Conservazione del patrimonio
Terminati i restauri della Maestà di Cimabue
Cimabue, Madonna in trono con il Bambino e due angeli. Fine XIII secolo, olio su tavola
Ludovica Sanfelice
06/04/2016
Bologna - La Fondazione Raccolta Lercaro ha annunciato che i lavori sono giunti al termine e la Maestà di Cimabue è tornata a risplendere.
Le prime tracce di umanizzazione
Il capolavoro, rappresentativo della pittura del XIII secolo, mostra la Madonna in Trono dipinta frontalmente su tavola secondo i canoni dell'iconografia bizantina. Allo schema della Madonna Odigitria, colei che "indica la via" e lo fa letteralmente indirizzando la mano verso il Bambino Gesù qui si sostituisce però un gesto materno, una carezza sul piede ricambiata con tenerezza dal bambino in un rapporto di confidenza fisica più informale e reciproco. Un dettaglio che mostra come comincino a incrinarsi le rigidità della pittura orientale a favore di una crescente umanizzazione capace di iberare le figure dal loro ordine fisso e primitivo.
Assumono così davvero un senso le cronache del Vasari che in Cimabue riconobbe la capacità di superare prima degli altri la "goffa e ordinaria maniera greca".
L'intervento conservativo
La tavola, custodita nella Basilica di Santa Maria dei Servi, è stata ricondotta al centro dell'attenzione grazie alla mostra "Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice" a Palazzo Fava che ha contribuito ad esporre anche il tema della sua conservazione. Si è così attivato il percorso che con il sostegno di Fondazione Carisbo e Genus Bononiae ha permesso di ricoverare l'opera presso la Fondazione Lercaro che a conclusione dell'intervento potrà continuare ad esporla per tutto il mese di aprile prima che venga trasferita nuovamente nella sua collocazione originale.
Il restauro ha rilevato e risolto problemi di diversa natura. Il dipinto infatti era coperto da una pesante patina stesa nel corso dei restauri precedenti. Una pellicola che oltre a spegnere e invecchiare il colore nascondeva lacune diffuse scavate dal fuoco di candele votive e bucate dagli spilli con cui venivano appuntate le preghiere dei fedeli che chiedevano la grazia. Rimosse le alterazioni, la tavola ha riacquistato leggibilità e ora attende di essere ammirata nella sua nuova veste.
Per approfondimenti:
Il restauro della Maestà di Cimabue spiegato al pubblico
Le prime tracce di umanizzazione
Il capolavoro, rappresentativo della pittura del XIII secolo, mostra la Madonna in Trono dipinta frontalmente su tavola secondo i canoni dell'iconografia bizantina. Allo schema della Madonna Odigitria, colei che "indica la via" e lo fa letteralmente indirizzando la mano verso il Bambino Gesù qui si sostituisce però un gesto materno, una carezza sul piede ricambiata con tenerezza dal bambino in un rapporto di confidenza fisica più informale e reciproco. Un dettaglio che mostra come comincino a incrinarsi le rigidità della pittura orientale a favore di una crescente umanizzazione capace di iberare le figure dal loro ordine fisso e primitivo.
Assumono così davvero un senso le cronache del Vasari che in Cimabue riconobbe la capacità di superare prima degli altri la "goffa e ordinaria maniera greca".
L'intervento conservativo
La tavola, custodita nella Basilica di Santa Maria dei Servi, è stata ricondotta al centro dell'attenzione grazie alla mostra "Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice" a Palazzo Fava che ha contribuito ad esporre anche il tema della sua conservazione. Si è così attivato il percorso che con il sostegno di Fondazione Carisbo e Genus Bononiae ha permesso di ricoverare l'opera presso la Fondazione Lercaro che a conclusione dell'intervento potrà continuare ad esporla per tutto il mese di aprile prima che venga trasferita nuovamente nella sua collocazione originale.
Il restauro ha rilevato e risolto problemi di diversa natura. Il dipinto infatti era coperto da una pesante patina stesa nel corso dei restauri precedenti. Una pellicola che oltre a spegnere e invecchiare il colore nascondeva lacune diffuse scavate dal fuoco di candele votive e bucate dagli spilli con cui venivano appuntate le preghiere dei fedeli che chiedevano la grazia. Rimosse le alterazioni, la tavola ha riacquistato leggibilità e ora attende di essere ammirata nella sua nuova veste.
Per approfondimenti:
Il restauro della Maestà di Cimabue spiegato al pubblico
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