Di padre...

Orazio e Artemisia Gentileschi
 

30/10/2001

Orazio Gentileschi nasce nel 1563 a Pisa: il padre, Giovanni Battista Lomi, è un orefice di origine fiorentina. Nella seconda metà degli anni ’70 è a Roma dove getta le basi per la sua futura arte pittorica. In questi anni vive a casa di uno zio, capitano delle guardie di Castel Sant’Angelo, di cui adotta il cognome Gentileschi. Prima del 1590 Orazio ha già ottenuto un certo successo come pittore a fresco: ha partecipato al cantiere pittorico per la decorazione della Biblioteca di Sisto V di Palazzo Vaticano (1588), al fianco di vari artisti di rilievo quali Giovanni Guerra e Cesare Nebbia. Ha realizzato l’affresco per Santa Maria Maggiore raffigurante la “Presentazione di Cristo al tempio”. Tra il 1595 ed il 1597 è attivo a Santa Maria in Trastevere per le pitture del catafalco del cardinale Marco Sittico Altemps. In questi anni dipinge anche la perduta pala d’altare per la basilica di San Paolo fuori le Mura. Nel 1599 riceve il compenso per gli affreschi del transetto di San Giovanni in Laterano. La sua pittura, fino a questo momento, risente della maniera romana, grazie soprattutto alle influenze che gli arrivano dalle opere del Cavalier d’Arpino e di Giovanni Baglione, adeguandosi alla pittura controriformata voluta dalla corte pontificia, fondata sulla chiarezza dei messaggi, sull’eleganza formale e sul virtuosismo esecutivo. Il 1600 è l’anno dell’incontro con Caravaggio, di cui Orazio diviene amico: è questo il fattore che segna inevitabilmente un cambiamento nella pittura di Gentileschi. L’esposizione al pubblico dei dipinti caravaggeschi nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi e in quella Cerasi di Santa Maria del Popolo, rappresentano un punto di non ritorno per un’intera generazione di giovani artisti, cui si aggiunge anche il trentasettenne Orazio, tutti fatalmente costretti a rivedere i fondamenti della propria visione artistica. Da questo momento in poi si accentuano i contrasti chiaroscurali, l’uso della luce che definisce lo spazio, la visione naturalistica della realtà, spesso agevolata da una ripresa dal vivo dei modelli. Orazio riesce comunque a mantenere alto il suo nome e quindi il consenso nei propri confronti, come dimostrato dai documenti che lo segnalano, intorno al 1605, sia nell’Accademia di San Luca che in quella dei Virtuosi al Pantheon. Fuggito da Roma Caravaggio, nel 1606, Orazio si avvicina agli stilemi classicheggianti dei Carracci. Il successo non sembra arrestarsi: dipinge il “Battesimo di Cristo” per Santa Maria della Pace e altre opere fuori Roma. Nel 1611 consegna la “Madonna ed il Bambino” per il Duca di Mantova e lavora con Agostino Tassi alla decorazione della sala del Concistoro al Quirinale. Il pittore di prospettive collabora con Orazio anche per gli affreschi per il Casino delle Muse a Monte Cavallo, ma successivamente viene citato in tribunale da Gentileschi per lo stupro di Artemisia. Tra il 1612 ed il 1621 Orazio opera in Toscana, nelle Marche e ancora a Roma, città che lascia subito dopo per recarsi a Genova invitato dal nobile Giovanni Antonio Sauli. Per questi realizza varie tele tra cui la “Maddalena penitente” e “Lot e figlie”, dipinti che testimoniano la resistenza di Orazio al dilagante gusto barocco. Ulteriore esempio di questo cristallizzarsi della pittura di Gentileschi alle scelte fatte nel periodo romano è l’“Annunciazione” di Torino, da molti considerata il suo massimo capolavoro, sorta di ritorno al manierismo pre-caravaggesco, ma con l’aggiunta di un’attenta descrizione dei dettagli figlia dello studio delle opere di pittori fiamminghi fatta a Genova, soprattutto incentrata sui dipinti di Van Dyck. A metà degli anni Venti è a Parigi al servizio della regina madre Maria de’ Medici, mentre dal 1626 è a Londra. Qui è “autore dei quadri di sua maestà” che lo ricompensa con alte cifre. A quest’ultimo periodo risalgono opere come il “Riposo dalla Fuga in Egitto”, “Mosè salvato dalle acque”, le “Muse”, e altri, tutte ancora dominate dalla cultura e dalla raffinatezza del periodo manierista. Orazio muore proprio a Londra il 7 febbraio del 1639 nonostante le cure della figlia Artemisia.