Ai Musei di San Domenico di Forlì dal 9 febbraio
Ottocento: da Hayez a Segantini un secolo d’arte italiana
Ettore Tito, Luglio (Sulla spiaggia), 1894, Olio su tela, Trissino (VC), Fondazione Progetto Marzotto
Francesca Grego
11/01/2019
Forlì-Cesena - La ricerca delle origini, le luci della modernità, la malia dell’esotico, la sperimentazione di tecniche e linguaggi, l’incontro con un nuovo pubblico: questo - e molto altro - è l’arte italiana dell’Ottocento, dal 9 febbraio in mostra ai Musei San Domenico di Forlì. Un tour nel tempo alla scoperta di un secolo dai mille volti che “dopo le centinaia di retrospettive volte a indagare questo o quell’autore, questo o quell’aspetto, declinazione o sfaccettatura, vuol mettere un punto fermo sull’Ottocento italiano”, spiega Gianfranco Brunelli, coordinatore del progetto curato da Fernando Mazzocca e Francesco Leone.
A questo scopo è in arrivo al museo diretto da Antonio Paolucci una curata selezione di capolavori e prestiti prestigiosi: a celebri dipinti di Francesco Hayez, di Giovanni Segantini, Umberto Boccioni, Giacomo Balla si affiancano gioielli da riscoprire e opere raramente esposte in pubblico, per ripercorrere le tappe di una storia esaltante e contraddittoria.
In primo piano, i sessant’anni intercorsi tra l’Unità d’Italia e lo scoppio della Grande Guerra, che videro alternarsi sulla scena dell’arte correnti come il Romanticismo e il Realismo, l’Eclettismo storicista e il Divisionismo.
“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, fu il commento di Massimo D’Azeglio di fronte al mosaico di condizioni socioculturali e appartenenze che caratterizzavano la penisola appena unificata. E l’arte, da secoli terreno comune in un’Italia politicamente divisa, si prestava magnificamente alla bisogna. Il percorso forlivese evidenzia come essa sia stata non solo un formidabile strumento di propaganda, ma anche il mezzo più immediato e “democratico” attraverso cui un popolo si è riavvicinato alla propria storia.
Questa, tuttavia, è soltanto una delle tante chiavi di una mostra dalla trama complessa, che spazia tra una varietà di stili, generi e temi: la storia, la rappresentazione della vita moderna, l’arte di denuncia sociale, il ritratto, il paesaggio, soggetti e contenuti di impatto popolare e significato universale, specchio di un’epoca densa di cambiamenti.
E la pittura non è l’unica protagonista: i quadri di Induno, Fattori, Signorini, Corcos, Previati, Morbelli, De Nittis, Pellizza da Volpedo, Boccioni, Balla dialogheranno con il meglio della scultura coeva, da Vela a Monteverde, da Canonica a Medardo Rosso.
Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini recita il titolo dell'esposizione: due estremi che esprimono bene la tensione tra il recupero della tradizione e il rinnovamento proprio del secolo del moderno. Se Hayez è il protagonista del Risorgimento dell’arte italiana, che ripensa la pittura rielaborando le lezioni di Raffaello, Tiziano, Guido Reni e Giambattista Tiepolo, Segantini porta al di qua delle Alpi l’esperienza europea post-impressionista spianando la strada a quella che sarà la rivoluzione del Futurismo.
Leggi anche:
• FOTO: Hayez, Segantini e lo spirito dell'800
• Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini • Ingres e Hayez: riparte dall’Ottocento il futuro di Brera
• Da Trento a Milano, i capolavori ritrovati di Hayez
• Villa Borghese con gli occhi di Giacomo Balla
• Da Hayez e Turner ai costumi della Scala, il Romanticismo in mostra a Milano
• A Verona l’amore materno da Previati a Boccioni
A questo scopo è in arrivo al museo diretto da Antonio Paolucci una curata selezione di capolavori e prestiti prestigiosi: a celebri dipinti di Francesco Hayez, di Giovanni Segantini, Umberto Boccioni, Giacomo Balla si affiancano gioielli da riscoprire e opere raramente esposte in pubblico, per ripercorrere le tappe di una storia esaltante e contraddittoria.
In primo piano, i sessant’anni intercorsi tra l’Unità d’Italia e lo scoppio della Grande Guerra, che videro alternarsi sulla scena dell’arte correnti come il Romanticismo e il Realismo, l’Eclettismo storicista e il Divisionismo.
“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, fu il commento di Massimo D’Azeglio di fronte al mosaico di condizioni socioculturali e appartenenze che caratterizzavano la penisola appena unificata. E l’arte, da secoli terreno comune in un’Italia politicamente divisa, si prestava magnificamente alla bisogna. Il percorso forlivese evidenzia come essa sia stata non solo un formidabile strumento di propaganda, ma anche il mezzo più immediato e “democratico” attraverso cui un popolo si è riavvicinato alla propria storia.
Questa, tuttavia, è soltanto una delle tante chiavi di una mostra dalla trama complessa, che spazia tra una varietà di stili, generi e temi: la storia, la rappresentazione della vita moderna, l’arte di denuncia sociale, il ritratto, il paesaggio, soggetti e contenuti di impatto popolare e significato universale, specchio di un’epoca densa di cambiamenti.
E la pittura non è l’unica protagonista: i quadri di Induno, Fattori, Signorini, Corcos, Previati, Morbelli, De Nittis, Pellizza da Volpedo, Boccioni, Balla dialogheranno con il meglio della scultura coeva, da Vela a Monteverde, da Canonica a Medardo Rosso.
Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini recita il titolo dell'esposizione: due estremi che esprimono bene la tensione tra il recupero della tradizione e il rinnovamento proprio del secolo del moderno. Se Hayez è il protagonista del Risorgimento dell’arte italiana, che ripensa la pittura rielaborando le lezioni di Raffaello, Tiziano, Guido Reni e Giambattista Tiepolo, Segantini porta al di qua delle Alpi l’esperienza europea post-impressionista spianando la strada a quella che sarà la rivoluzione del Futurismo.
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