Dietro la mostra evento del 2017, una vertigine di post-verità

Da Venezia a Netflix, il Tesoro di Damien Hirst in un documentario

Damien Hirst, Treasures from the Wreck of the Unbelievable
 

Francesca Grego

08/01/2018

“Accettiamo facilmente la realtà, forse perché intuiamo che nulla è reale”, scriveva Jorges Luis Borges nell’Aleph.
A un mese dalla chiusura di quella che è stata forse la più grande fake exhibition della storia, prosegue la saga di Damien Hirst e del tesoro sommerso di Cif Amotan II.
Dopo il clamore suscitato a Venezia tra Palazzo Grassi e Punta della Dogana, Treasures from the Wreck of the Unbelievable diventa un documentario.
 
Se sperate di scoprire finalmente i retroscena dello show messo in piedi da Hirst siete fuori strada.
Resta infatti avvolta da una coltre di ironico mistero la vera storia delle statue incrostate di coralli, delle sculture in malachite, oro o lapislazzuli, dei demoni, delle meduse e delle sirene che hanno stupito il pubblico lagunare mescolando al fascino di meraviglie archeologiche di esorbitante ricchezza l’appeal tutto contemporaneo di un’avventura fantasy.
 
Non una parola sul lavoro portato avanti negli ultimi dieci anni dall’artista britannico e dalle sue abilissime maestranze per creare i circa 200 pezzi in mostra, sui 65 milioni di dollari impiegati nel progetto o sul decisivo contributo all’impresa del collezionista François Pinault.
Né sulla spedizione dell’archeologo Franck Goddio, che nel 2000 scoprì nelle acque di Alessandria d’Egitto i tesori delle antiche città sommerse di Herakleion e Canopus – probabilmente una delle fonti di ispirazione di Hirst - o su come sia stata costruita la leggenda del liberto e collezionista compulsivo Cif Amotan II (il cui nome anagrammato è “I am a fiction”), la cui immensa fortuna, affondata tra il I e il II secolo insieme al vascello Apistos (in greco “Incredibile”), sarebbe stata recuperata dall’artista al largo delle coste dell’Africa Orientale.
 
Nei 90 minuti del mockumentary prodotto da Hirst con Oxford Films e diretto da Sam Obkinson, l’illusione continua in spettacolari immagini subacquee che mostrano il ritrovamento del tesoro tra gli abissi dell’Oceano Indiano.
Il tono è quello imparziale di un documentario classico in stile BBC, con tanto di interventi di scienziati ed esperti. E, ciliegina sulla torta, uno falso studioso dell’Università di Aberdeen che avanza critiche sull’operazione, definendo Hirst “uno squalo”.
 
Come è già successo per il colossale allestimento della mostra, a pochi giorni dalla sua uscita il lungometraggio divide il pubblico tra sostenitori entusiasti e acerrimi detrattori che si sono sentiti ingannati o derubati del proprio tempo.
Per dire la vostra non resta che collegarvi a Netflix e lasciarvi stupire.
 
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