Maya. Il linguaggio della bellezza
Dal 08 Ottobre 2016 al 05 Marzo 2017
Verona
Luogo: Palazzo della Gran Guardia
Indirizzo: piazza Bra 1
Orari: Dal lunedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Curatori: Karina Romero Blanco
Enti promotori:
- Comune di Verona
- Con il supporto di Arena Museo Opera (AMO)
- Con il patrocinio del MiBACT
Costo del biglietto: intero € 14, ridotto € 12 (65 anni compiuti (con documento); bambini dagli 11 ai 18 anni; studenti fino a 26 anni non compiuti (con documento); giornalisti e altre categorie) / € 9 (Martedì Universitario: tutti gli studenti universitari muniti di documento d’identità e libretto d’iscrizione) / € 6.50 (Bambini dai 4 agli 11 anni), gruppi € 11 (min 15 max 25 pax. Prenotazione obbligatoria), scuole € 5 (infanzia € 3). Gratuito bambini fino a 4 anni non compiuti e altre categorie
Telefono per informazioni: +39 045 853221
Sito ufficiale: http://www.mayaverona.it
Maya. Il linguaggio della bellezza è una mostra del Governo della Repubblica Messicana, del Ministero della Cultura del Messico e dell’INAH (Instituto Nacional de Antropología e Historia), l’istituzione più importante del Ministero della Cultura del Messico, ed è curata da Karina Romero Blanco.
Promossa dal Comune di Verona, con il supporto di AMO - Arena Museo Opera, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e Kornice e vede il coinvolgimento di Antonio Aimi, consulente scientifico di Kornice e Arthemisia.
Sponsor dell’esposizione AGSM con il sostegno di Fondazione Antonveneta. La mostra vede come media partner L’Arena e Radio Company.
L’evento è consigliato da Sky Arte HD.
Catalogo edito da Piazza Editore.
A 18 anni di distanza dalla mostra del 1998 sui Maya di Venezia, torna in Italia il racconto della storia di un popolo che non cessa di affascinarci per le sue conoscenze matematiche, per i suoi raffinatissimi sistemi calendariali e per le sue realizzazioni artistiche.
L’esposizione - risultato della particolare attenzione per le tematiche specificamente artistiche di questa civiltà - presenta sculture, stele monumentali, elementi architettonici, figure in terracotta, maschere in giada, strumenti musicali e incensieri, che daranno ai visitatori la possibilità di esplorare gli aspetti artistici di una delle civiltà più affascinanti della storia, attraverso il tema universalmente riconosciuto della bellezza.
La mostra di Verona affronta per la prima volta il tema della cultura di questo antico popolo attraverso le parole e i testi degli stessi Maya, utilizzando - come mai è avvenuto in passato - la più grande rivoluzione antropologica dell’ultimo secolo: la decifrazione della loro scrittura.
Parallelamente, l’esposizione offre uno sguardo nuovo, innovativo e sorprendentemente attuale sull’arte maya a partire dall’individuazione dei maestri, delle scuole e degli stili: finalmente si ha la possibilità di rapportarsi alle opere attraverso una lettura storico-artistica e non solo archeologica.
I tre grandi periodi - preclassico, classico e postclassico - che dal 2000 a.C. al 1542 d.C. hanno visto fiorire questo popolo, sono spiegati attraverso straordinari capolavori dell’arte maya come il Portastendardi, pregiata scultura risalente all’XI secolo realizzata da un maestro di Chichen Itza (complesso archeologico a nord della penisola dello Yucatan, inserito nel 2007 fra le sette meraviglie del mondo moderno) che senza dubbio rappresenta la migliore opera di una tipologia tipica di molte città del Periodo Postclassico; la Testa raffigurante Pakal il Grande che visse dal 603 al 683 dopo Cristo e fu il più importante re di Palenque (oggi tra i più importanti siti archeologici maya situato nello stato messicano del Chiapas); la Maschera a mosaico di giada raffigurante un re divinizzato tipico esempio di maschera funeraria, fondamentale per il defunto per raggiungere il mondo sotterraneo; e infine come l’Adolescente di Cumpich, imponente scultura risalente al periodo tardo classico ritrovata nel sito archeologico di Cumpich.
La civiltà maya è spiegata anche attraverso la ricostruzione di antiche architetture, utensili della vita di tutti i giorni che hanno cavalcato millenni come collane, orecchini, strumenti musicali, vasi e incensieri tutti provenienti dai più importanti musei messicani quali il Museo Nacional de Antropología (Città del Messico) che coi suoi due milioni di visitatori è il primo museo di antropologia del mondo, il Museo Regional de Antropología Palacio Cantón (Mérida, Yucatán), il Museo Arqueológico del Camino Real de Hecelchakán (Hecelchakán, Campeche) e dai tanti siti archeologici delle più importanti città maya come Calakmul, Chichen Itza, Palenque e Uxmal.
L’esposizione veronese svela i risultati delle ultime ricerche scientifiche sui Maya e consente ai lettori di leggere direttamente i loro testi, senza sfuggire a temi avvincenti come le profezie, la fine del tredicesimo baktun (caduta il 21 dicembre 2012) e i segreti del Conto Lungo, un ciclo di 5125,3661 anni che aveva cominciato a “girare”, il giorno della creazione, che per questo popolo era avvenuta il 6 settembre del 3114 a.C.
LA MOSTRA
Sculture dalle forme umane e animali, oggetti d’uso comune, maschere, urne funerarie e altri reperti di pregio racconteranno il mondo dei Maya nelle quattro sezioni tematiche della mostra: Il corpo come tela, Il corpo rivestito, La controparte animale e I corpi delle divinità.
Fregi e architravi che ricostruiscono antichi ambienti, frammenti di testi, mappe e simboli di potere ripercorrono duemila anni di storia lungo un articolato percorso espositivo che racconterà la cultura maya attraverso la decorazione dei corpi (i Maya erano molto attenti alla bellezza e per questo ornavano il corpo con interventi temporanei o permanenti come pitture corporali, elaborate pettinature, tatuaggi e decorazioni dentali); gli abiti e gli ornamenti utilizzati per indicare lo stato sociale; il loro rapporto con gli animali simbolo delle forze naturali, dei livelli del cosmo e degli eventi dei miti cosmogonici; le diverse divinità ed entità sacre adorate da questo popolo, i sacerdoti che le rappresentavano e i paraphernalia dei rituali: per la prima volta si presenta l’arte maya a partire da rigorose e specifiche analisi storico-artistiche che sviluppano la tematica delle attribuzioni e arrivano a individuare i grandi artisti della pittura e della scultura.
LE SEZIONI
Prima sezione: Il corpo come tela
Elemento comune a tutte le società, attuali e del passato, risultano essere gli interventi sul corpo umano. Soprattutto nel mondo maya, in cui la bellezza aveva un ruolo preminente, la popolazione era solita realizzare quotidianamente acconciature per capelli e pitture su viso e corpo, riservandone invece di specifiche e particolari in occasione delle festività, al fine di modificare l’aspetto fisico per ragioni estetiche.
Alcune di queste pratiche, come le cicatrici e i tatuaggi, hanno cambiato per tutta la vita l’aspetto delle persone che li avevano ed erano infatti considerati espressioni visibili di identità culturale e di appartenenza sociale. Tra le modifiche permanenti hanno acquisito particolare importanza la scarificazione del viso, la decorazione dei denti e la modifica artificiale della forma della testa, lo strabismo intenzionale e la foratura per poter portare ornamenti applicati su orecchie, naso e labbra.
Seconda sezione: Il corpo rivestito
L’abbigliamento rappresenta un vero e proprio linguaggio, con un suo vocabolario e una sua grammatica e - benché sembri manifestarsi nell’effimero e nel superficiale - va invece a toccare elementi essenziali e basilari. Attraverso l’abbigliamento, infatti, esprimiamo molti aspetti della nostra personalità come la nostra cultura, la condizione sociale, la professione, la provenienza e addirittura lo stato d’animo.
Così, dunque, per i Maya l’abito è indicativo dello status sociale dell’individuo. La maggior parte della popolazione impegnata in lavori agricoli presenta un abbigliamento semplice: le donne con la tradizionale blusa chiamata “huipil” e la gonna o la tunica, mentre gli uomini con un perizoma legato intorno alla vita e talvolta un lungo mantello sulle spalle. La classe nobile indossava costumi elaborati con accessori come cinture, collane, copricapo e pettorali tempestati di pietre preziose e piumaggi. I tessuti, ricchi di colori, erano tinti con indaco, cocciniglia o porpora ed erano lavorate con tecniche molto complesse - come il broccato, ad esempio - e spesso presentavano integrazioni di piume.
Terza sezione: La controparte animale
Gli animali hanno sempre avuto un posto privilegiato nel simbolismo religioso di diverse culture, perché dotati di una forza vitale e fisica superiori a quelle degli esseri umani: hanno artigli e una vista acuta, possono volare e sopravvivere sotto acqua. Sono simboli e incarnazioni di energie divine che entrano in contatto con gli uomini. Molti esseri provenienti dal mondo degli animali erano considerati sacri dai Maya. Gli animali erano simboli di forze naturali e livelli cosmici, epifanie di energie divine, demiurghi tra gli dei e l’uomo, protettori di stirpi e alter ego degli esseri umani.
Nella visione del mondo Maya tutti gli esseri viventi, gli animali e le piante, hanno una controparte soprannaturale, e quindi sacra. In particolare, si credeva che i governanti potessero rafforzare il loro potere ricorrendo a certe forze soprannaturali che permettessero alle loro “wayo’ob” - ovvero le loro anime - di lasciare il corpo durante la notte e di spostarsi in modo indipendente trasformandosi in creature fantastiche dall’aspetto animale.
Quarta sezione: I corpi delle divinità
I Maya adoravano molte divinità ed entità sacre di diversa natura, che potevano incarnare i poteri più grandi o essere custodi di piccole piante, di piccoli corsi d’acqua o delle montagne. Le loro rappresentazioni includono caratteristiche umane e animali, elementi naturali o immaginari. A questi dei ed esseri sacri è stata attribuita l’origine di quei terrificanti fenomeni naturali di cui avevano paura e dell’espressione materiale e spirituale di tutto ciò che esiste.
Il pantheon Maya è enormemente complicato perché ne fanno parte divinità con caratteristiche contrapposte: allo stesso tempo maschili e femminili, giovani e vecchie, animali e umane, creative e distruttive come la natura stessa a cui si ispirano. Possono anche essere divinità composite, frutto della sovrapposizione di diverse divinità, che ora siamo in grado di riconoscere grazie alle belle rappresentazioni plastiche che ci sono giunte dagli antichi Maya.
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