Dal 27 febbraio al 27 maggio a Firenze
Agli Uffizi il Cinquecento tra Spagna e Italia
Domínikos Theotokópoulos, detto El Greco (Iraklion, 1541 - Toledo, 1614) La guarigione del nato cieco 1570-1576 ca. Olio su tela Parma, Galleria Nazionale
Francesca Grego
26/02/2018
Firenze - Nella magnificenza della Spagna cinquecentesca c’è lo zampino dell’arte italiana. Non solo per la passione di Filippo II per Tiziano e Veronese, ma soprattutto per i rapporti sempre più stretti che, in seguito all’allargamento dei territori della dinastia degli Asburgo, si instaurano tra la cultura iberica e il Belpaese.
A raccontare nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi questa fitta rete di relazioni artistiche, arriva un nutrito corpus di disegni di maestri che nel XVI furono protagonisti di viaggi, contatti e profonde influenze tra due sponde del Mediterraneo, all’interno dell’Impero “su cui non tramontava mai il sole”.
Non tutti sanno, per esempio, che Alonso Berruguete, Pedro Machuca, Bartolomeo Ordonez e Diego de Siloe, noti come “las Aguilas del Renacimiento Español”, formarono il proprio linguaggio pittorico durante prolungati soggiorni di studio in Italia. Felice vittima dell’influenza italica fu poco più tardi anche Francisco Pacheco, l’illustre maestro di Velàsquez.
Gli splendidi apparati decorativi dell’Alcazar, dell’Escorial, del Prado si avvalsero inoltre del fondamentale apporto di pittori e scultori provenienti dalla Penisola come Romolo Cincinnato e Pompeo Leoni. E se qui i nomi dei toscani Patrizio Cascese e Vincenzo Carducci dicono ben poco, è perché divennero famosi in Spagna rispettivamente come Patricio Cajés e Vicente Carducho.
Per non parlare di Domìnikos Theotòkopoulos, noto universalmente come El Greco, che dalla natìa Creta si spostò a Venezia e poi a Toledo, dove portò le novità di Tintoretto e Tiziano.
Ai loro preziosi disegni il percorso degli Uffizi accosta sculture, dipinti, esempi di oreficeria e arti applicate, che con sguardo multidisciplinare aprono la scena sulla cultura visiva della Spagna cinquecentesca.
Sullo sfondo di un contesto storico ben delineato, emergono temi come il nudo e la rappresentazione della figura umana, su cui si stabilisce un confronto tra le ricerche italiane e spagnole; si esplorano le figure e le rotte degli artisti o l’influsso di particolari scuole, come quella romano-fiorentina, sull’arte iberica, come evidenzia il raffronto con carte di Giorgio Vasari e Sebastiano dal Piombo.
Curata da Marzia Faietti, Corinna Gallori e Tommaso Mozzati, Spagna e Italia in dialogo nell’Europa del Cinquecento si avvale di prestiti dal Museo Nacional del Prado di Madrid, dal Museo Nacional de Escultura de Valladolid, dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, dal Museo del Bargello, dalla Biblioteca Nazionale di Roma, oltre che dei fogli donati nel 1866 dal collezionista Emilio Santarelli al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, erede di una delle prime raccolte di grafiche d’Europa.
La mostra sarà in calendario dal 27 febbraio al 27 maggio.
Leggi anche:
• Agli Uffizi un nuovo allestimento dedicato a Caravaggio e ai maestri del Seicento
• Da Correggio a Guido Reni: la passione degli Estensi per il disegno
A raccontare nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi questa fitta rete di relazioni artistiche, arriva un nutrito corpus di disegni di maestri che nel XVI furono protagonisti di viaggi, contatti e profonde influenze tra due sponde del Mediterraneo, all’interno dell’Impero “su cui non tramontava mai il sole”.
Non tutti sanno, per esempio, che Alonso Berruguete, Pedro Machuca, Bartolomeo Ordonez e Diego de Siloe, noti come “las Aguilas del Renacimiento Español”, formarono il proprio linguaggio pittorico durante prolungati soggiorni di studio in Italia. Felice vittima dell’influenza italica fu poco più tardi anche Francisco Pacheco, l’illustre maestro di Velàsquez.
Gli splendidi apparati decorativi dell’Alcazar, dell’Escorial, del Prado si avvalsero inoltre del fondamentale apporto di pittori e scultori provenienti dalla Penisola come Romolo Cincinnato e Pompeo Leoni. E se qui i nomi dei toscani Patrizio Cascese e Vincenzo Carducci dicono ben poco, è perché divennero famosi in Spagna rispettivamente come Patricio Cajés e Vicente Carducho.
Per non parlare di Domìnikos Theotòkopoulos, noto universalmente come El Greco, che dalla natìa Creta si spostò a Venezia e poi a Toledo, dove portò le novità di Tintoretto e Tiziano.
Ai loro preziosi disegni il percorso degli Uffizi accosta sculture, dipinti, esempi di oreficeria e arti applicate, che con sguardo multidisciplinare aprono la scena sulla cultura visiva della Spagna cinquecentesca.
Sullo sfondo di un contesto storico ben delineato, emergono temi come il nudo e la rappresentazione della figura umana, su cui si stabilisce un confronto tra le ricerche italiane e spagnole; si esplorano le figure e le rotte degli artisti o l’influsso di particolari scuole, come quella romano-fiorentina, sull’arte iberica, come evidenzia il raffronto con carte di Giorgio Vasari e Sebastiano dal Piombo.
Curata da Marzia Faietti, Corinna Gallori e Tommaso Mozzati, Spagna e Italia in dialogo nell’Europa del Cinquecento si avvale di prestiti dal Museo Nacional del Prado di Madrid, dal Museo Nacional de Escultura de Valladolid, dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia, dal Museo del Bargello, dalla Biblioteca Nazionale di Roma, oltre che dei fogli donati nel 1866 dal collezionista Emilio Santarelli al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, erede di una delle prime raccolte di grafiche d’Europa.
La mostra sarà in calendario dal 27 febbraio al 27 maggio.
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