Lunedì 10 ottobre 2011, si terrà alle ore 17:30 alla Sala della Crociera, la conferenza a cura della storica dell'arte Elena Gigli: "Giacomo Balla: dal Futurismo al Futur-fascismo".
Perché Giacomo Balla (Torino 1871-Roma 1958) – pittore futurista – è partito dai grandi quadri patriottici del 1915, ha realizzato le illustrazioni per il quotidiano politico “L’Impero” e una grande Apoteosi fascista? Lo studio che ho portato avanti dal 1993 - anno in cui, catalogando le opere di Casa Balla con M. Fagiolo dell’Arco, ho ritrovato i disegni per il quotidiano “L’Impero” e due tele dalla tematica fascista – ha trovato una chiara sistemazione in questo mio lavoro. Sfogliando sempre le stesse immagini, leggendo le recensioni alle mostre d’epoca e studiandone le fotografie ho cercato di collegare le tele interventiste del 1915 ai manifesti fascisti ritrovati in Casa Balla. Leggendo i giornali del 1915 apprendiamo del duplice arresto di Balla con Mussolini, Marinetti e Cangiullo; analizzando le tele patriottiche dipinte da Balla nel 1915 ritroviamo la manifestazione contro Giolitti alla Stazione Termini il 9 maggio (Le insidie del 9 maggio, Roma GNAM), la manifestazione interventista del 21 maggio guidata dal Sindaco (Forme- volume del grido Viva L’Italia, Roma GNAM), tanto per citarne alcune. Nel 1919 Balla è a Milano dove partecipa alle adunate fasciste (Mussolini vi aveva appena fondato i Fasci di Combattimento). E arriviamo all’ottobre 1922: la marcia su Roma. L’amico Luciano De` Nardis gli scrive: “prepara il tuo lavoro per Benito. Andremo insieme da lui. E allora senti: pensa un quadro tricolore”. E’ del 3 marzo 1924 il primo incontro tra Balla e Mussolini (a Villa Borghese attraverso l’amico comune Bottai). Balla affronta il problema e realizza un bozzetto per un quadro molto grande, Apoteosi fascista: verranno realizzati solo alcuni pannelli della parte superiore (Le mani del popolo italiano) che saranno esposti nel 1928 agli Amatori e Cultori. Tuttavia, non riuscendo in questo suo intento troppo grande e troppo costoso, desideroso di lasciare un “documento dei fatti” fotografa l’entrata di Mussolini a Roma nell’ottobre 1922 nella grande tela della collezione Agnelli.
Nella Biennale Romana del 1925, insieme alle opere di Dottori, Balla espone anche opere di chiara tematica fascista: ritrovata in Casa Balla nel 1993, la lunga tela appare nella fotografia della sala incorniciata dalla scritte IL SACRIFICIO / W IL FASCISMO W L’ITALIA / INSIDIA OLTRAGGIOSA. “E anche di recente, all’ultima Biennale Romana, un dittico antigrazioso di Balla: Fascisti e antifascisti che dà in sintesi l’attuale situazione politica italiana con un vivo contrasto di luci ricoloranti e di toni loschi e grigi […] Qualcuno potrebbe però osservare che la più recente attività di Balla ha un colorito politico-simbolico. Politico sì (e si vedano: il quadro Fascisti e antifascisti, gli studi per l’Apoteosi Fascista e i disegni che egli spesso pubblica sull’Impero): simbolico, neghiamo; perché egli tende a dare alle sue immagini un carattere sempre più attuale”. Da notare, per esempio, il bozzetto per il “quadro di vastissime proporzioni” Apoteosi fascista (in “L’Impero”, 17 marzo 1926), dove “nella luce è posto l’uomo il quale schiacciando sotto i piedi il mostro del male, esegue la giustizia divina ispirata alla stella di Italia”. Tra il 1923 e il 1926 Balla realizza vari disegni per illustrare le prime testate del quotidiano politico “L’Impero”: per esempio La trappola tedesca. Sostanza Apparenza, Mussolinismo e Fascismo indissolubilmente legati (14 ottobre 1923) e Fascisti falsi fascisti veri. Infine, Non si devono tralasciare gli scritti politici di Balla. Si va dal Programma a sorpresa pel 1920 pubblicato su “Roma futurista” all’ articolo L’arte nella Politica e Arte Fascista. Elementi per la battaglia artistica dove Balla esordisce che il “dono prezioso dell’Arte è dato all’uomo per la sua elevazione: forze misteriose ne regolano la rinascenza o decadenza”. Per chiudere, Balla scrive l’articolo Fascismo ed Arte: “Se i periodi più grande dell’Arte dettero opere che furono l’espressione del loro tempo, anche noi dobbiamo, senza imitare il passato, creare uno stile che sia l’interpretazione della realtà”.
Nel 1925 Giacomo Balla ritrae la figlia Luce seduta in mezzo ai veli disposti intorno a lei in una grande tela conservata in Casa Balla fino al 1993, anno della divisione testamentaria avvenuta in seguito alla morte della figlia di Giacomo Balla, Elica (Roma 14 gennaio 1993). Il ritratto – firmato BALLA in basso a destra – viene intitolato e datato dall’artista sul retro VERGINITA’ BALLA 1925. L’opera e’ stata pubblicata da Giovanni Lista nel 1982 (fig. 819 pag. 372).
Dieci anni prima l’artista aveva già utilizzato la tela dall’altra parte. Fino ad un’ anno fa – infatti – il retro del ritratto Verginità si presentava tutto coperto di nero con la scritta VERGINITA’ BALLA 1925 posta da Balla in bianco. Toccando proprio il retro del ritratto ci si e’ resi conto che al centro della tela esisteva qualcosa di attaccato sopra. La grande tela (cm. 108x138) viene portata nello Studio di restauro di Alessandro Pavia: a questo punto viene iniziato un sondaggio di pulitura del nero. Dopo un accurato lavoro di pulitura dove viene tolto tutto il colore nero che copriva la composizione colorata – eccetto la parte con la scritta autografa del 1925 – possiamo parlare del ritrovamento di una nuova manifestazione patriottica dipinta da Balla nel 1915. Interventi:
Elena Gigli, storica dell’arte
Introduce:
Maria Concetta Petrollo, Direttrice della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte
Moderatore:
Marco Ancora, Direttore del CISI (Centro Italiano Studi e Indagini)