In mostra a Palazzo Vecchio
Restaurato il bronzo di Giuditta e Oloferne, capolavoro di Donatello
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Francesca Grego
04/06/2024
Firenze - Per secoli ha vissuto all’aperto, tra i palazzi simbolo di Firenze, esibita come un vessillo della libertà della città. Oggi la Giuditta che decapita Oloferne, tra i capolavori più noti e celebrati di Donatello, torna a mostrarsi in tutto il suo splendore grazie a un restauro che le ha restituito bellezza e leggibilità. Da circa 24 ore è di nuovo possibile ammirarla nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio, dove fu trasferita negli anni Ottanta per proteggerla dagli agenti atmosferici e dove è tornata dopo un intervento durato dieci mesi. “Siamo molto felici di aver sostenuto il restauro della scultura di Giuditta e Oloferne, un’opera fondamentale non solo per la storia fiorentina, ma per l’arte e la cultura mondiale”, dichiara Simonetta Brandolini d’Adda, presidente di Friends of Florence, che per Palazzo Vecchio ha finanziato anche il restauro del celebre Putto con delfino di Andrea del Verrocchio (2019) e delle pitture della sala che lo ospita.
Notevole per potenza espressiva, maestria e raffinatezza nella tecnica di esecuzione, il gruppo bronzeo di Giuditta e Oloferne fu commissionato a Donatello da Piero de’ Medici intorno al 1457, ma completato solo intorno al 1464. Lo scultore interpretò l'episodio biblico in modo alquanto originale: invece della solita Giuditta che brandisce la testa mozzata di Oloferne, Donatello rappresenta l’azione nel suo svolgimento, con l’eroina che solleva fieramente la spada, pronta a sferrare il colpo fatale sul generale assiro incastrato tra le sue gambe, con gli arti che pendono vilmente sul basamento bronzeo. Qui rilievi a tema bacchico evocano la sua lussuria del condottiero, mentre sui corpi dei protagonisti frammenti scintillanti ricordano che la scultura era originariamente impreziosita da dorature. Con queste singolari scelte compositive, Donatello realizza la prima opera di grandi dimensioni dedicata a questo tema e per la prima volta vi include la figura intera di Oloferne.
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Il bronzo rilegge in chiave laica e politica la storia di Giuditta, giovane ebrea che salvò la propria città dall’assedio dell’esercito assiro tagliando la testa al generale Oloferne dopo averlo sedotto e stordito con il vino. Due iscrizioni oggi perdute ne illustravano il significato: la prima qualificava il gruppo scultoreo come simbolo del trionfo dell’umiltà sulla superbia e della virtù sulla lussuria; la seconda conteneva la dedica di Piero de’ Medici, che additava Giuditta come modello di fortezza e libertà, incitando i cittadini a seguirne l’esempio per la difesa di Firenze.
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Collocata inizialmente nel giardino dell’antica residenza dei Medici sulla Via Larga - l’attuale Palazzo Medici Riccardi - a fare da contrappunto al David bronzeo di Donatello, l’opera fu confiscata dopo la cacciata dei Medici e la proclamazione della Repubblica, per essere collocata in bella vista sull’arengario di Palazzo della Signoria come simbolo della libertà di Firenze. Ma le sue avventure non finiscono qui. Nel 1504, infatti, Giuditta fu rimossa per fare posto al David di Michelangelo: secondo alcuni era sconveniente che la città fosse rappresentata da una donna che uccide un uomo, mentre altri la consideravano un “segno mortifero” portatore di cattiva sorte, perché giunta lì proprio mentre Firenze stava perdendo il dominio di Pisa.
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Due anni più tardi Giuditta era di nuovo in piazza, sotto la Loggia della Signoria, ma solo nel 1919, dopo essere stata messa in sicurezza durante la guerra, riconquistò una posizione centrale sull’arengario di Palazzo Vecchio. Da lì non venne più rimossa, se non per salvarla dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, finché dopo le celebrazioni medicee del 1980, constatato un avanzato stato di degrado del bronzo, fu deciso di sostituirlo in esterno con una copia e di trasferire l’originale nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio.
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
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Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Il bronzo rilegge in chiave laica e politica la storia di Giuditta, giovane ebrea che salvò la propria città dall’assedio dell’esercito assiro tagliando la testa al generale Oloferne dopo averlo sedotto e stordito con il vino. Due iscrizioni oggi perdute ne illustravano il significato: la prima qualificava il gruppo scultoreo come simbolo del trionfo dell’umiltà sulla superbia e della virtù sulla lussuria; la seconda conteneva la dedica di Piero de’ Medici, che additava Giuditta come modello di fortezza e libertà, incitando i cittadini a seguirne l’esempio per la difesa di Firenze.
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Collocata inizialmente nel giardino dell’antica residenza dei Medici sulla Via Larga - l’attuale Palazzo Medici Riccardi - a fare da contrappunto al David bronzeo di Donatello, l’opera fu confiscata dopo la cacciata dei Medici e la proclamazione della Repubblica, per essere collocata in bella vista sull’arengario di Palazzo della Signoria come simbolo della libertà di Firenze. Ma le sue avventure non finiscono qui. Nel 1504, infatti, Giuditta fu rimossa per fare posto al David di Michelangelo: secondo alcuni era sconveniente che la città fosse rappresentata da una donna che uccide un uomo, mentre altri la consideravano un “segno mortifero” portatore di cattiva sorte, perché giunta lì proprio mentre Firenze stava perdendo il dominio di Pisa.
Donatello, Giuditta e Oloferne, 1457-1464 circa I Courtesy Friends of Florence
Due anni più tardi Giuditta era di nuovo in piazza, sotto la Loggia della Signoria, ma solo nel 1919, dopo essere stata messa in sicurezza durante la guerra, riconquistò una posizione centrale sull’arengario di Palazzo Vecchio. Da lì non venne più rimossa, se non per salvarla dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, finché dopo le celebrazioni medicee del 1980, constatato un avanzato stato di degrado del bronzo, fu deciso di sostituirlo in esterno con una copia e di trasferire l’originale nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio.
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