Dal 19 luglio al 9 novembre 2025

Ad Aosta la magica fotografia di Brassaï

Estate Brassaï Succession-Philippe Ribeyrolles | Brassaï, Couple au bal des Quatre Saisons, rue de Lappe
 

Francesca Grego

16/07/2025

Aosta - Dalle montagne della Valle d’Aosta alla Parigi di inizio secolo, per un favoloso viaggio alle radici della fotografia artistica: è la proposta per l'estate 2025 del Centro Saint-Bénin, che dal prossimo 19 luglio ospita una grande mostra dedicata a Brassaï, mago dell’obiettivo nella Parigi delle avanguardie. In arrivo oltre 150 stampe d’epoca, nonché sculture, documenti e oggetti appartenuti al fotografo, per una ricognizione completa della sua opera che, naturalmente, dedicherà ampio spazio alle celebri immagini della Ville Lumière. Se pensiamo alla Parigi di inizio Novecento, senza saperlo la mente corre infatti alle atmosfere di Brassaï. Il mito della capitale francese forse non sarebbe tale se non fosse passato attraverso il suo obiettivo infatuato, gli scatti surreali rubati di notte nei bistrot, tra le strade pervase di nebbia, nei ritrovi degli artisti a Montparnasse. Vicino ad André Kertész e a Robert Doisneau, amico di Picasso, Matisse e dei poeti surrealisti, Brassaï è Parigi, ma non solo. Pioniere della street photography, nottambulo dalla curiosità insaziabile, è stato tra i primi a trasformare la metropoli e i suoi abitanti in poesie ai sali d’argento. “La mia ambizione è stata sempre quella di mostrare la città quotidiana come se la scoprissimo per la prima volta”, diceva: “La notte non mostra le cose, suggerisce, disturba e sorprende con la sua stranezza”. 

Ad Aosta fino al 9 novembre 2025,  Brassaï. L’occhio di Parigi è curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo, che detiene un’inestimabile collezione dei suoi scatti e un’estesa documentazione del suo lavoro di artista. “Esporre oggi Brassaï - afferma Ribeyrolles – significa rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici; significa immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come il suo connazionale André Kertész. Quest’ultimo esercitò una notevole influenza sui fotografi che lo circondavano, tra cui lo stesso Brassaï e Robert Doisneau”. 

Lavoratori, prostitute, clochard, artisti, girovaghi solitari e amanti senza nome popolano gli scatti tratti dal volume Paris de Nuit, un’opera fondamentale nella storia della fotografia data alle stampe nel 1933, dove Brassaï affianca a paesaggi urbani talvolta spettrali le immagini dei luoghi di incontro e di divertimento. Tutte da scoprire anche le foto di sapore surrealista pubblicate sulla rivista Minotaure, dove l’artista collaborò con protagonisti dell’avanguardia come Breton, Éluard, Desnos, Man Ray

“Quando lo incontri, vedi subito che è dotato di occhi fuori dal normale”, diceva di lui l’amico Henry Miller: “E la limpidezza della visione e la profondità dell’’intuizione sono rivelate nell’esplorazione fotografica di Parigi, durata per tutta la vita: le sue persone, i suoi luoghi e le sue cose”. Nacque  così il soprannome “l’occhio di Parigi”, coniato per lui dallo stesso Miller. 

In realtà l’arte di Brassaï è andata ben oltre la fotografia “di soggetto”: la sua esplorazione dei muri di Parigi e dei loro graffiti, per esempio, ha ricordato a qualcuno l’art brut di Jean Dubuffet. Queste opere così originali furono notate dal fotografo e artista statunitense Edward Steichen, che nel 1956 lo invitò a esporre al MoMa di New York. La mostra Language of the Wall. Parisian Graffiti Photographed by Brassaï avrebbe riscosso un enorme successo, mentre il legame con l’America si approfondiva nella lunga collaborazione con Harper’s Bazaar. Tra il ‘34 e il ‘58 Brassaï ritrasse per la rivista statunitense i protagonisti dell’arte e della letteratura francese, tra cui Picasso, Giacometti, Dalì, Matisse, Genet, Michaux. “Grazie alla sola virtù della sua attenzione, dava alla realtà una qualità e un’aderenza che rendevano il mondo allo stesso tempo più strano e meno estraneo”, disse di lui lo scrittore Roger Grenier.