Sala del Trono

Campania

Sala del Trono
La sala del Trono magnifica in tutti i suoi aspetti il potere assoluto del sovrano: lunga più di quaranta metri, illuminata da ben sei finestre e caratterizzata da significative dorature, richiese un lungo progetto che subì varie modifiche. Iniziata sin dal 1811 durante il governo di Gioacchino Murat su progetto di Antonio De Simone, la sala fu l’ultima ad essere completata in occasione del Congresso delle Scienze voluto da Ferdinando II nel 1845, come testimoniano le iscrizioni e le iniziali poste sui lati brevi del soffitto. Dopo il periodo murattiano, i lavori furono ripresi dall’architetto Pietro Bianchi per essere terminati sotto la direzione dell’architetto Gaetano Genovese (1795-1875).

Il progetto originario prevedeva, sulle pareti brevi della sala,  un’allegoria della Fama in rilievo e di un'immagine del re abbigliato da generale romano. Oggi essa presenta, alle pareti brevi, due bassorilievi in stucco dorato raffiguranti la Fama, eseguiti dagli scultori Tito Angelini (1806-1878) e Tommaso Arnaud (1800-1860).

Sulle pareti lunghe sono stati realizzati, invece, 28 pilastri corinzi, scanalati e binati, con capitelli scolpiti da Gennaro Aveta, autore anche delle sovrapporte con i simboli borbonici e delle onorificenze del regno. L’architrave della sala è decorato con i ritratti dei regnanti, a partire da Ruggiero il Normanno fino a Ferdinando II di Borbone, mentre al centro del salone campeggia l’affresco, firmato e datato 1844 dal napoletano Gennaro Maldarelli (1769 ca.-1858),  raffigurante La posa della prima pietra del Palazzo il 20 gennaio 1752.

In fondo alla sala si trova il trono, oggi in velluto celeste, dopo aver perso la sua tappezzeria originaria in velluto rosso decorato con gigli dorati.