Intervista a Matteo Curallo, autore delle musiche del film
Musica per Caravaggio: dentro la colonna sonora di “L’Anima e il Sangue”
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Suonatore di liuto, 1596 circa, Olio su tela, 119 x 94 cm, The State Hermitage Museum, Saint Petersburg
Francesca Grego
15/02/2018
È nato per osare e la sua audacia è contagiosa: è il Caravaggio di Matteo Curallo, eclettico produttore, compositore, sound designer e autore della colonna sonora dell’ultimo film d’arte di Sky che Nexo Digital porterà nelle sale cinematografiche italiane dal 19 al 21 febbraio.
Immagini spettacolari e un eccezionale viaggio nella storia del pittore non sono gli unici ingredienti di “Caravaggio – L’Anima e il Sangue”: è la musica ad amplificare l’emozione dell’incontro con un artista intenso e drammatico, mettendone in evidenza i chiaroscuri dell’anima.
“Con la sua personalità tormentata, Caravaggio ha rappresentato una grande fonte di ispirazione per il mio lavoro di musicista”, racconta Matteo che, oltre alla solida collaborazione con Sugarmusic di Caterina Caselli, ha all’attivo progetti per il cinema, il teatro e la pubblicità: “Rispetto alle colonne sonore di solito associate a prodotti audiovisivi di questo tipo, lavorare per un film su Caravaggio mi ha spinto a osare molto di più.
La grande poetica delle sue opere si accompagna a un movimentato vissuto in strada o nelle osterie della Roma del Seicento, alle situazioni scaturite dal suo carattere focoso e irascibile. Questi aspetti hanno offerto spunti preziosi per la colonna sonora”.
In che modo la tua musica entra in sintonia con l’universo visivo ed esistenziale di Caravaggio?
“Nel film è come se ci fossero due mondi musicali, ognuno dei quali rappresenta una dimensione diversa dell’esperienza di Caravaggio. Quella interiore - tumultuosa e ricca di contrasti – si esprime in suoni elettronici estremi, sonorità distorte, atmosfere particolarmente intense. I brani legati alla descrizione dei dipinti conservano invece un carattere più tradizionale.
Ma con il procedere del film questo rapporto si evolve all’insegna della contaminazione. Nell’ultima parte della sua vita Caravaggio è braccato e angosciato: il racconto delle opere non può restare immune alla potenza del suo stato emotivo. Penso, per esempio al David con la testa di Golia, in cui l’artista ha ritratto se stesso nella testa decapitata del gigante”.
Hai già composto le colonne sonore per “Firenze e gli Uffizi 3D”, “San Pietro e le Basiliche Papali di Roma 3D”, “Raffaello – Il Principe delle Arti” e stai preparando quella per “Michelangelo Infinito”, il quinto film d’arte targato Sky e Magnitudo.
Quali novità distinguono il tuo lavoro per “Caravaggio – L’Anima e il Sangue” rispetto a queste altre esperienze?
“Rispetto agli altri progetti, la personalità contrastata e libera di Caravaggio ci ha offerto spazi per sperimentare senza precedenti, dai codici visivi a quelli musicali. Si tratta di un artista rivoluzionario, molto in sintonia con la sensibilità contemporanea. Ha un fascino che attrae anche ragazzi molto giovani, proprio perché rappresenta una figura di rottura e ha un sentire fortemente moderno.
Con Michelangelo posso dire che stiamo proseguendo sulla strada della contaminazione, ma in modo meno estremo: cerco con delicatezza di unire alla tradizione suoni più attuali per restituire i suoi tormenti personali e artistici. In tutti i casi, al centro della musica ci sono sempre il cuore e l’emotività”.
Ci sono nel film momenti in cui consigli di tendere l’orecchio con attenzione speciale?
“Difficile scegliere. Sicuramente il focus sulle Sette Opere di Misericordia, nella seconda parte del film, e quello sulla Vocazione di San Matteo, un dipinto che non poteva non ispirarmi perché è già da solo un capolavoro cinematografico: perfino un premio Oscar come Vittorio Storaro ha raccontato come questo quadro abbia cambiato radicalmente il suo lavoro di direttore della fotografia. O, ancora, il capitolo dedicato alla Morte della Vergine, in cui l’artista ha stravolto le regole della pittura del suo tempo, usando tra l’altro come modella una prostituta annegata.
A tutto ciò si aggiungono i momenti evocativi dei moti dell’animo di Caravaggio, occasioni stimolanti e anche divertenti per utilizzare linguaggi musicali fortemente contemporanei come l’elettronica e la techno, che non si incontrano spesso in documentari di questo tipo.
Nell’evocazione finale, il main theme e la voce del violoncello si mescolano a sonorità elettroniche molto potenti, mentre nel capitolo dedicato alle donne di Caravaggio un accompagnamento musicale essenziale ma intenso sottolinea la dimensione lirica”.
Se Caravaggio fosse musica, che musica sarebbe?
“Una domanda davvero difficile! Saper veramente rispondere significherebbe avere delle grandissime idee musicali.
Verrebbe da citare la carica dirompente del punk, ma Caravaggio ha anche un’abilità tecnica sopraffina e uno spessore inarrivabile.
Oggi potrei immaginarlo come un profondo innovatore, in grado di unire orchestra e musica elettronica in un mix di espressiva raffinatezza. Ma soprattutto di aggiungere alla visione di uno sperimentatore d’avanguardia la capacità di essere popolare nel senso migliore del termine, di colpire la sensibilità e suscitare la passione di tante persone”.
Leggi anche:
• Le emozioni di Caravaggio sul grande schermo
• Caravaggio - L'Anima e il Sangue. La nostra recensione
• Caravaggio - L'Anima e il Sangue: parla la sceneggiatrica Laura Allievi
• Claudio Strinati racconta il Caravaggio di "L'Anima e il Sangue", il nuovo film d'arte di Sky
• Un Caravaggio come non lo avete mai visto: ne parla Jesus Garcés Lambert, regista del film
Immagini spettacolari e un eccezionale viaggio nella storia del pittore non sono gli unici ingredienti di “Caravaggio – L’Anima e il Sangue”: è la musica ad amplificare l’emozione dell’incontro con un artista intenso e drammatico, mettendone in evidenza i chiaroscuri dell’anima.
“Con la sua personalità tormentata, Caravaggio ha rappresentato una grande fonte di ispirazione per il mio lavoro di musicista”, racconta Matteo che, oltre alla solida collaborazione con Sugarmusic di Caterina Caselli, ha all’attivo progetti per il cinema, il teatro e la pubblicità: “Rispetto alle colonne sonore di solito associate a prodotti audiovisivi di questo tipo, lavorare per un film su Caravaggio mi ha spinto a osare molto di più.
La grande poetica delle sue opere si accompagna a un movimentato vissuto in strada o nelle osterie della Roma del Seicento, alle situazioni scaturite dal suo carattere focoso e irascibile. Questi aspetti hanno offerto spunti preziosi per la colonna sonora”.
In che modo la tua musica entra in sintonia con l’universo visivo ed esistenziale di Caravaggio?
“Nel film è come se ci fossero due mondi musicali, ognuno dei quali rappresenta una dimensione diversa dell’esperienza di Caravaggio. Quella interiore - tumultuosa e ricca di contrasti – si esprime in suoni elettronici estremi, sonorità distorte, atmosfere particolarmente intense. I brani legati alla descrizione dei dipinti conservano invece un carattere più tradizionale.
Ma con il procedere del film questo rapporto si evolve all’insegna della contaminazione. Nell’ultima parte della sua vita Caravaggio è braccato e angosciato: il racconto delle opere non può restare immune alla potenza del suo stato emotivo. Penso, per esempio al David con la testa di Golia, in cui l’artista ha ritratto se stesso nella testa decapitata del gigante”.
Hai già composto le colonne sonore per “Firenze e gli Uffizi 3D”, “San Pietro e le Basiliche Papali di Roma 3D”, “Raffaello – Il Principe delle Arti” e stai preparando quella per “Michelangelo Infinito”, il quinto film d’arte targato Sky e Magnitudo.
Quali novità distinguono il tuo lavoro per “Caravaggio – L’Anima e il Sangue” rispetto a queste altre esperienze?
“Rispetto agli altri progetti, la personalità contrastata e libera di Caravaggio ci ha offerto spazi per sperimentare senza precedenti, dai codici visivi a quelli musicali. Si tratta di un artista rivoluzionario, molto in sintonia con la sensibilità contemporanea. Ha un fascino che attrae anche ragazzi molto giovani, proprio perché rappresenta una figura di rottura e ha un sentire fortemente moderno.
Con Michelangelo posso dire che stiamo proseguendo sulla strada della contaminazione, ma in modo meno estremo: cerco con delicatezza di unire alla tradizione suoni più attuali per restituire i suoi tormenti personali e artistici. In tutti i casi, al centro della musica ci sono sempre il cuore e l’emotività”.
Ci sono nel film momenti in cui consigli di tendere l’orecchio con attenzione speciale?
“Difficile scegliere. Sicuramente il focus sulle Sette Opere di Misericordia, nella seconda parte del film, e quello sulla Vocazione di San Matteo, un dipinto che non poteva non ispirarmi perché è già da solo un capolavoro cinematografico: perfino un premio Oscar come Vittorio Storaro ha raccontato come questo quadro abbia cambiato radicalmente il suo lavoro di direttore della fotografia. O, ancora, il capitolo dedicato alla Morte della Vergine, in cui l’artista ha stravolto le regole della pittura del suo tempo, usando tra l’altro come modella una prostituta annegata.
A tutto ciò si aggiungono i momenti evocativi dei moti dell’animo di Caravaggio, occasioni stimolanti e anche divertenti per utilizzare linguaggi musicali fortemente contemporanei come l’elettronica e la techno, che non si incontrano spesso in documentari di questo tipo.
Nell’evocazione finale, il main theme e la voce del violoncello si mescolano a sonorità elettroniche molto potenti, mentre nel capitolo dedicato alle donne di Caravaggio un accompagnamento musicale essenziale ma intenso sottolinea la dimensione lirica”.
Se Caravaggio fosse musica, che musica sarebbe?
“Una domanda davvero difficile! Saper veramente rispondere significherebbe avere delle grandissime idee musicali.
Verrebbe da citare la carica dirompente del punk, ma Caravaggio ha anche un’abilità tecnica sopraffina e uno spessore inarrivabile.
Oggi potrei immaginarlo come un profondo innovatore, in grado di unire orchestra e musica elettronica in un mix di espressiva raffinatezza. Ma soprattutto di aggiungere alla visione di uno sperimentatore d’avanguardia la capacità di essere popolare nel senso migliore del termine, di colpire la sensibilità e suscitare la passione di tante persone”.
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