondo nero come la pece e al centro della scena, protagonista e decisa, si muove morbida una fille, una ragazza, che si dipana tra un’immagine e l’altra come un filo – il fil – quello che lega ogni foto: un intenso vestito rouge, rosso. Ed è proprio il movimento di quest’abito, del quale si riesce quasi a percepire il fruscio, che è in grado di evocare un’atmosfera di illusione tra il conscio e l’inconscio. Il colore del fuoco, del sangue e dell’aggressività. Tutti sentimenti acuti che indicano uno stato di eccitazione, ma allo stesso tempo di fierezza e orgoglio.
Guardare queste immagini è come leggere i capitoli di un Cappuccetto rosso moderno nel quale il lupo da cui fugge è il nero profondo che circonda, ma non riesce ad inghiottire, l’eroina. Non le serve il cappuccio per nascondere il volto in questa sorta di fuga senza fine, una lotta fiera, che passa da un riquadro all’altro, mutando la sua posizione, contorcendosi, concedendo spazio all’oscurità per poi riprenderselo. Celebrazione, spiritualità, erotismo.
Un richiamo alla mente a figure intense come quella della ballerina americana Martha Graham che con il suo corpo esile riusciva a far vibrare le emozioni. Un accenno a figure iconiche dell’arte come la danzatrice Loie Fullerche immortalata in un disegno tutta movimento e colore, da Toulouse Lautrec; ma quel vestito non fa che ricordarmi la Donna inginocchiata con vestito rosso di Egon Schiele, che sembra quasi volersi alzare e intraprendere la stessa danza, quel viso così altèro e quegli occhi pungenti.
La danza che Marco Onofri mette in scena è effimera e raffinata, attuale e primordiale allo stesso tempo è, come dice Nietzsche nel saggio La visione dionisiaca del mondo, un “linguaggio di gesti potenziato” verso l’immaginario traguardo delle nostre sfide quotidiane.
Le fil(le) rouge, il titolo dell’esposizione, è un gioco di parole. Uno sfondo nero come la pece e al centro della scena, protagonista e decisa, si muove morbida una fille, una ragazza, che si dipana tra un’immagine e l’altra come un filo – il fil – quello che lega ogni foto: un intenso vestito rouge, rosso. Ed è proprio il movimento di quest’abito, del quale si riesce quasi a percepire il fruscio, che è in grado di evocare un’atmosfera di illusione tra il conscio e l’inconscio. Il colore del fuoco, del sangue e dell’aggressività. Tutti sentimenti acuti che indicano uno stato di eccitazione, ma allo stesso tempo di fierezza e orgoglio.
Guardare queste immagini è come leggere i capitoli di un Cappuccetto rosso moderno nel quale il lupo da cui fugge è il nero profondo che circonda, ma non riesce ad inghiottire, l’eroina. Non le serve il cappuccio per nascondere il volto in questa sorta di fuga senza fine, una lotta fiera, che passa da un riquadro all’altro, mutando la sua posizione, contorcendosi, concedendo spazio all’oscurità per poi riprenderselo. Celebrazione, spiritualità, erotismo.
Un richiamo alla mente a figure intense come quella della ballerina americana Martha Graham che con il suo corpo esile riusciva a far vibrare le emozioni. Un accenno a figure iconiche dell’arte come la danzatrice Loie Fullerche immortalata in un disegno tutta movimento e colore, da Toulouse Lautrec; ma quel vestito non fa che ricordarmi la Donna inginocchiata con vestito rosso di Egon Schiele, che sembra quasi volersi alzare e intraprendere la stessa danza, quel viso così altèro e quegli occhi pungenti.
La danza che Marco Onofri mette in scena è effimera e raffinata, attuale e primordiale allo stesso tempo è, come dice Nietzsche nel saggio La visione dionisiaca del mondo, un “linguaggio di gesti potenziato” verso l’immaginario traguardo delle nostre sfide quotidiane.
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