Monumenti malatestiani

Malatesta
 

14/03/2001

Il castello di Sigismondo andò ad inglobare alcune “Case malatestiane del Gattolo” che erano parte della donazione fatta nel 1216 dal Comune di Rimini alla famiglia in cambio della formale sottomissione al Comune stesso. Rimini, importante caposaldo strategico fin dall’Età Romana e per questo dotata di adeguate cinte murarie, fino al 1437, anno dell’inizio dei lavori, non ebbe una fortezza. Dalle fonti dell’epoca risulta che Sigismondo Pandolfo partecipò in prima persona alla progettazione del suo palazzo. Tale notazione non deve stupire: il Signore di Rimini fin dall’età di tredici anni impose il suo nome tra i più insigni condottieri del tempo, grazie a numerose esperienze belliche che lo arricchirono di una grande competenza che certamente fu messa al servizio della costruzione del castello imponendo alcune scelte tecniche e suggerendo gli espedienti difensivi più idonei. Negli stessi anni giunse a Rimini Filippo Brunelleschi, la cui figura è stata più volte associata alla fortezza: molto probabile che Sigismondo volesse confrontare le scelte costruttive e strutturali con un acclamato architetto del tempo. Sta di fatto che l’azione delle due grandi personalità portò, alla fine dei lavori (1446), un risultato di altissima qualità che elegge il Castello di Rimini come il più interessante tra quelli edificati in Italia nello stesso periodo. Tempio Malatestiano e Castel Sismondo sono avvicinabili inoltre per la testimonianza lasciataci da un altro artista dell’epoca, quel Matteo de’ Pasti, veronese, autore di celebri medaglie che raffigurano i due edifici, nonché esecutore dei progetti albertiani per il pantheon malatestiano. Particolarmente interessante una di quelle coniate per il Tempio, poiché su una delle facce presenta l’idea finale dell’arco trionfale sopra il timpano e la grande cupola, elementi mai realizzati e che hanno lasciato incompiuto il complesso architettonico, ma che torneranno entrambi nella chiesa di S. Andrea a Mantova realizzata dall’Alberti nel 1470. Per quanto concerne i restauri dei due monumenti bisogna precisare le differenti premesse: sul Tempio, già restaurato dopo il bombardamento della seconda guerra mondiale, si è intervenuto negli ultimi anni con relativa facilità. Opposto il caso del maniero quattrocentesco. Il dissolvimento dello Stato malatestiano dopo la morte di Sigismondo, portarono ad un progressivo decadimento di Castel Sismondo. Al XVI secolo risalgono le prime manomissioni, mentre sotto il papato di Urbano VIII Barberini (1622-44) furono ordinate consistenti demolizioni. Nel 1826 vennero colmati i fossati e rasa al suolo la fascia esterna dell’organismo riducendolo ad un terzo del nucleo originario. E’ evidente che da tale situazione di partenza i lavori di restauro che si sono susseguiti a più riprese negli ultimi trent’anni, e che termineranno per la fine dell’anno in corso, non hanno potuto far molto se non conservare quanto rimasto. Il castello tutt’oggi si presenta come un immenso rudere del quale non è facile percepire il pregio formale di un tempo.