La Regina Viarum guarda al futuro
La Via Appia è Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Tutto sul nuovo sito Unesco
Appia Antica, Roma
Francesca Grego
29/07/2024
Per il mondo antico fu un’autentica rivoluzione: una strada lunga circa 500 chilometri distesa tra Roma e Brindisi, all’epoca il principale porto veros la Grecia e l’Oriente; una via publica, dunque non soggetta a pedaggi, praticabile indipendentemente dalle condizioni meteo grazie a innovative lastre di basalto rivestito, percorribile in entrambi i sensi su tutto il tracciato, dotata di marciapiedi, pietre miliari per indicare le distanze, stazioni per il cambio dei cavalli e alloggi per i viaggiatori. Per non parlare di ponti, viadotti e gallerie costruiti con tecniche d’avanguardia, superando in modo rapido e lineare l’ostacolo di fiumi, paludi e montagne. Insomma, senza l’Appia quella dei Romani sarebbe stata un’altra storia. E probabilmente anche la nostra.
Ecco perché l’iscrizione della Regina Viarum nella lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco era un traguardo tanto atteso, dopo la candidatura promossa dal Ministero della Cultura e il lavoro congiunto di quattro regioni (Lazio, Campagna, Basilicata e Puglia), 13 province e città metropolitane, 74 comuni, 14 parchi, 25 università, nonché il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede. Il responso è arrivato sabato 27 luglio durante la 46° sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale riunito a Nuova Delhi: la Via Appia è ufficialmente il 60° sito italiano nella prestigiosa lista Unesco. Si tratta di un sito di tipo seriale per il quale sono stati selezionati, lungo tutto il tracciato, i luoghi meglio conservati e le aree archeologiche più significative. E non sono mancate le polemiche per l’esclusione di singoli tratti dell’antica arteria, in particolare nelle province di Latina, Matera, Bari e Taranto.
Oltre al percorso stradale vero e proprio, fanno parte del sito Unesco dell’Appia opere ingegneristiche, monumenti, luoghi di culto, tombe, che rappresentano oggi espressioni tangibili dell’uso plurisecolare della via, per millenni luogo di memorie e crocevia di culture. Nelle motivazioni dell’iscrizione si legge che “la Via Appia costituisce la testimonianza eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà”, un “modello per la viabilità dell’epoca, che contribuì alla diffusione della civiltà urbana e all’unificazione culturale di tutte le genti del mondo romano”.
Villa dei Quintili, Parco Archeologico dell'Appia Antica, Roma
“La via fu la prima delle grandi strade che attraversavano l’Impero, costruita con tecniche ingegneristiche innovative, e costituisce un esempio straordinario di una tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico capace di illustrare una fase significativa nella storia umana, come stabilito dal criterio iv della Convenzione Unesco per la Protezione del Patrimonio Mondiale e Culturale del 1972“. Infine “le prime 12 miglia della strada, caratterizzate da famosissimi monumenti, costituiscono uno dei tratti dell’itinerario più celebrati nell’arte attraverso i secoli” e soddisfano perciò il VI criterio della Convenzione del ‘72, come scrive la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco.
Prima strada romana candidata per il prestigioso riconoscimento, l’Appia nacque per volontà del censore Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. con la funzione di collegare l’Urbe a Capua per scopi militari. Fino a quel momento, le strade erano poco più che sterrate e diventavano impraticabili a ogni pioggia. Non meraviglia, quindi, il successo della nuova opera, che venne estesa a più riprese fino a raggiungere prima Benevento e poi il porto di Brindisi, diventando motore di commerci, cultura e civiltà. Grazie alla costante manutenzione, la Regina Viarum - come la definì il poeta latino Stazio - rimase in perfetta efficienza fino al Medioevo, quando attraversò un periodo di abbandono nonostante l’importanza strategica nelle rotte di pellegrini e crociati. Nel XIV secolo divenne nuovamente la principale via di accesso al Sud dell’Italia. Completamente restaurata dai papi e dai re di Napoli, la strada fu inclusa da Napoleone tra gli itinerari essenziali per le sue attività politiche e militari.
Oggi l’Appia stupisce per la varietà e la bellezza dei suoi paesaggi, per la ricchezza dei siti archeologici che attraversa, per la perfezione di strutture ancora funzionali dopo duemila anni di storia, per la geniale modernità di soluzioni che ne fanno un’autostrada ante litteram, più affascinante e resistente dei suoi equivalenti contemporanei. Un patrimonio da scoprire in città - a Roma per esempio, dove negli ultimi anni la Regina Viarum è protagonista di numerose iniziative - o zaino in spalla sul Cammino dell’Appia Antica, in corso di valorizzazione, che include già nove itinerari da percorrere a piedi o in bicicletta tra Lazio, Campania, Puglia e Basilicata.
Un tratto della Via Appia I Courtesy Commissione Nazionale italiana per l'Unesco
Leggi anche:
• Simone Quilici: 3D, ologrammi e videomapping per raccontare l'Appia Antica
• A Roma parte il rilancio dell'Appia Antica. Ne parla Simone Quilici
Ecco perché l’iscrizione della Regina Viarum nella lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco era un traguardo tanto atteso, dopo la candidatura promossa dal Ministero della Cultura e il lavoro congiunto di quattro regioni (Lazio, Campagna, Basilicata e Puglia), 13 province e città metropolitane, 74 comuni, 14 parchi, 25 università, nonché il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede. Il responso è arrivato sabato 27 luglio durante la 46° sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale riunito a Nuova Delhi: la Via Appia è ufficialmente il 60° sito italiano nella prestigiosa lista Unesco. Si tratta di un sito di tipo seriale per il quale sono stati selezionati, lungo tutto il tracciato, i luoghi meglio conservati e le aree archeologiche più significative. E non sono mancate le polemiche per l’esclusione di singoli tratti dell’antica arteria, in particolare nelle province di Latina, Matera, Bari e Taranto.
Oltre al percorso stradale vero e proprio, fanno parte del sito Unesco dell’Appia opere ingegneristiche, monumenti, luoghi di culto, tombe, che rappresentano oggi espressioni tangibili dell’uso plurisecolare della via, per millenni luogo di memorie e crocevia di culture. Nelle motivazioni dell’iscrizione si legge che “la Via Appia costituisce la testimonianza eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà”, un “modello per la viabilità dell’epoca, che contribuì alla diffusione della civiltà urbana e all’unificazione culturale di tutte le genti del mondo romano”.
Villa dei Quintili, Parco Archeologico dell'Appia Antica, Roma
“La via fu la prima delle grandi strade che attraversavano l’Impero, costruita con tecniche ingegneristiche innovative, e costituisce un esempio straordinario di una tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico capace di illustrare una fase significativa nella storia umana, come stabilito dal criterio iv della Convenzione Unesco per la Protezione del Patrimonio Mondiale e Culturale del 1972“. Infine “le prime 12 miglia della strada, caratterizzate da famosissimi monumenti, costituiscono uno dei tratti dell’itinerario più celebrati nell’arte attraverso i secoli” e soddisfano perciò il VI criterio della Convenzione del ‘72, come scrive la Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco.
Prima strada romana candidata per il prestigioso riconoscimento, l’Appia nacque per volontà del censore Appio Claudio Cieco nel 312 a.C. con la funzione di collegare l’Urbe a Capua per scopi militari. Fino a quel momento, le strade erano poco più che sterrate e diventavano impraticabili a ogni pioggia. Non meraviglia, quindi, il successo della nuova opera, che venne estesa a più riprese fino a raggiungere prima Benevento e poi il porto di Brindisi, diventando motore di commerci, cultura e civiltà. Grazie alla costante manutenzione, la Regina Viarum - come la definì il poeta latino Stazio - rimase in perfetta efficienza fino al Medioevo, quando attraversò un periodo di abbandono nonostante l’importanza strategica nelle rotte di pellegrini e crociati. Nel XIV secolo divenne nuovamente la principale via di accesso al Sud dell’Italia. Completamente restaurata dai papi e dai re di Napoli, la strada fu inclusa da Napoleone tra gli itinerari essenziali per le sue attività politiche e militari.
Oggi l’Appia stupisce per la varietà e la bellezza dei suoi paesaggi, per la ricchezza dei siti archeologici che attraversa, per la perfezione di strutture ancora funzionali dopo duemila anni di storia, per la geniale modernità di soluzioni che ne fanno un’autostrada ante litteram, più affascinante e resistente dei suoi equivalenti contemporanei. Un patrimonio da scoprire in città - a Roma per esempio, dove negli ultimi anni la Regina Viarum è protagonista di numerose iniziative - o zaino in spalla sul Cammino dell’Appia Antica, in corso di valorizzazione, che include già nove itinerari da percorrere a piedi o in bicicletta tra Lazio, Campania, Puglia e Basilicata.
Un tratto della Via Appia I Courtesy Commissione Nazionale italiana per l'Unesco
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