L'altare svelato

Ara pacis
 

21/04/2006

Nel giorno del Natale di Roma, a seguito di un’affollatissima conferenza stampa, riapre ufficialmente l’Ara Pacis  e il suo nuovo Museo. Il museo è la prima opera di architettura realizzata nel centro storico della città dalla caduta del fascismo. Il progetto curato dallo studio Richard  Meier & Partner Architects, lo studio americano noto per la progettazione dei più prestigiosi musei degli ultimi decenni,  è stato compiuto sotto la direzione del Comune di Roma e della Sovrintendenza ai Beni Culturali.

Il complesso museale concepito per essere permeabile e trasparente all’ambiente esterno, è composto di una gradinata di accesso che sovrasta il dislivello tra via di Ripetta e il Lungotevere, da un atrio di ingresso, dalla biglietteria e da un bookshop.

Dalla scalinata si accede allo straordinario Padiglione centrale, contenuto nella lumonisità dei lucernari e dei cristalli filtranti. Sono stati utilizzati oltre 1500 metri quadrati di vetro temperato, ridotti in grandi lastre per garantire la massima visibilità. E di notte, l’effetto di illuminazione della nuova teca assicurerà lo splendore del monumento.

L’intervento avveniristico su di uno dei monumenti più cari ai romani, ha suscitato molte polemiche in passato e probabilmente continuerà ad accendere gli animi. Un fatto è certo, tutta l’operazione di restauro e di impacchettamento dell’Ara, vale la pena di essere osservata. E non ripensando alla fiaba dell’abito dell’imperatore, il vestito c’è e si vede pure, ma cercando di entrare nella sfida della modernità che accoglie e cerca di curare l’antico.

A proposito di materiali, la massima attenzione e qualità. Il travertino, che immacolato abbaglia lo sguardo e ci riporta al bianco Eur, proviene dalle stesse cave utilizzate per la realizzazione di Piazza Augusto Imperatore negli anni Trenta, ed è stato lavorato con la tecnica “a spacco”. Infine grande enfasi all’illuminazione interna ed esterna.

Uno spazio importante viene restituito a Roma, siamo tutti invitati a visitarlo per immergerci nei tempi del dialogo architettonico  della città.