Da oggi al cinema “Il Peccato. Il furore di Michelangelo"
Michelangelo e Konchalovsky: storia di un incontro sul set
Dal film Il Peccato. Il furore di Michelangelo | Foto: Andrea De Fusco | Courtesy of Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema 01 Distribution
Francesca Grego
28/11/2019
Già i contemporanei scorsero nella sua opera i segni divini del genio ma, piaccia o non piaccia, Michelangelo va guardato prima di tutto nella sua umanità. È questo il messaggio del film Il Peccato. Il Furore di Michelangelo, con cui Andrei Konchalovsky consegna alla nostra memoria un ritratto inedito e forse un po’ dissacrante del maestro rinascimentale. Al cinema da oggi, giovedì 28 novembre, il lungometraggio indaga nella vita e nella personalità dell’artista partendo da un momento ben preciso: gli anni drammatici e concitati in cui l’Italia centrale è scossa dalle lotte tra i Medici e i Della Rovere, destinate a cambiare per sempre anche le strade dell’arte. Mentre il colto e gaudente Leone X succede all’ardito mecenate Giulio II sul soglio pontificio, Michelangelo si divide tra la colossale impresa della Cappella Sistina, l’ambizioso progetto per la tomba del papa uscente e le proposte di lavoro che gli arrivano da Firenze. Portare avanti una scelta tra pressioni contrastanti non è facile, e un carattere impulsivo non aiuta neppure un genio.
“Più che un film, Il Peccato è una visione, si ispira a un genere che fu molto popolare nel tardo Medioevo ed ebbe il suo culmine nella Divina Commedia di Dante. È come una sinfonia”, ha spiegato Konchalovsky, “Non volevo fare il Michelangelo che conoscono tutti, né un biopic. Così ho scelto alcuni periodi della sua vita e mi sono chiesto: cosa avrebbe scritto Dante su Michelangelo che, tra l’altro, conosceva a memoria la Divina Commedia come il vostro Benigni?”.
Anche la prima ispirazione è arrivata da un testo poetico. Caro m’è ‘l sonno e più l’esser di sasso, mentre che ‘l danno e la vergogna dura, fece dire il Buonarroti alla bellissima statua della Notte nella Sagrestia di San Lorenzo. Per il regista appassionato di scultura questi versi sono stati un’autentica folgorazione: “ho avuto voglia di capire perché Michelangelo fosse così pessimista nei confronti del suo periodo storico ed è iniziato un viaggio di ricostruzione tra gli intrighi politici, le vicende della sua vita e del mondo in cui era immerso. Mi sono immerso anch’io nei colori, negli odori, nelle abitudini di allora per restituire la vera vita di quei tempi durissimi”.
Konchalovsky ha scelto di girare Il Peccato interamente in Italia e con attori italiani, perché “un Michelangelo che parla inglese sarebbe stato ridicolo”. D’altronde qui il regista è quasi di casa: negli anni ha fatto incetta di nomination al Festival del Cinema di Venezia e conquistato tre Leoni d’Argento (Gran Premio della Giuria nel 2002 per Dom Durakov – La casa dei matti, miglior regia nel 2014 e nel 2016 rispettivamente con Le notti bianche del postino e Paradise). “Sono russo e per noi il nostro paese è sempre stato il paradiso. Ma il mio è anche un amore artistico”, dice. “Cinquant’anni fa girai i primi extra per I Girasoli di De Sica. Nel 1962 arrivai alla Mostra con un mio piccolo film e vennero a vederlo i vostri maestri: Pasolini, Antonioni, Rossellini. Quando si è giovani si è ingenuamente sicuri di se stessi. Oggi non so se saprei reggere l’emozione di quel confronto”.
Il cinema italiano gli è rimasto nel cuore e Il Peccato vuole essere anche un omaggio al Neorealismo. Da questo punto di vista risulta coerente la scelta di portare sul set numerosi attori non professionisti, come quelli che prestano il volto ai cavatori di marmo delle Alpi Apuane, “protagonisti del film al pari di Michelangelo”. Trovare l’attore giusto per impersonare il maestro toscano invece non è stato facile. “Mi hanno offerto tanti attori famosi e ogni volta rispondevo: ma non assomigliano a Michelangelo!”, racconta Konchalovsky: “Ho chiesto un attore con il naso rotto. Cercate tra i pugili, dicevo. Infine ho chiesto un attore che somigliasse a Pasolini, perché Michelangelo effettivamente gli assomiglia. E così ho scelto Alberto Testone, che ha interpretato Pasolini in un film: ho trovato che fosse la persona giusta sia fisicamente che nel carattere”.
“Non voglio vedere ritratti nell’inquadratura”, tuonava il maestro sul set: “Ho bisogno di gente con abiti sporchi, pieni di sudore, vomito, saliva. L’odore deve passare attraverso lo schermo e arrivare allo spettatore”. Bando anche alle rappresentazioni idealizzate che il cinema ha dato spesso del Rinascimento: un’epoca “sanguinosa e crudele, ma piena di ispirazione e bellezza”, da raccontare “in maniera naturale e non esotica”, pensando “al rumore degli zoccoli per strada e alla puzza che c’era in giro”. La promessa, possiamo anticipare senza timore, è stata mantenuta: il film pullula di spazzatura, deiezioni, nobili e plebei dai capelli bisunti, cadaveri decomposti, buoi e galline che si spingono fin sotto al marmo candido del Mosè ancora in lavorazione. “La poetica del film”, spiega il regista, “nasce dall’intreccio tra la barbarie e la straordinaria capacità dell’occhio umano di vedere la bellezza intramontabile del mondo e dell’uomo”.
Già, l’uomo. Chi è in definitiva il Michelangelo di Konchalovsky? “Un uomo del suo tempo con le sue superstizioni ed esaltazioni, il suo misticismo e la sua fede nei miracoli. Una persona terribile, maleducata, grezza. A volte si amano persone che non sono affatto buone e non riconosciamo, al contrario, che non sempre le persone buone ci piacciono. Ci sono insomma delle falle nella nostra coscienza ed è anche lì che si trova Dio”.
“Ho realizzato questo film in un’epoca che, come diceva il vostro Umberto Eco, ha sempre meno memoria”, conclude il regista: “Michelangelo merita di essere ricordato, ma al mio cinema interessa soprattutto l’umanità. Così sarei molto felice se, dopo aver visto Il Peccato, davanti a una scultura un giovane potesse dire: Michelangelo? Un tipo simpatico, mi piace!”.
Prodotto da Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema, Il Peccato. Il Furore di Michelangelo sarà nelle sale italiane da oggi, giovedì 28 novembre. Il backstage del film è raccontato nel libro Il peccato di Michelangelo a cura di Giulia Martinez, Edizioni Sabinae.
Leggi anche:
• Il Peccato. Il furore di Michelangelo – La nostra recensione
• Il Michelangelo di Konchalovsky: l’artista e i suoi capolavori nel film Il Peccato
• Michelangelo torna al cinema con Il Peccato di Konchalovsky
• FOTO - Il peccato. il furore di Michelangelo
• Trailer ufficiale del film Il Peccato
“Più che un film, Il Peccato è una visione, si ispira a un genere che fu molto popolare nel tardo Medioevo ed ebbe il suo culmine nella Divina Commedia di Dante. È come una sinfonia”, ha spiegato Konchalovsky, “Non volevo fare il Michelangelo che conoscono tutti, né un biopic. Così ho scelto alcuni periodi della sua vita e mi sono chiesto: cosa avrebbe scritto Dante su Michelangelo che, tra l’altro, conosceva a memoria la Divina Commedia come il vostro Benigni?”.
Anche la prima ispirazione è arrivata da un testo poetico. Caro m’è ‘l sonno e più l’esser di sasso, mentre che ‘l danno e la vergogna dura, fece dire il Buonarroti alla bellissima statua della Notte nella Sagrestia di San Lorenzo. Per il regista appassionato di scultura questi versi sono stati un’autentica folgorazione: “ho avuto voglia di capire perché Michelangelo fosse così pessimista nei confronti del suo periodo storico ed è iniziato un viaggio di ricostruzione tra gli intrighi politici, le vicende della sua vita e del mondo in cui era immerso. Mi sono immerso anch’io nei colori, negli odori, nelle abitudini di allora per restituire la vera vita di quei tempi durissimi”.
Konchalovsky ha scelto di girare Il Peccato interamente in Italia e con attori italiani, perché “un Michelangelo che parla inglese sarebbe stato ridicolo”. D’altronde qui il regista è quasi di casa: negli anni ha fatto incetta di nomination al Festival del Cinema di Venezia e conquistato tre Leoni d’Argento (Gran Premio della Giuria nel 2002 per Dom Durakov – La casa dei matti, miglior regia nel 2014 e nel 2016 rispettivamente con Le notti bianche del postino e Paradise). “Sono russo e per noi il nostro paese è sempre stato il paradiso. Ma il mio è anche un amore artistico”, dice. “Cinquant’anni fa girai i primi extra per I Girasoli di De Sica. Nel 1962 arrivai alla Mostra con un mio piccolo film e vennero a vederlo i vostri maestri: Pasolini, Antonioni, Rossellini. Quando si è giovani si è ingenuamente sicuri di se stessi. Oggi non so se saprei reggere l’emozione di quel confronto”.
Il cinema italiano gli è rimasto nel cuore e Il Peccato vuole essere anche un omaggio al Neorealismo. Da questo punto di vista risulta coerente la scelta di portare sul set numerosi attori non professionisti, come quelli che prestano il volto ai cavatori di marmo delle Alpi Apuane, “protagonisti del film al pari di Michelangelo”. Trovare l’attore giusto per impersonare il maestro toscano invece non è stato facile. “Mi hanno offerto tanti attori famosi e ogni volta rispondevo: ma non assomigliano a Michelangelo!”, racconta Konchalovsky: “Ho chiesto un attore con il naso rotto. Cercate tra i pugili, dicevo. Infine ho chiesto un attore che somigliasse a Pasolini, perché Michelangelo effettivamente gli assomiglia. E così ho scelto Alberto Testone, che ha interpretato Pasolini in un film: ho trovato che fosse la persona giusta sia fisicamente che nel carattere”.
“Non voglio vedere ritratti nell’inquadratura”, tuonava il maestro sul set: “Ho bisogno di gente con abiti sporchi, pieni di sudore, vomito, saliva. L’odore deve passare attraverso lo schermo e arrivare allo spettatore”. Bando anche alle rappresentazioni idealizzate che il cinema ha dato spesso del Rinascimento: un’epoca “sanguinosa e crudele, ma piena di ispirazione e bellezza”, da raccontare “in maniera naturale e non esotica”, pensando “al rumore degli zoccoli per strada e alla puzza che c’era in giro”. La promessa, possiamo anticipare senza timore, è stata mantenuta: il film pullula di spazzatura, deiezioni, nobili e plebei dai capelli bisunti, cadaveri decomposti, buoi e galline che si spingono fin sotto al marmo candido del Mosè ancora in lavorazione. “La poetica del film”, spiega il regista, “nasce dall’intreccio tra la barbarie e la straordinaria capacità dell’occhio umano di vedere la bellezza intramontabile del mondo e dell’uomo”.
Già, l’uomo. Chi è in definitiva il Michelangelo di Konchalovsky? “Un uomo del suo tempo con le sue superstizioni ed esaltazioni, il suo misticismo e la sua fede nei miracoli. Una persona terribile, maleducata, grezza. A volte si amano persone che non sono affatto buone e non riconosciamo, al contrario, che non sempre le persone buone ci piacciono. Ci sono insomma delle falle nella nostra coscienza ed è anche lì che si trova Dio”.
“Ho realizzato questo film in un’epoca che, come diceva il vostro Umberto Eco, ha sempre meno memoria”, conclude il regista: “Michelangelo merita di essere ricordato, ma al mio cinema interessa soprattutto l’umanità. Così sarei molto felice se, dopo aver visto Il Peccato, davanti a una scultura un giovane potesse dire: Michelangelo? Un tipo simpatico, mi piace!”.
Prodotto da Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema, Il Peccato. Il Furore di Michelangelo sarà nelle sale italiane da oggi, giovedì 28 novembre. Il backstage del film è raccontato nel libro Il peccato di Michelangelo a cura di Giulia Martinez, Edizioni Sabinae.
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