Hotel Nomade

Hotel Nomade
 

29/09/2003

Hotel Nomade è un titolo che racchiude in sé un sottile paradosso, un'opposizione in termini se vogliamo, perché associa la sosta al vagare, il fermarsi allo spostarsi. Benchè il luogo dell'hotel sia una parte così rilevante di un viaggio capita che esso finisca nella parte più taciuta dei ricordi del viaggiatore, ricordi condensati preferibilmente attorno a luoghi e persone che, si presume, abbiano dato un senso al proprio percorso. Questa è la prima cosa che colpisce del libro di Cees Nooteboom, l'aver fatto parlare i muri delle stanze d'albergo in cui ha dimorato (e – come si dice – "se i muri potessero parlare…"), e l'aver esaminato, scrutato con piglio filosofico la pregnante natura di questi luoghi di passaggio. Il suo libro nasce durante i numerosi viaggi ma ancor più durante le soste negli alberghi, quando tutte le sfumature delle immagini esterne si delineano con contori più netti sui fogli del taccuino, nel momento della riflessione e introspezione che quasi sempre accompagna l'ingresso nelle camere d'albergo a fine giornata. Quando la dimensione dell'alterità è ancora più percepibile perché è negli hotel che maggiormente ci si sente ospiti in terra straniera. Le stanze di Nooteboom sono reali e metaforiche, stanze del corpo e dell'anima, modeste e superlative in uno stesso tempo. E' qui che si risveglia la vivida memoria di una vita spesa viaggiando. Dal Mali alla Bolivia, dal Gambia al Marocco, al Messico, tutti luoghi accomunati da uno stesso destino di povertà. Ecco dove Nooteboom colpisce nuovamente. La scelta dei suoi viaggi appare segnata da un filo invisibile, che poi si scopre essere il leit motiv del libro, una predisposizione all'eccesso per nulla compassionevole. Quelle che l'autore vuole scoprire, guardare, fotografare sono realtà estreme, paesi a rischio, ai limiti della sopravvivenza, e mondi che non esistono finchè non ne vieni a conoscenza e che non credi possano ancora esistere. Come i berberi del Messico o gli incas e i quechua della Bolivia. Realtà forse poco turistiche ma di una bellezza superiore che sfida il senso estetico comune. Ci può essere bellezza nella desolazione? E' questo il paradosso inesplicabile dei viaggi di Nooteboom. "In questi paesaggi non c'è voluttà, né seduzione: non c'è niente di piacevole, a parte il fatto che io lo trovo piacevole". Sulla strada per Tinerhir, Marocco. La commozione di fronte a realtà così violentemente diverse sgorga nelle pagine del libro con una prosa fluente che sfocia in brani di pura poesia, come la descrizione commovente del Museo antropologico del Messico. Di fronte a tanta negazione di civiltà (nel senso meno denigratorio del termine) Nooteboom rimane esterefatto e, avviluppato in uno stato di umana rassegnazione di fronte a un mondo assolutamente indecifrabile, stila la più bella apoteosi dell'Alterità. CEES NOOTEBOOM Hotel Nomade "Traveller" Feltrinelli pp.184, euro 14,00.

 
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