Dal 26 febbraio lo scultore britannico in mostra a Firenze
“Essere”: agli Uffizi il contemporaneo di Antony Gormley
Antony Gormley, Another Time. Courtesy Gallerie degli Uffizi
Francesca Grego
15/02/2019
Firenze - Il corpo nello spazio e il corpo come spazio: sono i nodi nevralgici della quarantennale avventura di Antony Gormley, tra i più apprezzati scultori viventi, che si prepara a declinare la propria ricerca nel luogo dell’arte per eccellenza. Il maestro britannico, che dal Turner Prize alle grandi installazioni in spazi pubblici e all’ingresso nella Royal Academy non si è fatto mancare proprio nulla, torna infatti in Italia per un grande evento espositivo alle Gallerie degli Uffizi.
“Essere” è l’ambizioso titolo della mostra che lo vedrà protagonista dal 26 febbraio al 26 maggio tra il pianterreno del museo, le sale della collezione storica e la terrazza, in un percorso che promette di entrare in stretto rapporto con il patrimonio fiorentino.
Le prime due opere sono arrivate a sorpresa da qualche giorno. Chi visita la sala dell’Ermafrodito dormiente, per esempio, può già osservare la celebre statua romana specchiarsi nei blocchi geometrici di Settlement, distesi sul pavimento in una composizione antropomorfa. Tutt’altro stile per Another Time, un uomo dalle fattezze realistiche a grandezza naturale che guarda il panorama di Ponte Vecchio da una grande vetrata.
“Può un oggetto essere il catalizzatore di nuovi pensieri e comportamenti?” si chiede Gormley realizzando sculture che “spostano e racchiudono, coinvolgono e attivano l’attenzione”. Al centro del suo lavoro c’è sempre l’esperienza del “corpo vivente” dell’artista, che la partecipazione del pubblico trasformerà in proiezione collettiva. Succede in Passage, per esempio, un tunnel in acciaio Corten dalla forma umana tutto da percorrere, ma anche in Room, ambiente definito da un nastro di stoffa dove invece non si può entrare: opere realizzate a distanza di 36 anni che dialogano nel contrasto tra stasi e movimento, spazio reale e immaginato.
In mostra anche diverse sculture realizzate appositamente per l’occasione, tra cui spicca per le grandi dimensioni Breathe, che con una colata di piombo trasferisce l’idea del Big Bang all’interno del corpo di un essere umano. Veer II, invece, evoca la tensione del sistema nervoso in una figura in ghisa a grandezza naturale. Pieni e vuoti, buio e luce, duro e morbido sollecitano la risposta dei visitatori, visti come attivi connettori tra lo spazio e gli oggetti.
Dopo l’installazione del 2010 alla Strozzina e la mostra Human al Forte Belvedere (2015), “Antony Gormley torna ora al cuore dell’arte e della città, il Rinascimento, interpretato simbolicamente come culla della modernità”, spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Abbiamo messo a punto la mostra in collaborazione con l’artista, modellandola sia sulla sua carriera personale sia sullo spazio del museo, tenendo conto dei capisaldi della storia dell’arte che ha l’onore di ospitare. Creazioni in ghisa, acciaio, tessuto, cemento e argilla interagiscono in modo coinvolgente con lo spettatore, diventando oggetti-soggetti che attirano l’attenzione, offrendo stimoli inaspettati per azioni e reazioni riflesse e affrontando il digitale attraverso la resa fisica del pixel”.
Leggi anche:
• Da Cosimo de’ Medici a Kiki Smith il 2019 degli Uffizi
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Le prime due opere sono arrivate a sorpresa da qualche giorno. Chi visita la sala dell’Ermafrodito dormiente, per esempio, può già osservare la celebre statua romana specchiarsi nei blocchi geometrici di Settlement, distesi sul pavimento in una composizione antropomorfa. Tutt’altro stile per Another Time, un uomo dalle fattezze realistiche a grandezza naturale che guarda il panorama di Ponte Vecchio da una grande vetrata.
“Può un oggetto essere il catalizzatore di nuovi pensieri e comportamenti?” si chiede Gormley realizzando sculture che “spostano e racchiudono, coinvolgono e attivano l’attenzione”. Al centro del suo lavoro c’è sempre l’esperienza del “corpo vivente” dell’artista, che la partecipazione del pubblico trasformerà in proiezione collettiva. Succede in Passage, per esempio, un tunnel in acciaio Corten dalla forma umana tutto da percorrere, ma anche in Room, ambiente definito da un nastro di stoffa dove invece non si può entrare: opere realizzate a distanza di 36 anni che dialogano nel contrasto tra stasi e movimento, spazio reale e immaginato.
In mostra anche diverse sculture realizzate appositamente per l’occasione, tra cui spicca per le grandi dimensioni Breathe, che con una colata di piombo trasferisce l’idea del Big Bang all’interno del corpo di un essere umano. Veer II, invece, evoca la tensione del sistema nervoso in una figura in ghisa a grandezza naturale. Pieni e vuoti, buio e luce, duro e morbido sollecitano la risposta dei visitatori, visti come attivi connettori tra lo spazio e gli oggetti.
Dopo l’installazione del 2010 alla Strozzina e la mostra Human al Forte Belvedere (2015), “Antony Gormley torna ora al cuore dell’arte e della città, il Rinascimento, interpretato simbolicamente come culla della modernità”, spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Abbiamo messo a punto la mostra in collaborazione con l’artista, modellandola sia sulla sua carriera personale sia sullo spazio del museo, tenendo conto dei capisaldi della storia dell’arte che ha l’onore di ospitare. Creazioni in ghisa, acciaio, tessuto, cemento e argilla interagiscono in modo coinvolgente con lo spettatore, diventando oggetti-soggetti che attirano l’attenzione, offrendo stimoli inaspettati per azioni e reazioni riflesse e affrontando il digitale attraverso la resa fisica del pixel”.
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