1826-2026: a Brescia il bicentenario del ritrovamento della Vittoria Alata

A Brescia Francesco Vezzoli dà nuova vita al mito, nel dialogo tra la Vittoria Alata e l'Idolino di Pesaro

Victoria Mater. L’idolo e l’icona, in programma al Parco archeologico di Brescia romana, all’interno del Capitolium, dal 4 dicembre 2025 al 12 aprile 2026. Immagine di allestimento. Fotografia di Alessandra Chemollo. Courtesy © Fondazione Brescia Musei
 

Eleonora Zamparutti

09/12/2025

Brescia - Il primo fu Achille. Mentre imperversava la guerra di Troia, l’eroe acheo lacerato dal dolore per la perdita di Patroclo, sospende il combattimento e istituisce gli agoni, competizioni fisiche tra guerrieri in memoria dell’amico. E’ il racconto di Omero a segnare l’inizio dello sport in occidente. Da quel momento il prevalere sull’avversario — in forma ritualizzata e non cruenta — entra a far parte del DNA dello spirito agonistico, così come sconfiggere il nemico sul campo di battaglia rimarrà la finalità della guerra. In entrambi i casi, il fine ultimo è la vittoria.

“Quando ho visto la riproduzione scenica della Nike di Samotracia durante la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Parigi, ho pensato che anche noi avremmo dovuto utilizzare la nostra Vittoria Alata in occasione delle Olimpiadi Milano-Cortina” afferma Stefano Karadjov, direttore di Fondazione Brescia Musei. Anche perché il 2026 sarà un anno molto speciale per la Vittoria di Brescia che festeggia i duecento anni dal ritrovamento, avvenuto per caso il 20 luglio del 1826 all’interno di una cavità ricavata tra il muro occidentale del tempio di Brixia e il colle retrostante.

Secondo il programma ufficiale, il prossimo 17 gennaio la Fiaccola olimpica passerà di mano proprio al Capitolium di Brixia, in concomitanza con l’accensione del braciere e in corrispondenza della sala che ospita la Vittoria Alata, nel nuovo allestimento creato appositamente dall’artista Francesco Vezzoli.


Foto di Alessandra Chemollo. Courtesy © Fondazione Brescia Musei, 2025


L’installazione Victoria Mater. L’idolo e l’icona, aperta al pubblico fino al 12 aprile 2026, rappresenta un’occasione per ritornare sul tema del mito e della iconografia della Vittoria Alata, ribadendo questa volta “i valori simbolici legati alla competizione sportiva attraverso la cultura che custodisce un immaginario simbolico analogo” come afferma Francesca Bazoli, presidente della Fondazione bresciana.

La Vittoria Alata è qui accostata all’Idolino di Pesaro, esempio raffinato di artigianato classico proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze, in un dialogo ideato dall’artista Francesco Vezzoli che per l’occasione è tornato nella sua città natale.
“E’ stata un’esperienza intensa visitare Brescia insieme a Francesco per studiare l’intervento che avrebbe fatto” afferma Donatieu Grau, curatore dell’esposizione. “Mi mostrava i suoi punti di riferimento: la casa del gallerista Massimo Minini, il posto dove abitava un vecchio amico che collezionava la rivista “The Face", la via lungo la quale suo padre, l’avvocato Vezzoli, ha lo studio e poi ovviamente il Capitolium. Per questa ragione forse il risultato dell’installazione è una mise en abîme: è la storia del legame di Francesco con il suo luogo di provenienza e la madre, ma è anche il racconto del rapporto di Brescia, città di tutte le cronologie, con la sua storia”.

In una scenografia teatrale rischiarata dalla luce dell’ “aurora dalle rosee dita”, il pubblico osserva da una tribuna la maestosa Vittoria con le ali brunite e l’Idolino di spalle, mentre sullo sfondo l’ombra delle due figure si proietta sul muro della “caverna” di Juan Navarro Baldeweg in una sagoma ideale che trasforma la Vittoria in una Alma mater che benedice il giovane “portalampada” nudo, trasfigurato nelle sembianze di un atleta. Già perché in origine l’Idolino reggeva originariamente nella mano sinistra un tralcio di vite destinato a sostenere lucerne per illuminare i banchetti notturni e, con molta probabilità, un vassoio nella destra.

I capolavori dell’antichità tornano dunque a mettersi in gioco. La Vittoria in chiave “Mater” diventa la somma di tanti capolavori del passato. “E’ paradossale: la venerazione quasi religiosa di Vezzoli per l’arte, anche classica, lo porta incessantemente a elaborare nuove relazioni. La domanda che l’artista si pone è: ‘Come mai viviamo insieme? Come possiamo sperare di vivere insieme?’ L’icona della Vittoria e l'Idolo lo spiegano bene. Insieme invocano vite esistite e creano nuove vibrazioni che rimettono in moto i rapporti con rispetto e una certa dose di irriverenza” commenta il curatore.

Mentre la sala è ormai rischiarata dalla luce del giorno, il pubblico può avanzare, camminando tra i due bronzi potendoli ammirare da vicino. Osservato a una certa distanza, l’occhio dell’Idolino emette un bagliore dovuto a un foro nel metallo. “Ritrovato nel 1530, il bronzo è di epoca augustea ma cita l’arte di Policleto e rappresenta la perfezione iconica. Creato come arredo da banchetto, nel Rinascimento era diventato un’icona. Oggi in questa nuova luce, si trasforma nell’incontro con la Vittoria in un corpo umano simbolo di speranza” afferma Daniele Federico Maras, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.



Fotografia di Alessandra Chemollo. Courtesy of © Fondazione Brescia Musei, 2025



Il museo fiorentino in cambio del prestito, ospiterà la mostra dal titolo Icone di potere e bellezza. La rassegna, dall’11 dicembre 2025 al 9 aprile 2026, è stata concepita per proporre e commentare lo sviluppo storico dell’uso delle immagini per la presentazione e trasmissione del potere nell’ambito dell’Impero Romano, in una fase di crisi e di potenziale sfiducia quale quella sperimentata nel III secolo d.C. Il progetto ruota attorno a tre teste in bronzo dorato di imperatori romani provenienti dal deposito bronzeo del Capitolium, che sono poste in dialogo con materiali delle raccolte medicee.

Il protocollo siglato 10 anni fa tra Fondazione Brescia Musei e l’Opificio delle Pietre dure di Firenze per il restauro della Vittoria Alata, ha inaugurato un rapporto sistematico tra le due istituzioni che ha portato al restauro delle teste in bronzo ora a Firenze. “Come sempre accade, ogni restauro è al tempo stesso un’opportunità unica di conoscenza” afferma Emanuela Daffra, soprintendente dell’Opificio. “La cura responsabile del territorio e del patrimonio culturale è parte di un valore aggiunto.” E conclude ricordando la celebre frase di Sallustio che definisce i miti non come narrazioni storiche, ma come verità simboliche e sempre attuali, che parlano dell’anima, della natura e dell’ordine del cosmo: “i miti non furono mai, ma sono sempre”. Ed è così che Francesco Vezzoli infonde nuova linfa alla Vittoria e all’Idolino.