Il latte dei sogni: al via 23 aprile l’edizione 59 dell’Esposizione Internazionale d’Arte
Nell'universo onirico di Leonora Carrington, la musa surrealista della Biennale d'Arte 2022
Leonora Carrington, Self-Portrait (Inn of the Dawn Horse), 1937-38, Olio su tela, 81.2 x 65 cm, New York, Metropolitan Museum of Art
Samantha De Martin
10/06/2021
Che cos’è che lega la Biennale d’Arte di Venezia 2022 a un universo fantastico popolato da bambini che perdono la testa, avvoltoi intrappolati nella gelatina fino a sembrare frutti e macchine carnivore?
Il punto di congiunzione di chiama Leonora Carrington, l’artista scrittrice scomparsa nel 2011 - nota per le sue visioni allucinate, creature ibride e mutanti raccontate in uno stile onirico che pare fosse l’incubo di adulti e bambini - pronta a sbarcare in laguna per dare il titolo alla 59esima Esposizione Internazionale d’Arte.
Titolo tanto suggestivo quanto evocativo: Il latte dei sogni, lo stesso di un libro della pittrice britannica le cui creature fantastiche riecheggiano nel tentativo di numerosi artisti contemporanei di immaginare una condizione post-umana popolata da esseri permeabili, ibridi, molteplici, protagonisti di viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e le definizioni dell’umano.
“La più importante artista surrealista donna”
“Una poesia che cammina, che a un tratto sorride e si trasforma in un uccello e poi in un pesce, e scompare”. Era questa Leonora Carrington per il poeta Octavio Paz, mentre Dalì l’aveva incoronata “la più importante artista surrealista donna”. Perché proprio lei, la scrittrice e pittrice di Lancaster, regina di un universo abitato da cavalli, tartarughe, gatti giganteschi, dove il sogno, l’irrazionale, l’inconscio si intrecciano per produrre storie di cannibalismo e follia, era un punto di riferimento per i surrealisti, ma soprattutto per le femministe.
Leonora Carrington, El mundo mágico de los mayas, 1964, Città del Messico, Museo Nacional de Antropología
"Le donne devono riappropriarsi dei loro diritti, inclusi quei poteri misteriosi che da sempre sono stati nostri e che nel corso del tempo gli uomini hanno violato, rubato o distrutto”. La pensava così l’artista ribelle, legata sentimentalmente anche a Max Ernst, quasi 70 anni trascorsi in Messico dove, nel 1963, per realizzare un murale aveva visitato, in sella a un cavallo, i villaggi del Chiapas, tra zone desolate e inospitali. I nativi non le avevano permesso di scattare fotografie, e lei non si era persa d’animo, facendo ricorso a schizzi e disegni, rielaborati dalla sua fervida immaginazione, per documentare i loro costumi.
La pittrice che traeva ispirazione da Virgilio, Dante, Shakesperare, Magritte - autori che avevano fatto della riflessione surrealista sul sogno un tema letterario e pittorico - si ritraeva spesso in forma di manichino, o con una maschera, quasi a denunciare il mancato riconoscimento, in ambito artistico, della figura dell'artista-donna, libera di creare.
Leonora Carrington, The Old Maids, 1947, © Estate of Leonora Carrington / ARS, NY and DACS, London 2019, UEA 27. Sainsbury Centre for Visual Arts, University of East Anglia | Foto: © James Austin
“Il latte dei sogni” di Leonora Carrington e la Biennale d’Arte 2022
Dal suo Messico, dove risiede fino alla morte, avvenuta il 26 maggio 2011 all'età di 94 anni, l’artista dal fascino innocente e perverso che incarna l'ideale surrealista della femme-enfant, approda a Venezia, protagonista della Biennale d’Arte 2022. In che modo ce lo spiega Cecilia Alemani, curatrice della 59esima Esposizione Internazionale d’Arte che sbarcherà negli spazi dei Giardini, dell’Arsenale e in vari luoghi della città dal 23 aprile al 27 novembre prossimi.
“La mostra prende il nome da un libro dell’artista surrealista che negli anni Cinquanta in Messico immagina e illustra favole misteriose dapprima direttamente sui muri della sua casa, per poi raccoglierle in un libricino chiamato appunto Il latte dei sogni. Le storie di Carrington descrivono un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé” spiega Alemani.
Veduta dell’Arsenale con le Gaggiandre | Foto: © Andrea Avezzù | Courtesy of La Biennale di Venezia
Una creatura “costruita dall’incontro tra sua madre e una macchina”
“A chi le chiedesse quando era nata, Carrington rispondeva che era stata costruita dall’incontro tra sua madre e una macchina, in una bizzarra comunione di umano, animale e meccanico che contraddistingue molti dei suoi dipinti e delle sue opere letterarie - continua Alemani -. La mostra nasce da numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse una serie di domande: come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, di altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?”.
Così, prendendo spunto dai mondi di Carrington, la ricerca della Biennale si stringe intorno a tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra individui e tecnologie; i legami tra i corpi e la terra. Dunque se gli eventi degli ultimi mesi hanno dato forma a un mondo lacerato e diviso, la mostra Il latte dei sogni prova a immaginare altre forme di coesistenza e trasformazione.
“Per questo - insiste Alemani - Il latte dei sogni aspira a essere una mostra ottimista, che celebra l’arte e la sua capacità di creare cosmologie alternative e nuove condizioni di esistenza, che guarda alle artiste e artisti come coloro che sanno mostrarci chi e che cosa possiamo diventare”.
Dall’haute couture all’arte: il fascino magnetico di Leonora Carrington e dell’universo surrealista
Così, dopo avere ispirato il guardaroba dello scorso autunno firmato da Maria Grazia Chiuri per Christian Dior, pieno zeppo di abiti per sirene, ninfe, fanciulle-albero e donne-chiocciola, l’affascinante immaginario dei surrealisti torna alla ribalta come fil rouge di uno degli appuntamenti più attesi a Venezia. Non solo Biennale però. A quanto pare gli universi fiabeschi di Leonora Carrington saranno destinati a colorare la città veneta ancora per un bel po’.
Assieme a Victor Brauner, Salvador Dalí, Paul Delvaux, Maya Deren, Max Ernst, René Magritte, Kay Sage, la pittrice britannica sarà al centro di uno degli appuntamenti più attesi della Collezione Peggy Guggenheim. Dal 9 aprile al 26 settembre 2022 la mostra Surrealismo e magia. La modernità incantata ripercorrerà gli innumerevoli modi in cui la magia e l’occulto hanno influenzato lo sviluppo del Surrealismo a livello internazionale, seguendo il solco tracciato dalla Metafisica di Giorgio de Chirico. Ispirandosi a tropi della magia, della mitologia e dell’occulto, esplorando l’irrazionale e l’inconscio, molti esponenti del movimento hanno guardato alla magia come a una forma di discorso poetico e filosofico, legato a un sapere arcano e a processi di emancipazione personale, trasformando l’artista in un alchimista, un mago, un visionario.
Max Ernst, La vestizione della sposa (La Toilette de la mariée), 1940. Olio su tela, 129,6x96,3 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York) 76.2553 PG 78
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• L'arte ispira la moda. Le artiste del Surrealismo sotto la lente di Dior
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Titolo tanto suggestivo quanto evocativo: Il latte dei sogni, lo stesso di un libro della pittrice britannica le cui creature fantastiche riecheggiano nel tentativo di numerosi artisti contemporanei di immaginare una condizione post-umana popolata da esseri permeabili, ibridi, molteplici, protagonisti di viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e le definizioni dell’umano.
“La più importante artista surrealista donna”
“Una poesia che cammina, che a un tratto sorride e si trasforma in un uccello e poi in un pesce, e scompare”. Era questa Leonora Carrington per il poeta Octavio Paz, mentre Dalì l’aveva incoronata “la più importante artista surrealista donna”. Perché proprio lei, la scrittrice e pittrice di Lancaster, regina di un universo abitato da cavalli, tartarughe, gatti giganteschi, dove il sogno, l’irrazionale, l’inconscio si intrecciano per produrre storie di cannibalismo e follia, era un punto di riferimento per i surrealisti, ma soprattutto per le femministe.
Leonora Carrington, El mundo mágico de los mayas, 1964, Città del Messico, Museo Nacional de Antropología
"Le donne devono riappropriarsi dei loro diritti, inclusi quei poteri misteriosi che da sempre sono stati nostri e che nel corso del tempo gli uomini hanno violato, rubato o distrutto”. La pensava così l’artista ribelle, legata sentimentalmente anche a Max Ernst, quasi 70 anni trascorsi in Messico dove, nel 1963, per realizzare un murale aveva visitato, in sella a un cavallo, i villaggi del Chiapas, tra zone desolate e inospitali. I nativi non le avevano permesso di scattare fotografie, e lei non si era persa d’animo, facendo ricorso a schizzi e disegni, rielaborati dalla sua fervida immaginazione, per documentare i loro costumi.
La pittrice che traeva ispirazione da Virgilio, Dante, Shakesperare, Magritte - autori che avevano fatto della riflessione surrealista sul sogno un tema letterario e pittorico - si ritraeva spesso in forma di manichino, o con una maschera, quasi a denunciare il mancato riconoscimento, in ambito artistico, della figura dell'artista-donna, libera di creare.
Leonora Carrington, The Old Maids, 1947, © Estate of Leonora Carrington / ARS, NY and DACS, London 2019, UEA 27. Sainsbury Centre for Visual Arts, University of East Anglia | Foto: © James Austin
“Il latte dei sogni” di Leonora Carrington e la Biennale d’Arte 2022
Dal suo Messico, dove risiede fino alla morte, avvenuta il 26 maggio 2011 all'età di 94 anni, l’artista dal fascino innocente e perverso che incarna l'ideale surrealista della femme-enfant, approda a Venezia, protagonista della Biennale d’Arte 2022. In che modo ce lo spiega Cecilia Alemani, curatrice della 59esima Esposizione Internazionale d’Arte che sbarcherà negli spazi dei Giardini, dell’Arsenale e in vari luoghi della città dal 23 aprile al 27 novembre prossimi.
“La mostra prende il nome da un libro dell’artista surrealista che negli anni Cinquanta in Messico immagina e illustra favole misteriose dapprima direttamente sui muri della sua casa, per poi raccoglierle in un libricino chiamato appunto Il latte dei sogni. Le storie di Carrington descrivono un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé” spiega Alemani.
Veduta dell’Arsenale con le Gaggiandre | Foto: © Andrea Avezzù | Courtesy of La Biennale di Venezia
Una creatura “costruita dall’incontro tra sua madre e una macchina”
“A chi le chiedesse quando era nata, Carrington rispondeva che era stata costruita dall’incontro tra sua madre e una macchina, in una bizzarra comunione di umano, animale e meccanico che contraddistingue molti dei suoi dipinti e delle sue opere letterarie - continua Alemani -. La mostra nasce da numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse una serie di domande: come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, di altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?”.
Così, prendendo spunto dai mondi di Carrington, la ricerca della Biennale si stringe intorno a tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra individui e tecnologie; i legami tra i corpi e la terra. Dunque se gli eventi degli ultimi mesi hanno dato forma a un mondo lacerato e diviso, la mostra Il latte dei sogni prova a immaginare altre forme di coesistenza e trasformazione.
“Per questo - insiste Alemani - Il latte dei sogni aspira a essere una mostra ottimista, che celebra l’arte e la sua capacità di creare cosmologie alternative e nuove condizioni di esistenza, che guarda alle artiste e artisti come coloro che sanno mostrarci chi e che cosa possiamo diventare”.
Dall’haute couture all’arte: il fascino magnetico di Leonora Carrington e dell’universo surrealista
Così, dopo avere ispirato il guardaroba dello scorso autunno firmato da Maria Grazia Chiuri per Christian Dior, pieno zeppo di abiti per sirene, ninfe, fanciulle-albero e donne-chiocciola, l’affascinante immaginario dei surrealisti torna alla ribalta come fil rouge di uno degli appuntamenti più attesi a Venezia. Non solo Biennale però. A quanto pare gli universi fiabeschi di Leonora Carrington saranno destinati a colorare la città veneta ancora per un bel po’.
Assieme a Victor Brauner, Salvador Dalí, Paul Delvaux, Maya Deren, Max Ernst, René Magritte, Kay Sage, la pittrice britannica sarà al centro di uno degli appuntamenti più attesi della Collezione Peggy Guggenheim. Dal 9 aprile al 26 settembre 2022 la mostra Surrealismo e magia. La modernità incantata ripercorrerà gli innumerevoli modi in cui la magia e l’occulto hanno influenzato lo sviluppo del Surrealismo a livello internazionale, seguendo il solco tracciato dalla Metafisica di Giorgio de Chirico. Ispirandosi a tropi della magia, della mitologia e dell’occulto, esplorando l’irrazionale e l’inconscio, molti esponenti del movimento hanno guardato alla magia come a una forma di discorso poetico e filosofico, legato a un sapere arcano e a processi di emancipazione personale, trasformando l’artista in un alchimista, un mago, un visionario.
Max Ernst, La vestizione della sposa (La Toilette de la mariée), 1940. Olio su tela, 129,6x96,3 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York) 76.2553 PG 78
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