Un museo a 2275 metri, nell'ex stazione della funivia di Plan de Corones
In Alto Adige tra le sale del "Lumen", il nuovo santuario della fotografia alpina
Lumen Forum. Foto: © Paolo Riolzi. Courtesy Lumen
Samantha De Martin
25/07/2019
Bolzano - Un gigantesco occhio meccanico, che ricorda un otturatore fotografico, si chiude e si spalanca su quella che Le Corbusier aveva definito “l’architettura naturale più bella al mondo”.
Luce, paesaggio, storia dell’alpinismo e fotografia si incontrano sulle Dolomiti, sospesi sulla valle Aurina a quota 2.275 metri, per regalare ai visitatori un’esperienza immersiva mozzafiato, in un nuovo museo della montagna ospitato nell’ex stazione a monte della funivia di Plan de Corones.
A pochi minuti a piedi da questo edificio c’è il Messner Mountain Museum Corones, con il quale il Lumen Museum of Mountain Photography tesse un dialogo che risuona come un’ode appassionata rivolta alle ossute sagome di roccia.
In realtà l’edificio - realizzato dall’architetto di Brunico, Gerhard Mahlknecht - ha aperto al pubblico il 20 dicembre, ma l’inaugurazione ufficiale di questo luminoso spazio in cui domina il bianco, si è svolta lo scorso sabato 20 luglio.
Tra le ampie sale del Lumen - che si snodano per quattro piani, lungo i 1800 metri quadrati del museo raccontando la storia della fotografia di montagna dagli esordi ad oggi, assieme all'arte dei fotografi di montagna di tutto il mondo - il fascino del paesaggio alpino trova la sua suggestiva dimora fotografica. L’offerta interdisciplinare del programma spazia infatti dall’alpinismo alla spiritualità, dal turismo alla storia e persino alla pubblicità, esaminando il tema della montagna da diverse prospettive.
Al piano terra la mostra permanente Messner meets Messner by Durst è dedicata al grande pioniere alpino. Presso il Durst Studio di New York, Reinhold Messner, l’appassionato promotore della tutela delle Alpi, ha infatti realizzato diversi servizi fotografici per testare le possibili applicazioni di una futura fotografia simultanea a 360 gradi, che possa essere riconvertita direttamente in stampe 3D o in ologrammi.
“Tutti i tentativi di fotografare sopra la linea degli alberi falliranno a causa di ostacoli tecnici insormontabili” osservava John Ruskin. E il percorso permanente del Lumen ne fornisce subito prova attraverso scatti di grande fascino che ribadiscono anche il grande limite dell’occhio umano di fronte alla luce e all’altitudine.
Inizialmente dedicata alla ricerca scientifica, come “fotogenealogia”, la fotografia di montagna concepita come documentazione di un’avventura, nasce ufficialmente nel luglio 1861 con la scalata del Monte Bianco da parte dei fratelli Bisson, che per primi hanno fotografato questo gigante.
Tra i personaggi legati alla fotografia alpina incontriamo Vittorio Sella, protagonista della prima scalata invernale del Cervino, seguita da quelle del Monte Rosa, del Gran Paradiso e del Liskamm. Ai fratelli Bisson, ma anche a Joseph Tairraz, a Bernhard Johannes, a Jules Beck e allo stesso Sella, come primi fotografi alpinisti, è dedicata la sezione “Wall of Fame”.
Accanto al percorso riservato ai pionieri della fotografia, costretti a sforzi fisici enormi per portare con sé ad alta quota lastre di vetro, i prodotti chimici per lo sviluppo, l’ingombrante apparecchio fotografico e un drappo nero da usare come camera oscura, c’è la Wunderkammer che espone rari oggetti provenienti dal mondo della fotografia ad alta quota.
La storia della fotografia – iniziata il 7 gennaio 1839 quando Dominique Francois Arago annunciò ai membri dell’Accademia Francese delle Scienze di Parigi la dagherrotipia, ovvero la registrazione e l’archiviazione di immagini – prosegue portando i visitatori in una camera oscura per spiegarne il meccanismo.
Muovendosi attraverso l’allestimento, molto ben costruito attraverso l’impiego di una tecnologia moderna, con suoni e video che regalano ai visitatori un’esperienza multisensoriale a partire dal suggestivo ascensore, l’ospite del Lumen, l’appassionato di fotografia, ma anche lo sciatore di oggi, scoprono, tra le varie immagini, anche la più antica fotografia di montagna, scattata sulle Alpi bernesi sotto forma di dagherrotipo da Gustave Dardel.
Una sala del Lumen. Foto: © Marco Zanta. Courtesy Lumen
Tra i partner di questa bella iniziativa museale, l'Archivio tirolese per la documentazione fotografica e l'arte (TAP) - un centro di competenza nel campo della raccolta, della digitalizzazione e della presentazione di fotografie storiche - Fratelli Alinari e National Geographic.
La società DURST di Bressanone è invece responsabile della riproduzione digitale delle fotografie esposte, mentre la "Red Bull Illume", il più grande concorso di fotografia sportiva d’avventura a livello mondiale, firma l’ “Adrenalin Room”. In questa stanza immersiva, sotto forma di installazioni multimediali, si trovano le foto sportive più creative che hanno gareggiato nella più grande competizione al mondo di fotografia sportiva all’insegna di avventura e azione.
Le fotografie che interpretano la montagna come simbolo del potere, delle vittorie, delle guerre, con l’inizio del processo di ideologizzazione e politicizzazione della montagna, cedono il posto alle cartoline che introducono, verso la fine del XIX secolo, una nuova prospettiva nel marketing delle montagne, creando un’accessibilità totale, senza precedenti, in luoghi da sogno.
Ma forse il momento più suggestivo della visita al Lumen è l’ingresso nella Sala degli Specchi, dove il visitatore percepisce l’interazione tra le forze della natura e della montagna, immergendosi nella sua atmosfera.
La sala degli specchi presso il Lumen Museum of Mountain Photography. Foto: © Paolo Riolzi. Courtesy Lumen
Ogni anno il Museum of Mountain Photography invita inoltre i fotografi a esplorare e catturare la loro visione dell'unicità delle Dolomiti grazie al progetto Artist in residence 2019. Kurt Moser, ad esempio, ha scelto una serie di visi e mani appartenenti ad autentici contadini di montagna per celebrare, attraverso ogni singola ruga, il paesaggio montano modellato dal trascorrere di milioni di anni.
Ad arricchire l’offerta del museo, anche una sala eventi - che può accogliere fino a 200 persone in occasione di congressi, seminari, workshop - e il ristorante AlpiNN, una terrazza coperta sospesa tra i monti, sede del progetto gastronomico dello chef stellato Nobert Niederkofler.
Nel suo incontro con l’incanto del paesaggio, con la potenza maestosa della natura, tra i sentieri dello sport e della cucina, l’arte, che nel caso del Lumen trova espressione nella fotografia, dimostra ancora una volta, attraverso il connubio vincente tecnologia-natura, di riuscire a raggiungere ed emozionare un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo.
Leggi anche:
• L'opera di Zaha Hadid per Reinhold Messner
• Al Forte di Bard la montagna secondo i fotografi Magnum
Luce, paesaggio, storia dell’alpinismo e fotografia si incontrano sulle Dolomiti, sospesi sulla valle Aurina a quota 2.275 metri, per regalare ai visitatori un’esperienza immersiva mozzafiato, in un nuovo museo della montagna ospitato nell’ex stazione a monte della funivia di Plan de Corones.
A pochi minuti a piedi da questo edificio c’è il Messner Mountain Museum Corones, con il quale il Lumen Museum of Mountain Photography tesse un dialogo che risuona come un’ode appassionata rivolta alle ossute sagome di roccia.
In realtà l’edificio - realizzato dall’architetto di Brunico, Gerhard Mahlknecht - ha aperto al pubblico il 20 dicembre, ma l’inaugurazione ufficiale di questo luminoso spazio in cui domina il bianco, si è svolta lo scorso sabato 20 luglio.
Tra le ampie sale del Lumen - che si snodano per quattro piani, lungo i 1800 metri quadrati del museo raccontando la storia della fotografia di montagna dagli esordi ad oggi, assieme all'arte dei fotografi di montagna di tutto il mondo - il fascino del paesaggio alpino trova la sua suggestiva dimora fotografica. L’offerta interdisciplinare del programma spazia infatti dall’alpinismo alla spiritualità, dal turismo alla storia e persino alla pubblicità, esaminando il tema della montagna da diverse prospettive.
Al piano terra la mostra permanente Messner meets Messner by Durst è dedicata al grande pioniere alpino. Presso il Durst Studio di New York, Reinhold Messner, l’appassionato promotore della tutela delle Alpi, ha infatti realizzato diversi servizi fotografici per testare le possibili applicazioni di una futura fotografia simultanea a 360 gradi, che possa essere riconvertita direttamente in stampe 3D o in ologrammi.
“Tutti i tentativi di fotografare sopra la linea degli alberi falliranno a causa di ostacoli tecnici insormontabili” osservava John Ruskin. E il percorso permanente del Lumen ne fornisce subito prova attraverso scatti di grande fascino che ribadiscono anche il grande limite dell’occhio umano di fronte alla luce e all’altitudine.
Inizialmente dedicata alla ricerca scientifica, come “fotogenealogia”, la fotografia di montagna concepita come documentazione di un’avventura, nasce ufficialmente nel luglio 1861 con la scalata del Monte Bianco da parte dei fratelli Bisson, che per primi hanno fotografato questo gigante.
Tra i personaggi legati alla fotografia alpina incontriamo Vittorio Sella, protagonista della prima scalata invernale del Cervino, seguita da quelle del Monte Rosa, del Gran Paradiso e del Liskamm. Ai fratelli Bisson, ma anche a Joseph Tairraz, a Bernhard Johannes, a Jules Beck e allo stesso Sella, come primi fotografi alpinisti, è dedicata la sezione “Wall of Fame”.
Accanto al percorso riservato ai pionieri della fotografia, costretti a sforzi fisici enormi per portare con sé ad alta quota lastre di vetro, i prodotti chimici per lo sviluppo, l’ingombrante apparecchio fotografico e un drappo nero da usare come camera oscura, c’è la Wunderkammer che espone rari oggetti provenienti dal mondo della fotografia ad alta quota.
La storia della fotografia – iniziata il 7 gennaio 1839 quando Dominique Francois Arago annunciò ai membri dell’Accademia Francese delle Scienze di Parigi la dagherrotipia, ovvero la registrazione e l’archiviazione di immagini – prosegue portando i visitatori in una camera oscura per spiegarne il meccanismo.
Muovendosi attraverso l’allestimento, molto ben costruito attraverso l’impiego di una tecnologia moderna, con suoni e video che regalano ai visitatori un’esperienza multisensoriale a partire dal suggestivo ascensore, l’ospite del Lumen, l’appassionato di fotografia, ma anche lo sciatore di oggi, scoprono, tra le varie immagini, anche la più antica fotografia di montagna, scattata sulle Alpi bernesi sotto forma di dagherrotipo da Gustave Dardel.
Una sala del Lumen. Foto: © Marco Zanta. Courtesy Lumen
Tra i partner di questa bella iniziativa museale, l'Archivio tirolese per la documentazione fotografica e l'arte (TAP) - un centro di competenza nel campo della raccolta, della digitalizzazione e della presentazione di fotografie storiche - Fratelli Alinari e National Geographic.
La società DURST di Bressanone è invece responsabile della riproduzione digitale delle fotografie esposte, mentre la "Red Bull Illume", il più grande concorso di fotografia sportiva d’avventura a livello mondiale, firma l’ “Adrenalin Room”. In questa stanza immersiva, sotto forma di installazioni multimediali, si trovano le foto sportive più creative che hanno gareggiato nella più grande competizione al mondo di fotografia sportiva all’insegna di avventura e azione.
Le fotografie che interpretano la montagna come simbolo del potere, delle vittorie, delle guerre, con l’inizio del processo di ideologizzazione e politicizzazione della montagna, cedono il posto alle cartoline che introducono, verso la fine del XIX secolo, una nuova prospettiva nel marketing delle montagne, creando un’accessibilità totale, senza precedenti, in luoghi da sogno.
Ma forse il momento più suggestivo della visita al Lumen è l’ingresso nella Sala degli Specchi, dove il visitatore percepisce l’interazione tra le forze della natura e della montagna, immergendosi nella sua atmosfera.
La sala degli specchi presso il Lumen Museum of Mountain Photography. Foto: © Paolo Riolzi. Courtesy Lumen
Ogni anno il Museum of Mountain Photography invita inoltre i fotografi a esplorare e catturare la loro visione dell'unicità delle Dolomiti grazie al progetto Artist in residence 2019. Kurt Moser, ad esempio, ha scelto una serie di visi e mani appartenenti ad autentici contadini di montagna per celebrare, attraverso ogni singola ruga, il paesaggio montano modellato dal trascorrere di milioni di anni.
Ad arricchire l’offerta del museo, anche una sala eventi - che può accogliere fino a 200 persone in occasione di congressi, seminari, workshop - e il ristorante AlpiNN, una terrazza coperta sospesa tra i monti, sede del progetto gastronomico dello chef stellato Nobert Niederkofler.
Nel suo incontro con l’incanto del paesaggio, con la potenza maestosa della natura, tra i sentieri dello sport e della cucina, l’arte, che nel caso del Lumen trova espressione nella fotografia, dimostra ancora una volta, attraverso il connubio vincente tecnologia-natura, di riuscire a raggiungere ed emozionare un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo.
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