Miró! Poesia e luce
Dal 22 Giugno 2012 al 09 Settembre 2012
Verona
Luogo: Palazzo della Gran Guardia
Indirizzo: piazza Bra
Enti promotori:
- dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Telefono per informazioni: +39 045 8077839/ 045 8077111
E-Mail info: roberta_bordignoni@comune.verona.it
Sito ufficiale: http://portale.comune.verona.it
Accolta dal pubblico con grande successo nella sede del Chiostro del Bramante a Roma, la mostra Miró! Poesia e luce
è attesa a Verona, dove sarà aperta al pubblico dal 22 giugno al 9 settembre 2012 nelle sale del Palazzo della Gran
Guardia.
La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, è
prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Fundació
Pilar i Joan Miró.
Si tratta di una rassegna esaustiva dedicata all’ultima produzione di Joan Miró (Barcellona 1893 - Maiorca 1983), l’artista
catalano che lasciò un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee.
In esposizione oltre 80 lavori, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e
acquerelli. Si potranno ammirare, tra i capolavori, dipinti a olio come Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978);
sculture in bronzo come Donna (1967); schizzi tra cui quello per la decorazione murale per la Harkness Commons-
Harvard University, tutti provenienti da Palma di Maiorca, dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere
dell’artista, concesse in via del tutto straordinaria per l’anteprima italiana.
La curatrice della rassegna María Luisa Lax, tra i maggiori esperti dell’opera di Miró a livello internazionale, ha voluto
illustrare l’ultima fase della produzione della lunga vita dell’artista, quando egli finalmente concretizzò a Maiorca nel 1956
un suo grande sogno: un ampio spazio dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli.
In occasione della mostra lo studio tanto desiderato da Miró sarà scenograficamente ricostruito all’interno degli spazi
espositivi.
Dopo essere stata ospitata a Verona, la mostra arriverà a Genova in autunno.
L’artista
Nato e cresciuto a Barcellona, Miró frequenta la Scuola di Belle Arti della Llotja dove studia con Modest Urgell e Josep
Pascó. Inizia a disegnare piccolissimo e il suo primo olio che si sia conservato è un paesaggio del 1908. A 18 anni
espone alla VI Mostra Internazionale d’Arte di Barcellona e l’anno successivo inizia a studiare alla Scuola d’Arte di
Francesc di Galí (1912-1915), il quale gli insegna a disegnare dopo aver toccato il modello a occhi chiusi.
Successivamente studia al Círcol Artístic di Sant Lluc dove disegna nudi, ballerine, personaggi del circo, scene di strada
o del porto. Le sue prime opere presentano suggestioni dall’impressionismo, dal fauvismo, dal futurismo e dal cubismo; il
suo primo viaggio a Parigi, nel 1920, tuttavia, lo farà avvicinare al dadaismo e in seguito Miró mostrerà un vivo interesse
per il surrealismo.
Nel 1929 Miró sposa a Palma di Maiorca Pilar Juncosa da cui avrà una figlia. In questi stessi anni inizia la sua
sperimentazione artistica, cimentandosi con la litografia, l’acquaforte e la scultura, nonché con la pittura su carta
catramata e su vetro. Desidera sempre di più la stimolante tranquillità della campagna, di un posto dove potersi dedicare
liberamente al suo lavoro. Per questo, allo scoppio della guerra civile, dopo un esilio in Francia fino al ’42, trova rifugio a
Maiorca, terra d’origine di sua madre.
Nel 1954 Miró lascia la sua residenza abituale a Barcellona e nel ’56 si trasferisce definitivamente a Son Abrines, dove
aveva predisposto di costruire lo studio tanto desiderato, facendolo progettare dall’intimo amico e architetto Josep Lluís
Sert (Barcellona, 1902 - 1983). Per preservare la proprietà tanto voluta e amata, per lui luogo creativo per eccellenza,
Miró nel 1980 donerà parte di questa alla cittadinanza, e nel 1981 sarà allestita la Fundació Pilar e Joan Miró.
Il 1954 è anche l’anno in cui Miró vince il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 il Premio
Internazionale Guggenheim, mentre per i riconoscimenti in patria dovrà attendere gli anni della vecchiaia e la caduta del
franchismo. Così nel 1978 riceve la Medalla d’Or de la Generalitat de Cataluna; nel 1979 l’Università di Barcellona gli
conferisce la laurea honoris causa (l’Università di Harvard aveva già provveduto nel 1968); nel 1980 riceve la Medaglia
d’Oro delle Belle Arti dal re di Spagna Juan Carlos; nel 1983 anche la Spagna gli rende omaggio, organizzato
congiuntamente dal Comune di Barcellona, dalla Generalitat de Cataluna, dal Ministero della Cultura e dalla Fundació
Joan Miró di Barcellona. Morirà poco dopo a Maiorca e sarà sepolto a Barcellona, nel cimitero di Montjuïc.
La mostra
L’esposizione è suddivisa cronologicamente e tematicamente e si potrà ammirare la produzione di Joan Miró degli ultimi
trent’anni della sua vita a Maiorca. La storia del maestro è indissolubilmente legata a questo luogo che, come si esplica
dalle sue stesse parole, rappresentava per lui poesia e luce.
Sin dal principio della sua attività Miró riteneva che l’obiettivo dell’artista dovesse concernere progetti di grande portata,
come i murali e altri lavori d’arte pubblica che offrono anche l’opportunità di collaborare con architetti e artigiani, lasciando
alla pittura da cavalletto una posizione secondaria.
I progetti d’arte pubblica di Miró, caratterizzati da una sintesi tra architettura e arti plastiche, derivata anche dalla sua
profonda ammirazione per Antoni Gaudí, sono esemplificati in mostra da opere come Schizzo per la pittura murale del
Terrace Plaza Hotel de Cincinnati (1947) e Schizzo per la pittura murale di Harkness Commons, Graduate Center,
Università di Harvard (1949-1951), e dai disegni del Progetto per un murale per la sede delle Nazioni Unite a New York
(1952-1953).
Dal 1956 Miró vive a Palma e comincia un intenso periodo di lavoro caratterizzato da una profonda riflessione e da una
sincera autocritica rispetto alla precedente produzione, che lo portano a rinnovare la propria pittura: in mostra il primo
dipinto di Miró, un olio del 1908 che, sviluppando il nuovo processo di “purificazione”, diviene il recto dell’opera Senza
titolo del 1960.
Sempre appartenente a questo periodo è l’opera Senza titolo, un prezioso olio e acrilico su tela con un personaggio, una
specie di pupazzo, in cui si inizia a percepire l'allontanamento dell'artista dallo stile figurativo.
Negli anni Sessanta e Settanta, immagini e titoli dei lavori rimandano ai suoi temi prediletti come donne, paesaggi e
uccelli. Ma l’iconografia si fa astratta e le forme si amplificano. La convivenza di stili e modi di esecuzione diversi da vita
a opere statiche come Mosaico (1966) e a opere come Poesia (1966). È questo anche il momento in cui, messo da
parte il cavalletto, Miró dipinge a terra, cammina sulle proprie tele, vi si stende sopra producendo spruzzi e gocciolamenti
come in Senza titolo, pure del 1966, dove si combinano olio, acrilico e carboncino nero con segni di colore rosso e blu.
Degli anni ’70 sono i paesaggi monocromi, come Senza titolo del 1973, e altri dipinti sostanzialmente monocromatici
come le tele di grande formato e un’altra serie di cinque olii più tardi, del 1978, sfumati, visionari, minimalisti, evanescenti
e movimentati, raccolti in un’unica sala, che evocano la predilezione di Miró per il nero degli espressionisti astratti
americani e la calligrafia orientale.
Gli ultimi anni dell’artista - quando dipingeva con le dita stendendo il colore con i pugni e si cimentava nella pittura
materica, spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo - sono illustrati da opere quali Personaggio,
uccello del 1976, un olio su carta vetrata, legno e chiodi. In questa fase ricorrono nella sua produzione i fondi blu, eterei e
modulati, di cui sono presenti in mostra alcuni esempi, come l’intenso Senza titolo del 1978.
Infine sono esposte alcune sculture, frutto delle sperimentazioni che Miró fece nell’arco della sua vita con diversi materiali
e tecniche, come collage, “dipinti-oggetto” e altre opere ispirate da ciò che l’artista collezionava e che altrimenti - come
egli stesso scrisse - “sarebbero cose morte, da museo”.
In mostra si espongono bronzi quali Donna (1966) e L’Equilibrista (1969), assemblaggi quale Personaggi (post 1973) che
riunisce pittura e scultura e discende direttamente dai “dipinti-oggetto” degli anni Trenta, e terrecotte come la maschera
(Senza titolo, 1981) e la testa di ceramica (Senza titolo, 1981) che fanno parte di un insieme di pezzi che Miró realizzò in
collaborazione con Hans Spinner, a Saint-Paul-de-Vence.
Si è già detto dell’importanza del luogo di lavoro per Miró; per questo motivo sono stati ricostruiti nella mostra gli interni
dello Studio Sert nel quale l’artista catalano creò i suoi capolavori. Vengono presentati anche tutti gli oggetti, i pennelli e
gli strumenti che Miró usava nella sua attività artistica e che si sono conservati grazie all’attività della Fundació Pilar i
Joan Miró.
“L’incontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della
mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dell’arte e della personalità di Joan Miró”. Così
ha scritto Gillo Dorfles in un suo saggio sull’artista catalano. È per questo che pare oltremodo opportuna la cornice del
Palazzo della Gran Guardia quale contrappunto allo spirito multiforme di Miró e al suo linguaggio fatto di macchie,
grafismi, schizzi, impronte, abrasioni, suture e chiodi.
è attesa a Verona, dove sarà aperta al pubblico dal 22 giugno al 9 settembre 2012 nelle sale del Palazzo della Gran
Guardia.
La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, è
prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Fundació
Pilar i Joan Miró.
Si tratta di una rassegna esaustiva dedicata all’ultima produzione di Joan Miró (Barcellona 1893 - Maiorca 1983), l’artista
catalano che lasciò un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee.
In esposizione oltre 80 lavori, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e
acquerelli. Si potranno ammirare, tra i capolavori, dipinti a olio come Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978);
sculture in bronzo come Donna (1967); schizzi tra cui quello per la decorazione murale per la Harkness Commons-
Harvard University, tutti provenienti da Palma di Maiorca, dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere
dell’artista, concesse in via del tutto straordinaria per l’anteprima italiana.
La curatrice della rassegna María Luisa Lax, tra i maggiori esperti dell’opera di Miró a livello internazionale, ha voluto
illustrare l’ultima fase della produzione della lunga vita dell’artista, quando egli finalmente concretizzò a Maiorca nel 1956
un suo grande sogno: un ampio spazio dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli.
In occasione della mostra lo studio tanto desiderato da Miró sarà scenograficamente ricostruito all’interno degli spazi
espositivi.
Dopo essere stata ospitata a Verona, la mostra arriverà a Genova in autunno.
L’artista
Nato e cresciuto a Barcellona, Miró frequenta la Scuola di Belle Arti della Llotja dove studia con Modest Urgell e Josep
Pascó. Inizia a disegnare piccolissimo e il suo primo olio che si sia conservato è un paesaggio del 1908. A 18 anni
espone alla VI Mostra Internazionale d’Arte di Barcellona e l’anno successivo inizia a studiare alla Scuola d’Arte di
Francesc di Galí (1912-1915), il quale gli insegna a disegnare dopo aver toccato il modello a occhi chiusi.
Successivamente studia al Círcol Artístic di Sant Lluc dove disegna nudi, ballerine, personaggi del circo, scene di strada
o del porto. Le sue prime opere presentano suggestioni dall’impressionismo, dal fauvismo, dal futurismo e dal cubismo; il
suo primo viaggio a Parigi, nel 1920, tuttavia, lo farà avvicinare al dadaismo e in seguito Miró mostrerà un vivo interesse
per il surrealismo.
Nel 1929 Miró sposa a Palma di Maiorca Pilar Juncosa da cui avrà una figlia. In questi stessi anni inizia la sua
sperimentazione artistica, cimentandosi con la litografia, l’acquaforte e la scultura, nonché con la pittura su carta
catramata e su vetro. Desidera sempre di più la stimolante tranquillità della campagna, di un posto dove potersi dedicare
liberamente al suo lavoro. Per questo, allo scoppio della guerra civile, dopo un esilio in Francia fino al ’42, trova rifugio a
Maiorca, terra d’origine di sua madre.
Nel 1954 Miró lascia la sua residenza abituale a Barcellona e nel ’56 si trasferisce definitivamente a Son Abrines, dove
aveva predisposto di costruire lo studio tanto desiderato, facendolo progettare dall’intimo amico e architetto Josep Lluís
Sert (Barcellona, 1902 - 1983). Per preservare la proprietà tanto voluta e amata, per lui luogo creativo per eccellenza,
Miró nel 1980 donerà parte di questa alla cittadinanza, e nel 1981 sarà allestita la Fundació Pilar e Joan Miró.
Il 1954 è anche l’anno in cui Miró vince il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 il Premio
Internazionale Guggenheim, mentre per i riconoscimenti in patria dovrà attendere gli anni della vecchiaia e la caduta del
franchismo. Così nel 1978 riceve la Medalla d’Or de la Generalitat de Cataluna; nel 1979 l’Università di Barcellona gli
conferisce la laurea honoris causa (l’Università di Harvard aveva già provveduto nel 1968); nel 1980 riceve la Medaglia
d’Oro delle Belle Arti dal re di Spagna Juan Carlos; nel 1983 anche la Spagna gli rende omaggio, organizzato
congiuntamente dal Comune di Barcellona, dalla Generalitat de Cataluna, dal Ministero della Cultura e dalla Fundació
Joan Miró di Barcellona. Morirà poco dopo a Maiorca e sarà sepolto a Barcellona, nel cimitero di Montjuïc.
La mostra
L’esposizione è suddivisa cronologicamente e tematicamente e si potrà ammirare la produzione di Joan Miró degli ultimi
trent’anni della sua vita a Maiorca. La storia del maestro è indissolubilmente legata a questo luogo che, come si esplica
dalle sue stesse parole, rappresentava per lui poesia e luce.
Sin dal principio della sua attività Miró riteneva che l’obiettivo dell’artista dovesse concernere progetti di grande portata,
come i murali e altri lavori d’arte pubblica che offrono anche l’opportunità di collaborare con architetti e artigiani, lasciando
alla pittura da cavalletto una posizione secondaria.
I progetti d’arte pubblica di Miró, caratterizzati da una sintesi tra architettura e arti plastiche, derivata anche dalla sua
profonda ammirazione per Antoni Gaudí, sono esemplificati in mostra da opere come Schizzo per la pittura murale del
Terrace Plaza Hotel de Cincinnati (1947) e Schizzo per la pittura murale di Harkness Commons, Graduate Center,
Università di Harvard (1949-1951), e dai disegni del Progetto per un murale per la sede delle Nazioni Unite a New York
(1952-1953).
Dal 1956 Miró vive a Palma e comincia un intenso periodo di lavoro caratterizzato da una profonda riflessione e da una
sincera autocritica rispetto alla precedente produzione, che lo portano a rinnovare la propria pittura: in mostra il primo
dipinto di Miró, un olio del 1908 che, sviluppando il nuovo processo di “purificazione”, diviene il recto dell’opera Senza
titolo del 1960.
Sempre appartenente a questo periodo è l’opera Senza titolo, un prezioso olio e acrilico su tela con un personaggio, una
specie di pupazzo, in cui si inizia a percepire l'allontanamento dell'artista dallo stile figurativo.
Negli anni Sessanta e Settanta, immagini e titoli dei lavori rimandano ai suoi temi prediletti come donne, paesaggi e
uccelli. Ma l’iconografia si fa astratta e le forme si amplificano. La convivenza di stili e modi di esecuzione diversi da vita
a opere statiche come Mosaico (1966) e a opere come Poesia (1966). È questo anche il momento in cui, messo da
parte il cavalletto, Miró dipinge a terra, cammina sulle proprie tele, vi si stende sopra producendo spruzzi e gocciolamenti
come in Senza titolo, pure del 1966, dove si combinano olio, acrilico e carboncino nero con segni di colore rosso e blu.
Degli anni ’70 sono i paesaggi monocromi, come Senza titolo del 1973, e altri dipinti sostanzialmente monocromatici
come le tele di grande formato e un’altra serie di cinque olii più tardi, del 1978, sfumati, visionari, minimalisti, evanescenti
e movimentati, raccolti in un’unica sala, che evocano la predilezione di Miró per il nero degli espressionisti astratti
americani e la calligrafia orientale.
Gli ultimi anni dell’artista - quando dipingeva con le dita stendendo il colore con i pugni e si cimentava nella pittura
materica, spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo - sono illustrati da opere quali Personaggio,
uccello del 1976, un olio su carta vetrata, legno e chiodi. In questa fase ricorrono nella sua produzione i fondi blu, eterei e
modulati, di cui sono presenti in mostra alcuni esempi, come l’intenso Senza titolo del 1978.
Infine sono esposte alcune sculture, frutto delle sperimentazioni che Miró fece nell’arco della sua vita con diversi materiali
e tecniche, come collage, “dipinti-oggetto” e altre opere ispirate da ciò che l’artista collezionava e che altrimenti - come
egli stesso scrisse - “sarebbero cose morte, da museo”.
In mostra si espongono bronzi quali Donna (1966) e L’Equilibrista (1969), assemblaggi quale Personaggi (post 1973) che
riunisce pittura e scultura e discende direttamente dai “dipinti-oggetto” degli anni Trenta, e terrecotte come la maschera
(Senza titolo, 1981) e la testa di ceramica (Senza titolo, 1981) che fanno parte di un insieme di pezzi che Miró realizzò in
collaborazione con Hans Spinner, a Saint-Paul-de-Vence.
Si è già detto dell’importanza del luogo di lavoro per Miró; per questo motivo sono stati ricostruiti nella mostra gli interni
dello Studio Sert nel quale l’artista catalano creò i suoi capolavori. Vengono presentati anche tutti gli oggetti, i pennelli e
gli strumenti che Miró usava nella sua attività artistica e che si sono conservati grazie all’attività della Fundació Pilar i
Joan Miró.
“L’incontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della
mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dell’arte e della personalità di Joan Miró”. Così
ha scritto Gillo Dorfles in un suo saggio sull’artista catalano. È per questo che pare oltremodo opportuna la cornice del
Palazzo della Gran Guardia quale contrappunto allo spirito multiforme di Miró e al suo linguaggio fatto di macchie,
grafismi, schizzi, impronte, abrasioni, suture e chiodi.
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