BritArt e Business Art

Installazione di nudi di Spencer Tunick
28/11/2003
L’arte oltre l’arte o l’arte contro se stessa? Osservando le creazione dei giovani artisti inglesi della BritArt, metafora dissacratoria della libertà di pensiero, dello spirito indipendente, ci viene da pensare questo ed altro. Le istallazioni della BritArt hanno per oggetto spesso la vita quotidiana, decontestualizzata, divelta dalla realtà e rivisitata in chiave sarcastica, sprezzante del giudizio altrui. È un un’arte che vive per sé, che si autopromuove, che si vende. È curiosa, ammiccante, seduttiva e seducente. Invita alla riflessione, spesso, perché la realtà non è sempre come la vediamo.
All’origine ci sono la Thatcher e gli anni Ottanta.
Nata dalla fusione delle scuole d’arte inglesi e lo spirito imprenditoriale del collezionista Charles Saatchi, la BritArt è nata da quell’atmosfera provocata dal governo della Lady di ferro: studenti come Demian Hirst erano convinti di poter fare finalmente di tutto. E, allora, si sono improvvisati imprenditori, sono diventati dei modaioli e contando sui giusti appoggi, hanno approfittato della crisi economica degli anni Ottanta. Così è nata Freeze, una mostra di lavori suoi e di altri sedici studenti del Goldsmith. L’arte non si fa più negli atelier e nelle soffitte, ma nelle gallerie alla moda, vecchie fabbriche e spazi industriali, con cataloghi ben fatti, recensioni ad hoc sulle giuste riviste e uno stuolo di critici, collezionisti, professionisti della Business Art, ambientazioni alternativ-chic.
Avanguardia, hi-tech, sorpresa. Sono queste le parole d’ordine per entrare nel tempio della Brit: la Saatchi Gallery di Londra che ha preso posto nella prestigiosa County Hall. Concepita per ospitare la collezione del guru della pubblicità, la galleria contiene una permanente di arte contemporanea che non ha nulla da invidiare alla vicina Tate Modern. E così Saatchi ha fatto da coraggioso mecenate e salvatore dell’arte contemporanea made in GB. Tra i pezzi più “caldi”, My bed di Tracey Emin, gli animali conservati di Hirst, la pluriomicida ritratta da Marcus Harvey e il quadro della Madonna ricoperta di escrementi di Chris Ofili. Alla cerimonia di inaugurazione, quindi, ci stava proprio bene la scultura in carne ed ossa di 160 nudi messa su da Spencer Tunick per l’occasione.
Insomma, l’apoteosi del readymade in chiave oltraggiosa. Quasi un “tutto fa brodo”. O meglio tutto fa arte.
Ma è proprio vero che oggi tutto può essere arte? Quest’arte, spiccatamente soggettiva, personale, incentrata sull’individualità dell’artista, un merito comunque ce l’ha. E non è l’aspetto mondano o irriverente delle opere. Ma la capacità di aver riportato all’attenzione del pubblico la modernità, quello che succede qui ed ora. La BritArt ha avuto un successo impensabile, anche presso la critica. C’era proprio bisogno di questa ventata di fresco o più semplicemente è una risposta da provinciali nei confronti del nuovo?
LA MAPPA
NOTIZIE
VEDI ANCHE
-
Brescia | Dal 24 gennaio al 14 giugno a Palazzo Martinengo
Brescia riscopre il Liberty. L'arte dell'Italia moderna si racconta in una mostra
-
Venezia | Transforming Energy dal 6 maggio al 19 ottobre 2026
Marina Abramović 80 ragioni per una mostra a Venezia
-
Sul piccolo schermo dal 29 settembre al 5 ottobre
La settimana in tv, dai bambini di Valerio Berruti alla sfida tra Bernini e Borromini
-
Milano | A Milano fino all’8 febbraio
Al Mudec un nuovo sguardo sull'evoluzione di Escher, tra scienza e influssi islamici
-
Fino all'11 gennario 2026 alla Galleria Nazionale di San Marino
Quando il design diventa arte: un viaggio italiano tra utopia e materia
-
I programmi dal 22 al 28 settembre
La settimana dell’arte in tv, da Lorenzo Lotto a Pellizza da Volpedo