IL PORTO DI TRAIANO
Porto di Traiano
25/02/2004
A poche centinaia di metri dalle infrastrutture dell’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Roma si trova l’area archeologica di Portus, ovvero il grande bacino che riforniva la capitale dell’Impero delle merci provenienti dalle provincie situate ai quattro angoli del Mediterraneo. La grande importanza del sito è dovuta tanto alla estensione dello stesso, quanto all’eccezionale importanza che esso riveste nello studio dell’organizzazione economica e logistica della Roma imperiale.
L’area è purtroppo oggi visitabile solo su prenotazione, per via della controversia che da anni contrappone il Ministero dei Beni Culturali alla famiglia Torlonia, tuttora proprietaria di una parte dei terreni sui quali si trova il sito, tra l’altro di straordinaria bellezza anche dal punto di vista naturalistico, benché l’habitat sia di formazione recente e di origine artificiale.
La zona è stata infatti completamente bonificata solo negli anni Trenta ed è il residuo del parco connesso alla grande villa dei Torlonia, che la utilizzavano anche come riserva di caccia, ed è stata modificata e in parte isolata dal tracciato della moderna Via Portuense.
Oggi Portus si trova a circa 3 km dalla costa e può essere interessante qualche cenno sulla storia della realizzazione dell’impianto portuale.
Roma disponeva già del porto di Claudio, realizzato intorno al 60 d.C, ma l’importanza e la quantità sempre maggiore di merci e derrate alimentari che dovevano sfamare una città che si espandeva di giorno in giorno, unite agli errori progettuali della struttura precedente che era soggetta ad insabbiamento del bacino, resero necessaria sotto il regno di Traiano la progettazione di un nuovo porto.
Alcune parti dell’impianto precedente vennero mantenute, come il faro e i due canali realizzati per impedire l’impaludamento in caso di alluvione e per alleggerire il Tevere.
Il nuovo complesso venne inaugurato nel 112, con il fulcro rappresentato dal bacino interno, scavato interamente nella terraferma a poca distanza dal Tevere.
Le navi entravano in questo bacino e qui venivano scaricate e le merci immagazzinate oppure direttamente trasbordate sulle piccole imbarcazioni, dette CAUDICARIAE, che risalivano il Tevere fino al cuore della città. Le attività portuali e i trasferimenti delle merci verso Roma non subivano interruzioni, mentre la navigazione marittima poteva contare su una media annua di 180/190 giorni favorevoli.
A partire dal IV secolo le incursioni barbariche resero necessaria la realizzazione di mura difensive che, con l’aggravarsi della situazione, furono rafforzate solo nel settore di sud-est, costituendo il cosiddetto castello di Porto : vennero progressivamente abbandonati i magazzini in quanto era più sicuro trasportare le merci immediatamente verso Roma. Le modifiche nella morfologia del territorio, l’avanzamento della costa e la mancanza di manutenzione conseguente al tracollo economico e politico di Roma portarono abbastanza rapidamente all’impaludamento dell’area e alla ricolmatura quasi completa del bacino, che in epoca medievale fu parzialmente adibito dalla diocesi all’allevamento di pesci per osservare il precetto del venerdì.
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