Le tele accettate

 

25/05/2001

La “Crocefissione di Pietro” si presenta come una rigida composizione meccanica con i tre aguzzini a svolgere il ruolo di altrettante leve per issare la croce. I gruppi sono posti in diagonale e colpiti da una fonte di luce, esterna al dipinto come in altri numerosi dipinti di Caravaggio e proveniente dall’angolo in alto a sinistra, che mette in evidenza tutto ciò che vediamo in una scena di un realismo senza precedenti. Il santo prova ad alzarsi dalla croce mettendo in tensione i muscoli delle braccia e del busto; i suoi piedi sono trafitti dai chiodi mostrano le pieghe della pelle torturata. In maniera altrettanto vivida spiccano le rughe dell’unico aguzzino di cui si vede il volto e i celeberrimi piedi sporchi dell’uomo in basso sotto il peso della croce. La “Conversione di Saulo” collocata nella cappella Cerasi non ha più il cavallo in verticale ma in posizione statuaria al centro della scena: lo spazio occupato dall’animale è maggiore di quello per il santo a terra a braccia aperte. Rispetto alla tradizione il cavallo prende il posto del paesaggio. Altra grande differenza rispetto alla versione precedente è la totale assenza della figura divina e la mancanza di alcun accenno dell’ambiente circostante. Compare solo uno stalliere. Caravaggio ha eliminato l’apparizione. L’attimo colto dal pittore non è propriamente quello della conversione ma l’istante successivo: il cavallo è già calmo, non più imbizzarrito, mentre Saulo sembra risvegliarsi dallo svenimento. Non si può dimenticare che sia il committente Tiberio Cerasi che il collezionista Giacomo Sannesio erano vicini alle idee di Federico Borromeo con le quali si allineava anche il pittore. La parte con il muso del cavallo nella tela della “Crocefissione di Pietro” viene fortemente evidenziata: il morso, in quanto allegoria dell’umana ragione che modera e corregge la libidine, faceva parte dello stemma di famiglia della famiglia Borromeo. Ancora una volta la rozzezza e l’immediatezza caravaggesca, tanto in voga nell’800 romantico, è stata sconfessata da una puntuale ricostruzione iconologica di un contesto, che in questo caso, come in molti altri, ha rivelato gli elevati rimandi culturali dei dipinti di Caravaggio.