La collezione di Stefano Borgia

 

28/05/2001

Nell’estate del 1785 e nella primavera dell’anno successivo un viaggiatore polacco, Augusto Federico Moszynski, aristocratico, architetto, collezionista e conoscitore d’arte e d’antichità, fece visita due volte a Stefano Borgia (1731-1804), nel palazzo di Propaganda Fide a Roma e in quello di famiglia a Velletri. Fu profondamente colpito dalle antichità egizie, indiane, copte, dai bassorilievi greci, dalle statuine etrusche, in generale dalla miriade di oggetti d’arte e d’artigianato che il cardinale aveva raccolto nel suo gabinetto privato. Il 22 febbraio del 1787 un viaggiatore più illustre, Wolfgang Goethe, si fermò a Velletri nel viaggio da Roma a Napoli. Egli ammirò nel “museo” della cittadina laziale le divinità egizie scolpite in una pietra eccezionalmente dura, le figure in metallo di diverse epoche, i bassorilievi in terracotta rinvenuti nei dintorni di Velletri, due calamai cinesi. Altri turisti e uomini di cultura meno noti si interessarono in quegli stessi anni alle epigrafi, alle monete, alla straordinaria raccolta di dipinti medievali che il prelato aveva messo su. Racchiudere il mondo in una casa, raccogliere in un palazzo le tracce di civiltà e culture disperse, seguirne le scie attraverso oggetti diversi, nobili e meno nobili, preziosi nella loro unicità: fu questo l’intento del cardinale. Segretario della Congregazione di Propaganda Fide, fulcro della politica missionaria della Chiesa cattolica nel mondo, il Borgia sollecitò l’invio di opere da Paesi allora fuori dalle rotte tradizionali del collezionismo (eurocentrico e tradizionalmente legato al culto dell’antichità classica e rinascimentale) e si mosse, facendo opera di degerarchizzazione, secondo la predilezione “curiosa” (estremamente diffusa in ambito italiano, francese e britannico) per le antiche testimonianze di vita quotidiana, quasi di storia “materiale” (giocattoli, utensili domestici, oggetti votivi) tanto dei secoli remoti quanto dell’epoca contemporanea. Si trattava in massima parte di oggetti collezionati non tanto per il valore estetico quanto per quello documentario ed etnologico, depositari non di bellezza ma di storia. Alla fine del Settecento, quando la pratica del Grand Tour e il primato del neoclassicismo fecero di Roma la meta finale del pellegrinare di intenditori e di artisti, il gabinetto privato di Stefano Borgia divenne così uno dei luoghi d’incontro e di discussione più all’avanguardia in materia di archeologia, di arte antica, di etnologia e antropologia. Lo rimase fino alla morte del cardinale, nel 1804, quando gli eredi, estranei agli interessi del defunto, cominciarono a trattare per la vendita dei pezzi migliori della collezione. Nel 1814, a pochi mesi dalla caduta di Napoleone Bonaparte, Gioacchino Murat ne decise l’acquisizione per il Museo d’Antichità di Napoli. Alla sua partenza dall’Italia, Ferdinando di Borbone, tornato sul trono delle Due Sicilie, avallò il passaggio di proprietà. A due secoli di distanza, e dopo un paziente e impegnativo lavoro archivistico, la collezione viene ricomposta per la prima volta in una interessantissima mostra. I circa quattrocento pezzi esposti, molti dei quali inediti, restituiscono l’itinerario all’interno della casa-museo del cardinale, ricostruita negli ambienti del Palazzo Comunale di Velletri (fino al 3 giugno) e in quelli del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (dal 23 giugno), con attenzione filologica alla disposizione originaria. Il percorso si snoda dal Mondo Antico al Mondo Nuovo attraverso l’Oriente, le curiosità geografiche, ed autentiche rarità per il collezionismo dell’epoca (un tamburo lappone, un altarolo portatile indiano, stupendi acquerelli cinesi). Vero crogiolo dei saperi, testimonianza di una cultura enciclopedica e universalistica, è lo Studio, con la rara serie dei codici nelle diverse lingue. Conclude l’itinerario il “Museo Sacro”, con dipinti medievali, oggetti di oreficeria, suppellettile sacra, avori, vetri: testimonianze storiche del cristianesimo. Preceduta da un convegno internazionale, la mostra, curata da Anna Germano e Marco Nocca, coinvolge le principali istituzioni attualmente depositarie delle raccolte (la gran parte dei pezzi proviene dal Museo Archeologico di Napoli, i dipinti vengono per lo più dal palazzo di Propaganda Fide, i manoscritti dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, numerosi oggetti dal Museo Pigorini) e costituisce la tappa finale delle Manifestazioni Borgiane, ideate dal Museo Civico Archeologico di Velletri in occasione del Grande Giubileo del 2000. Il sogno interrotto del cardinale – ricostruire nel suo universo domestico una stupefacente polifonia di tradizioni e culture – prefigura una civiltà dei popoli realizzata nella tolleranza, nella civile convivenza e nel rispetto dell’altro: la prefigurazione di una società multiculturale e multietnica che è il nostro presente. La collezione Borgia. Curiosità e Tesori da ogni parte del mondo. Dal 31 marzo al 3 giugno 2001 Velletri, Palazzo Comunale, P.zza C. Ottaviano Augusto 1 Orario: mart-dom 9-14 e 15-19.30 Informazioni e prenotazioni: tel. 06-692050205: fax 06-69942202 Biglietto: intero £ 10000; ridotto £ 6000; studenti £2000 Sito internet: www.velletrimuseo.com La mostra prosegue dal 23 giugno al 16 settembre 2001 al Museo Nazionale Archeologico di Napoli.

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