STRAVAGANZE E CAPRICCI
 
										
										 
										
										
																		
																									Bomarzo
															
							28/07/2001
							 Il giardino di Bomarzo nasce come Villa delle meraviglie a ridosso del paese in cui risiedeva il Principe Orsini. L’ambito culturale in cui se ne concepisce la realizzazione è connesso a quella tendenza verso il fantastico che caratterizza il Manierismo. Sono questi gli anni in cui sono in voga le stravaganze più ardite che fanno infuriare i classicisti inorriditi da tante “licenziosità”.
In architettura sorgono giardini che sono vere e proprie sfide tra la natura e l’arte: Boboli a Firenze, Palazzo Farnese a Caprarola, per citarne solo due tra i più famosi, presentano grotte finte che nascondono l’artificio fatto di tubi e di stalattiti trasportate. Ma a questo periodo risalgono anche Palazzo Te a Mantova, Pratolino a Firenze, Villa Giulia a Roma, Villa d’Este a Tivoli, celebri esempi di residenze estive caratterizzate da fontane con giochi d’acqua, labirinti, congegni semoventi, ecc. 
Il mondo mostruoso gioca un ruolo di primo piano all’interno di questa tendenza generalizzata, e, come ha notato Pinelli (“La bella maniera”, Torino, 1993), entra persino nelle città. Alla forma, basilare fino ad allora, si contrappone il concetto di metamorfosi con le opere di Ammannati e Buontalenti a Firenze; degli Zuccari a Roma a Palazzo Zuccari; Sebastiano Serlio idea addirittura un ordine “bestiale”. Il fenomeno viene avvertito anche in altre nazioni: in Spagna si parla si “estilo monstruoso” nel nord-Europa di “rollwerk” o “beschlagwerk”. 
Tali follie artistiche si riscontrano anche in pittura: ha grande successo un pittore come l’Arcimboldo che dipinge raffigurazioni con ortaggi e frutti a sostituzione dei tratti somatici, ma, soprattutto, dominano le decorazioni a grottesca riprese dalle pitture nella Domus Aurea. Amate da Montaigne, che le ammira per la libertà da ogni tipo di regola, tali ornamenti sono allo stesso tempo avversate da Vasari che le definisce “una spezie di pittura licenziose e ridicole molto”. Chiunque le affonti nei numerosi trtattati dell’epoca non può fare a meno di considerarle pitture oniriche, per Daniele Barbaro “picturae somnium” (1556), per G.B. Armenini “chimere” (1586).
Anche Pirro Ligorio, l’artista a cui si deve il Parco dei Mostri di Bomarzo, è molto attratto dalle grottesche e da tutto ciò che appare terribile e capriccioso. Ciò che affascina Ligorio, però, è la possibilità di dare un senso a quel che sembra completamente irrazionale. Una specie di logica che studiosi come Chastel hanno ricollegato ai geroglifici: un sistema di segni densi di significato.
Pirro Ligorio è un architetto di grande fama nella seconda metà del ‘500: a lui viene affidata la direzione dei lavori vaticani dopo la morte di Michelangelo, e frutto della sua arte è la bellissima “Casina di Pio IV” che sorge nei giardini vaticani, nata per Paolo IV Carafa nel 1558 e decorata tre anni dopo sotto il papa Medici.
Anche qui, come a Bomarzo, alla base del progetto è il gioco intellettuale che fonde elementi della cultura classica, temi astrologici, valenze simboliche molto complesse.						
						
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