Federico da Montefeltro a Gubbio
Courtesy of Francesco di Giorgio Martini |
Studiolo Gubbio
25/02/2004
“Quel giorno mi trovavo a Gubbio per trarre coraggio e fiducia alla vista delle grandi opere dell’uomo. [...] La grandiosa, quasi temeraria audacia di questa architettura produce un effetto quasi sbalorditivo e ha qualcosa di inverosimile e conturbante. Si crede di sognare o di trovarsi di fronte a uno scenario teatrale e bisogna continuamente persuadersi che invece tutto è lì, fermo e fissato nella pietra.” Con queste parole Hermann Hesse comunica perfettamente il fascino e l’emozione che l’antica città di Gubbio offre al suo visitatore. Girando tra i vicoli di questo gioiello medievale perfettamente intatto, spesso ci si dimentica che in pieno ‘400 questa cittadina, collocata in una posizione strategica, confine meridionale del Montefeltro, era importante centro sia politico che culturale.
Avventurandosi per la splendida Via della Cattedrale, costeggiando il Parco Ranghiasci Brancaleoni si arriva alla testimonianza più evidente lasciata qui dai Montefeltro durante il loro dominio (1384-1632): il Palazzo Ducale.
La sua commissione si deve a Federico da Montefeltro, succeduto nel 1444 al fratellastro Oddantonio, morto in seguito ad una congiura. Eugubino di nascita, Federico manifestò sempre un particolare attaccamento alla sua città natale; qui trascorse brevi periodi di riposo e fece riesiedere la sua seconda moglie, Battista Sforza, con tutta la sua corte. Donna di eccezionale cultura e di gran talento, ritratta con il marito da Piero della Francesca nelle due celebri tavole degli Uffizi, Battista diede alla luce a Gubbio il tanto atteso erede, chiamato Guidobaldo proprio in omaggio al santo patrono della città.
I documenti fissano al 1476 l’arrivo di Francesco di Giorgio Martini a Gubbio; a lui Federico da Montefeltro assegna il compito di creare la propria residenza nella parte alta della città, di fronte alla Cattedrale. Il Palazzo Ducale fu realizzato in un luogo di altissima portata simbolica, lì dove sorgeva l’antica “platea comunis”, centro nevralgico della vita cittadina e sede delle più antiche tradizioni comunali prima della creazione del Palazzo dei Consoli e del Palazzo del Podestà (XIV sec.). La “platea comunis” era delimitata dal Palazzo della Guardia, da una torre e da un altro edificio di forma quadrata. Il sorprendente riadattamento dell’antica area attraverso una sintesi di tradizione e sperimentazione, sottolinea ancora una volta la grandezza dell’architetto senese. Il rispetto per le preesistenze architettoniche e per l’aspetto medievale della città è riassunto, oltre che dalla ripresa forma dell’antica platea, dall’adozione, per il prospetto principale della residenza ducale, della facciata gotica del palazzo della Guardia. L’uso scenografico delle asimmetrie del cortile ma anche di alcuni ambienti interni parla esplicitamente di uno spazio urbano riconfigurato. Le nuove soluzioni architettoniche e decorative permeano invece visibilmente l’interno del palazzo, caratterizzato da una spiccata severità di disegno e di iconografia. Ma la storia degli ambienti interni del palazzo è purtroppo segnata da vicende di abbandoni e vendite che scandalizzarono, già dall’800, non solo gli eugubini ma anche alcuni visitatori stranieri. La perdita che maggiormente colpisce riguarda il famoso studiolo, voluto da Federico, e originariamente collocato in un’ala del palazzo fatta costruire appositamente per ospitarlo (ciò sottolinea l’importanza che questo genere di ambiente aveva per un uomo di cultura come Federico). Lo studiolo era costituito da rivestimenti ad intarsio che seguono quasi alla lettera lo schema di quello urbinate, con la serie di finti sedili ed armadi a muro. Anche negli oggetti esposti si riconoscono i medesimi attributi alludenti all’equilibrio tra arma e litterae. Del complesso facevano inoltre parte delle tavole, probabilmente dipinte da Giusto di Gand, rappresentanti le personificazioni delle arti, davanti alle quali sono inginocchiate figure di profilo. L’unità dello studiolo viene quindi ulteriormente enfatizzata dall’iscrizione lignea del fregio che percorre tutta la stanza ove si parla di uomini d’ingegno inginocchiati davanti alle proprie madri.
La sapiente opera di Francesco di Giorgio sarebbe da ravvisare anche nel controllo dell’esecuzione dello studiolo. Purtroppo l’unico modo per vedere questa magnifica opera d’arte è recarsi al Metropolitan Museum di New York (l’acquisto risale al 1939), mentre per quanto riguarda i dipinti, due sono a Berlino ed altri due alla National Gallery di Londra (dei restanti non si ha notizia). Un peccato davvero non poter fruire in questa cittadina, la cui testimonianze storiche medievali sono così perfettamente intatte, di un brano tanto importante per la sua storia di centro artistico, oltre che politico, del ‘400.
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