Un progetto di ricerca fa luce sulle abitudini degli antichi romani
More, residui di pasti, antiche monete: il sistema idraulico del Colosseo restituisce una fotografia di duemila anni fa
Colosseo, Roma
Samantha De Martin
25/11/2022
Resti di castagne, fichi, pinoli, uva, noccioli di pesca e di susine, semi di melone, e poi residui dei pasti consumati dagli spettatori sulle gradinate durante gli spettacoli, spesso e volentieri carni, per lo più di maiale e di pecora, cotte al momento su bracieri improvvisati, insieme a qualche pizza e a verdure di ogni tipo.
E ancora ossa di animali come orsi di diversa taglia, impiegati probabilmente in spettacoli acrobatici, leoni, leopardi, daini, ma anche cani di piccola taglia, o anche più grandi, molto probabilmente costretti a lottare fra loro sull’arena, oppure oggetto delle venationes, le battute di caccia che, insieme con le lotte dei gladiatori, hanno intrattenuto per quasi duemila anni il popolo romano bramoso di panem et circenses. Per non parlare delle spezie, rinvenute sotto forma di piccoli semi, dal coriandolo al finocchio, e ancora l’anice, sfuggiti all’attacco del manganese, con il loro colore originario ancora ben visibile.
È solo parte della preziosa documentazione archeologica emersa in seguito alle ricerche nei collettori fognari del Colosseo, che testimonia le ultime fasi di vita dell’anfiteatro prima della “fine dei giochi” avvenuta nel 523 d.C. , seguita dal suo definitivo abbandono.
Collettore sud, Archivio Parco archeologico del Colosseo | Courtesy Parco archeologico del Colosseo
L'affascinante “bottino” restituito dal ventre del gigante voluto dai Flavi è stato al centro di una giornata di archeologia pubblica promossa dal Parco archeologico del Colosseo, finalizzata a presentare i risultati di un progetto di ricerca in merito al sistema idraulico e alle fogne dell’Anfiteatro Flavio. L’incontro, dal titolo Idraulica del Colosseo. Presentazione dei nuovi dati dalle ricerche nei collettori fognari si è svolto presso la Curia Iulia, alla presenza della direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, e degli esperti del gruppo di ricerca che ha lavorato all’indagine sotto la direzione scientifica di Martina Almonte, Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro.
Oggi è impossibile per i visitatori accedere a queste condotte sotterranee che conservano ancora tracce di uso e i bolli laterizi con la firma degli imperatori che ne promossero costruzioni e restauri, ma attraverso lo studio che ha coinvolto gli speleologi di Roma Sotterranea Srl – nell’ambito del finanziamento Grandi Progetti dei Beni Culturali – accanto ad architetti ed archeologi specializzati, anche i visitatori potranno idealmente intrufolarsi tra l'acqua, il fango e le mura antiche, per scoprire le abitudini che si consumavano in uno dei luoghi simbolo di Roma e dell'antichità.
Parte finale del collettore sud, archivio Parco archeologico del Colosseo | Courtesy Parco archeologico del Colosseo
“L’importante lavoro di ricerca promosso dal Parco, in collaborazione con i migliori istituti italiani e internazionali - spiega Alfonsina Russo, direttore del Parco archeologico del Colosseo - ha permesso di capire meglio il funzionamento del Colosseo per quanto riguarda l'assetto idraulico, ma anche di approfondire il vissuto e le abitudini di chi frequentava questo luogo durante le lunghe giornate dedicate agli spettacoli. Si è trattato di operazioni di scavo particolarmente delicate e complesse proprio perché svolte in una cavità artificiale. Abbiamo deciso di presentare tali risultati nell’ambito di una giornata di archeologia pubblica, aperta alla partecipazione di tutti, perché crediamo fortemente che tutte le nostre attività, dalla ricerca alla valorizzazione, debbano essere condivise con i cittadini e con le comunità. Si tratta del primo passo, cui senz'altro seguirà l'edizione scientifica e la pubblicazione dei dati”.
A dare il via alle attività di studio, iniziate a gennaio 2022, è stato lo scavo stratigrafico del collettore sud, con una delicata operazione di disostruzione di quasi 70 metri di canale con la raccolta di ampio materiale archeologico.
Tra i resti di piante spontanee, molto utili a sottolineare il grado di biodiversità del luogo, figurano le more e il sambuco accanto a frammenti di foglie di bosso e di alloro, piante sempreverdi che dovevano essere utilizzate per decorare le ricche scenografie o per ornare le aree limitrofe al Colosseo durante gli spettacoli.
Non sono mancati i ritrovamenti di carattere artificiale, come i dadi da gioco o oggetti d’uso personale, come uno spillone in osso lavorato, e ancora borchie, chiodini da scarpe e frammenti di cuoio, resti di rivestimento di pareti e pavimenti nonché un cospicuo numero di monete di età tarda, ben 53, tutte in bronzo ad eccezione di un sesterzio in oricalco di Marco Aurelio, ritrovato, in mediocre stato di conservazione, nella cloaca sud del Colosseo.
Emessa nel 170-171 d.C. per celebrare i dieci anni di regno dell’imperatore, con insito l’auspicio di poterne celebrare altri dieci, questa moneta che ritrae, su un lato, l’imperatore stante, capite velato, nell’atto di compiere un sacrificio incruento su un tripode, avrebbe dovuto un tempo stupire con la sua lucentezza. D’altra parte era abitudine per un imperatore ingraziarsi il popolo lanciando soldi proprio durante i giochi.
Fognone angolare, Archivio del Parco archeologico del Colosseo | Courtesy Parco archeologico del Colosseo
“I decennali si traducevano in giochi, feste per l’entourage imperiale e per il popolo di Roma - spiega l’archeologa Francesca Ceci -. Questa moneta ispirava fiducia per il suo valore e per il suo aspetto liberatorio di mezzo di scambio e per il carattere propagandistico dell’immagine stessa di Roma”.
Come sia arrivata la moneta dalle mani (o dalle tasche) della folla alla fogna resta un mistero, mentre le ipotesi si intrecciano alle suggestioni.
“Tra i vari sistemi per ingraziarsi la popolazione - continua Ceci - vi era quello di distribuire donativi di vario genere, in particolare nel corso dei ludi nell’anfiteatro. Possiamo immaginare, volando con la fantasia, le luccicanti monete in oricalco con il decennale lanciate sulla folla e una di queste, la nostra, caduta nella sabbia dell’arena e poi trascinata, unitamente al sangue di uomini e animali, nei condotti fognari, e lì depositatasi per lunghi secoli fino al ritrovamento da parte degli intrepidi archeologi contemporanei”.
Un ritrovamento sorprendente che testimonia, oltre 1500 anni più tardi, il fascino di quei giochi e di quei giorni.
L'arena vista dall'alto. Courtesy of Parco archeologico del Colosseo
E ancora ossa di animali come orsi di diversa taglia, impiegati probabilmente in spettacoli acrobatici, leoni, leopardi, daini, ma anche cani di piccola taglia, o anche più grandi, molto probabilmente costretti a lottare fra loro sull’arena, oppure oggetto delle venationes, le battute di caccia che, insieme con le lotte dei gladiatori, hanno intrattenuto per quasi duemila anni il popolo romano bramoso di panem et circenses. Per non parlare delle spezie, rinvenute sotto forma di piccoli semi, dal coriandolo al finocchio, e ancora l’anice, sfuggiti all’attacco del manganese, con il loro colore originario ancora ben visibile.
È solo parte della preziosa documentazione archeologica emersa in seguito alle ricerche nei collettori fognari del Colosseo, che testimonia le ultime fasi di vita dell’anfiteatro prima della “fine dei giochi” avvenuta nel 523 d.C. , seguita dal suo definitivo abbandono.
Collettore sud, Archivio Parco archeologico del Colosseo | Courtesy Parco archeologico del Colosseo
L'affascinante “bottino” restituito dal ventre del gigante voluto dai Flavi è stato al centro di una giornata di archeologia pubblica promossa dal Parco archeologico del Colosseo, finalizzata a presentare i risultati di un progetto di ricerca in merito al sistema idraulico e alle fogne dell’Anfiteatro Flavio. L’incontro, dal titolo Idraulica del Colosseo. Presentazione dei nuovi dati dalle ricerche nei collettori fognari si è svolto presso la Curia Iulia, alla presenza della direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, e degli esperti del gruppo di ricerca che ha lavorato all’indagine sotto la direzione scientifica di Martina Almonte, Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro.
Oggi è impossibile per i visitatori accedere a queste condotte sotterranee che conservano ancora tracce di uso e i bolli laterizi con la firma degli imperatori che ne promossero costruzioni e restauri, ma attraverso lo studio che ha coinvolto gli speleologi di Roma Sotterranea Srl – nell’ambito del finanziamento Grandi Progetti dei Beni Culturali – accanto ad architetti ed archeologi specializzati, anche i visitatori potranno idealmente intrufolarsi tra l'acqua, il fango e le mura antiche, per scoprire le abitudini che si consumavano in uno dei luoghi simbolo di Roma e dell'antichità.
Parte finale del collettore sud, archivio Parco archeologico del Colosseo | Courtesy Parco archeologico del Colosseo
“L’importante lavoro di ricerca promosso dal Parco, in collaborazione con i migliori istituti italiani e internazionali - spiega Alfonsina Russo, direttore del Parco archeologico del Colosseo - ha permesso di capire meglio il funzionamento del Colosseo per quanto riguarda l'assetto idraulico, ma anche di approfondire il vissuto e le abitudini di chi frequentava questo luogo durante le lunghe giornate dedicate agli spettacoli. Si è trattato di operazioni di scavo particolarmente delicate e complesse proprio perché svolte in una cavità artificiale. Abbiamo deciso di presentare tali risultati nell’ambito di una giornata di archeologia pubblica, aperta alla partecipazione di tutti, perché crediamo fortemente che tutte le nostre attività, dalla ricerca alla valorizzazione, debbano essere condivise con i cittadini e con le comunità. Si tratta del primo passo, cui senz'altro seguirà l'edizione scientifica e la pubblicazione dei dati”.
A dare il via alle attività di studio, iniziate a gennaio 2022, è stato lo scavo stratigrafico del collettore sud, con una delicata operazione di disostruzione di quasi 70 metri di canale con la raccolta di ampio materiale archeologico.
Tra i resti di piante spontanee, molto utili a sottolineare il grado di biodiversità del luogo, figurano le more e il sambuco accanto a frammenti di foglie di bosso e di alloro, piante sempreverdi che dovevano essere utilizzate per decorare le ricche scenografie o per ornare le aree limitrofe al Colosseo durante gli spettacoli.
Non sono mancati i ritrovamenti di carattere artificiale, come i dadi da gioco o oggetti d’uso personale, come uno spillone in osso lavorato, e ancora borchie, chiodini da scarpe e frammenti di cuoio, resti di rivestimento di pareti e pavimenti nonché un cospicuo numero di monete di età tarda, ben 53, tutte in bronzo ad eccezione di un sesterzio in oricalco di Marco Aurelio, ritrovato, in mediocre stato di conservazione, nella cloaca sud del Colosseo.
Emessa nel 170-171 d.C. per celebrare i dieci anni di regno dell’imperatore, con insito l’auspicio di poterne celebrare altri dieci, questa moneta che ritrae, su un lato, l’imperatore stante, capite velato, nell’atto di compiere un sacrificio incruento su un tripode, avrebbe dovuto un tempo stupire con la sua lucentezza. D’altra parte era abitudine per un imperatore ingraziarsi il popolo lanciando soldi proprio durante i giochi.
Fognone angolare, Archivio del Parco archeologico del Colosseo | Courtesy Parco archeologico del Colosseo
“I decennali si traducevano in giochi, feste per l’entourage imperiale e per il popolo di Roma - spiega l’archeologa Francesca Ceci -. Questa moneta ispirava fiducia per il suo valore e per il suo aspetto liberatorio di mezzo di scambio e per il carattere propagandistico dell’immagine stessa di Roma”.
Come sia arrivata la moneta dalle mani (o dalle tasche) della folla alla fogna resta un mistero, mentre le ipotesi si intrecciano alle suggestioni.
“Tra i vari sistemi per ingraziarsi la popolazione - continua Ceci - vi era quello di distribuire donativi di vario genere, in particolare nel corso dei ludi nell’anfiteatro. Possiamo immaginare, volando con la fantasia, le luccicanti monete in oricalco con il decennale lanciate sulla folla e una di queste, la nostra, caduta nella sabbia dell’arena e poi trascinata, unitamente al sangue di uomini e animali, nei condotti fognari, e lì depositatasi per lunghi secoli fino al ritrovamento da parte degli intrepidi archeologi contemporanei”.
Un ritrovamento sorprendente che testimonia, oltre 1500 anni più tardi, il fascino di quei giochi e di quei giorni.
L'arena vista dall'alto. Courtesy of Parco archeologico del Colosseo
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