Dal 27 gennaio 2018 all’Accademia Carrara
Il giovane Raffaello arriva a Bergamo con prestiti importanti
Raffaello, San Sebastiano, 1501–1502 c., Accademia Carrara, Bergamo. Credits: Fondazione Accademia Carrara, Bergamo
Eleonora Zamparutti
04/12/2017
Bergamo - Gioca d’anticipo il Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, annunciando la prossima inaugurazione della mostra “Raffaello e l’Eco del Mito”, dedicata al periodo giovanile del maestro, in attesa che nel 2020 abbiano il via le celebrazioni nazionali, indette dal Mibact, per i 500 anni dalla morte dell’artista.
L’esposizione che sarà ospitata presso l’Accademia Carrara di Bergamo a partire dal 27 gennaio 2018 - e resterà aperta al pubblico fino al 6 maggio-, farà luce sugli anni giovanili di Raffaello, prendendo lo spunto da un capolavoro, il San Sebastiano, donato alla collezione della Carrara nell’Ottocento dal conte Guglielmo Lochis, grande mecenate bergamasco.
Il progetto è reso possibile dalla Fondazione Accademia Carrara in collaborazione con GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, grazie alla curatela di Maria Cristina Rodeschini, direttore della Fondazione Carrara, Emanuela Daffra e Giacinto Di Pietrantonio, direttore della GAMeC.
Si tratta di una delle opere giovanili, che risale al 1501-1502, tra le più piccole realizzate dall’Urbinate e meglio conservata.
Particolare e sfuggente al tempo stesso: scomparsa per un lungo periodo, la tavola del San Sebastiano ricompare nel 1819. Era stata acquistata direttamente dall’artista da parte di un parente dell’umanista Baldassarre Castiglione e per lungo tempo conservata nella collezione privata dei discendenti.
Piccola, ma densa di informazioni a cominciare dall’abito del santo ricco di decorazioni, e dalla freccia impugnata come se fosse una penna.
L’espressione del volto richiama alla mente i ritratti di Hans Memling e quelli eseguiti dalla cerchia di Leonardo. Impossibile non vederci l’influenza del Perugino e del Pintoricchio.
Raffaello, San Sebastiano, 1501–1502 c., Accademia Carrara, Bergamo. Credits: Fondazione Accademia Carrara, Bergamo (particolare)
Da questo piccolo capolavoro, parte quindi la grande narrazione intorno a Raffaello e alla sua famiglia, si allarga a macchia d’olio sulla città, Urbino, a quel tempo guidata dagli illuminati Guidobaldo da Montefeltro e da Francesca Gonzaga, centro di cultura rinascimentale dove lavoravano Luca Signorelli, Perugino, Pintoricchio, per arrivare fino alla grande fortuna di Raffaello nell’Ottocento, quando il fascino della sua vicenda artistica, breve e intensa, alimenta storie di fantasia di derivazione romantica.
Per illustrare questo capitolo è emblematico l’accostamento de La Fornarina a una serie di opere di artisti che contribuirono con i loro lavori ad alimentare il mito dell’urbinate.
Raffaello, La Fornarina, 1520 c., Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Palazzo Barberini, Roma. Credits: Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Palazzo Barberini
Ma l’eco di Raffaello arriva fino al Novecento: non poterono non tener conto della lezione del maestro alcuni grandi a cominciare da Pablo Picasso, Giorgio De Chirico e più recentemente Luigi Ontani, Christo, Francesco Vezzoli e Giulio Paolini. Le loro opere esposte lo testimoniano.
L’arco temporale dell’indagine intorno a cui verte la mostra, si concentra su un pugno di anni: cinque in tutto, dal 1500 al 1505.
Raffaello era nato nel 1483 ed era stato avviato alla carriera d’artista dal padre, Giovanni Santi, pittore anche lui di una certa fama presso la corte urbinate dei Montefeltro, capo di una bottega fiorente e poeta.
Pintoricchio, Bambin Gesù delle mani, 1492 c. Fondazione Guglielmo Giordano, Perugia. Credits: Fondazione Guglielmo Giordano
Era stato un bambino prodigio ma molto sfortunato Raffaello: aveva perso la madre a soli otto anni e il padre a 11 anni. Era stato costretto a prendere in mano la bottega che gli aveva lasciato Giovanni Santi, presto però lasciata per andare a fare l’apprendistato dal Perugino.
A 16 anni aveva ottenuto la sua prima commessa pubblica a Città di Castello e un anno dopo sarebbe diventato Magister, titolo che designava il suo nuovo status di pittore autonomo. Chi vorrà prepararsi prima di andare a vedere la mostra a Bergamo, potrà vedere il bellissimo film “Raffaello – il Principe delle Arti” che andrà in onda su Sky Cinema UNO HD, Sky Arte e Sky 3D (la premiere televisiva sarà domenica 17 dicembre alle ore 21.15).
La mostra vuole documentare una fase specifica della vita dell’artista, prima del suo arrivo a Firenze e di quello successivo a Roma: è un viaggio molto circoscritto che ha come perno la città di Urbino, Perugia, Città di Castello e Firenze.
In tutto saranno esposti 13 capolavori di Raffaello provenienti da importanti prestiti da parte di istituzioni italiane e molte internazionali: la Madonna Diotiallevi (proveniente dalla Saattliche Museen – Gemäldegalerie di Berlino), la Croce astile dipinta del Museo Poldo Pezzoli di Milano, il Ritratto di giovane (dal Palais des Beaux-Arts di Lille), il Ritratto di Elisabetta Gonzaga (dalle Gallerie degli Uffizi). E inoltre per la prima volta sono riunite le tre componenti della Pala Colonna (dal Metropolitan Museum of Art di New York, dalla National Gallery di Londra e dall’Isabella Stewart Gardner di Boston) e le tre componenti della Pala del beato Nicola da Tolentino (dal Detroit Institute of Arts e dal Museo Nazionale di Palazzo Reale di Pisa).
Per approfondimenti:
- A Urbino e a Perugia, sulle tracce di Raffaello, enfant prodige
L’esposizione che sarà ospitata presso l’Accademia Carrara di Bergamo a partire dal 27 gennaio 2018 - e resterà aperta al pubblico fino al 6 maggio-, farà luce sugli anni giovanili di Raffaello, prendendo lo spunto da un capolavoro, il San Sebastiano, donato alla collezione della Carrara nell’Ottocento dal conte Guglielmo Lochis, grande mecenate bergamasco.
Il progetto è reso possibile dalla Fondazione Accademia Carrara in collaborazione con GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, grazie alla curatela di Maria Cristina Rodeschini, direttore della Fondazione Carrara, Emanuela Daffra e Giacinto Di Pietrantonio, direttore della GAMeC.
Si tratta di una delle opere giovanili, che risale al 1501-1502, tra le più piccole realizzate dall’Urbinate e meglio conservata.
Particolare e sfuggente al tempo stesso: scomparsa per un lungo periodo, la tavola del San Sebastiano ricompare nel 1819. Era stata acquistata direttamente dall’artista da parte di un parente dell’umanista Baldassarre Castiglione e per lungo tempo conservata nella collezione privata dei discendenti.
Piccola, ma densa di informazioni a cominciare dall’abito del santo ricco di decorazioni, e dalla freccia impugnata come se fosse una penna.
L’espressione del volto richiama alla mente i ritratti di Hans Memling e quelli eseguiti dalla cerchia di Leonardo. Impossibile non vederci l’influenza del Perugino e del Pintoricchio.
Raffaello, San Sebastiano, 1501–1502 c., Accademia Carrara, Bergamo. Credits: Fondazione Accademia Carrara, Bergamo (particolare)
Da questo piccolo capolavoro, parte quindi la grande narrazione intorno a Raffaello e alla sua famiglia, si allarga a macchia d’olio sulla città, Urbino, a quel tempo guidata dagli illuminati Guidobaldo da Montefeltro e da Francesca Gonzaga, centro di cultura rinascimentale dove lavoravano Luca Signorelli, Perugino, Pintoricchio, per arrivare fino alla grande fortuna di Raffaello nell’Ottocento, quando il fascino della sua vicenda artistica, breve e intensa, alimenta storie di fantasia di derivazione romantica.
Per illustrare questo capitolo è emblematico l’accostamento de La Fornarina a una serie di opere di artisti che contribuirono con i loro lavori ad alimentare il mito dell’urbinate.
Raffaello, La Fornarina, 1520 c., Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Palazzo Barberini, Roma. Credits: Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma, Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Palazzo Barberini
Ma l’eco di Raffaello arriva fino al Novecento: non poterono non tener conto della lezione del maestro alcuni grandi a cominciare da Pablo Picasso, Giorgio De Chirico e più recentemente Luigi Ontani, Christo, Francesco Vezzoli e Giulio Paolini. Le loro opere esposte lo testimoniano.
L’arco temporale dell’indagine intorno a cui verte la mostra, si concentra su un pugno di anni: cinque in tutto, dal 1500 al 1505.
Raffaello era nato nel 1483 ed era stato avviato alla carriera d’artista dal padre, Giovanni Santi, pittore anche lui di una certa fama presso la corte urbinate dei Montefeltro, capo di una bottega fiorente e poeta.
Pintoricchio, Bambin Gesù delle mani, 1492 c. Fondazione Guglielmo Giordano, Perugia. Credits: Fondazione Guglielmo Giordano
Era stato un bambino prodigio ma molto sfortunato Raffaello: aveva perso la madre a soli otto anni e il padre a 11 anni. Era stato costretto a prendere in mano la bottega che gli aveva lasciato Giovanni Santi, presto però lasciata per andare a fare l’apprendistato dal Perugino.
A 16 anni aveva ottenuto la sua prima commessa pubblica a Città di Castello e un anno dopo sarebbe diventato Magister, titolo che designava il suo nuovo status di pittore autonomo. Chi vorrà prepararsi prima di andare a vedere la mostra a Bergamo, potrà vedere il bellissimo film “Raffaello – il Principe delle Arti” che andrà in onda su Sky Cinema UNO HD, Sky Arte e Sky 3D (la premiere televisiva sarà domenica 17 dicembre alle ore 21.15).
La mostra vuole documentare una fase specifica della vita dell’artista, prima del suo arrivo a Firenze e di quello successivo a Roma: è un viaggio molto circoscritto che ha come perno la città di Urbino, Perugia, Città di Castello e Firenze.
In tutto saranno esposti 13 capolavori di Raffaello provenienti da importanti prestiti da parte di istituzioni italiane e molte internazionali: la Madonna Diotiallevi (proveniente dalla Saattliche Museen – Gemäldegalerie di Berlino), la Croce astile dipinta del Museo Poldo Pezzoli di Milano, il Ritratto di giovane (dal Palais des Beaux-Arts di Lille), il Ritratto di Elisabetta Gonzaga (dalle Gallerie degli Uffizi). E inoltre per la prima volta sono riunite le tre componenti della Pala Colonna (dal Metropolitan Museum of Art di New York, dalla National Gallery di Londra e dall’Isabella Stewart Gardner di Boston) e le tre componenti della Pala del beato Nicola da Tolentino (dal Detroit Institute of Arts e dal Museo Nazionale di Palazzo Reale di Pisa).
Per approfondimenti:
- A Urbino e a Perugia, sulle tracce di Raffaello, enfant prodige
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