Dal 7 settembre al 23 ottobre alla Galleria d’Arte Tommaso Calabro
Le Polaroid di Andy Warhol in arrivo a Milano
Andy Warhol, Halston in a limo, 1979, Stampa alla gelatina d’argento 25.4 x 20.3 cm, pezzo unico Collection of Pat Hackett and Hedges Projects
Samantha De Martin
29/07/2021
Milano - Un diario visivo popolato di stelle, dai volti glamour delle star del cinema agli sguardi del jet set internazionale, scorre dalle arterie pop del gigante Warhol alle sale della Galleria d’Arte Tommaso Calabro.
Il patron della Factory, brillante creatore di alcune delle immagini più iconiche della cultura occidentale, frutto di una sperimentazione continua che spazia dalla pittura alla stampa, dalla musica al video, fu devoto anche alla fotografia, strumento che gli consentiva di interagire istantaneamente con i suoi soggetti sintetizzando al tempo stesso, in un unico oggetto, le due più urgenti linee di ricerca: l’ossessione per la celebrità e la produzione in serie dell’opera d’arte.
“Una fotografia significa che so dov’ero in ogni momento. Ecco perché faccio foto” scriveva l’artista che, ovunque andasse, non rinunciava a portare con sé una Polaroid, considerata “una buona ragione per alzarsi dal letto la mattina”.
Andy Warhol, Self-portrait in Fright Wig, 1986, Polaroid, 10.8 x 8.6 cm, Pezzo unico, Collection of the Artist and The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts to Jack Shainman Gallery and Hedges Projects
Questo aspetto meno noto, e al tempo stesso integrante, della pratica e del vissuto personale della figura più iconica del ventesimo secolo scandirà, nella galleria di piazza San Sepolcro, il percorso Instant Warhol. Dal 7 settembre al 23 ottobre la selezione di fotografie e Polaroid che Andy Warhol realizzò durante gli ultimi vent’anni della sua vita invitano a guardare attraverso l’obiettivo della fotocamera con gli occhi dell’artista, visualizzando il gesto dello scatto.
Questi lavori, impregnati di una visione profondamente personale della realtà, mostrano come l’artista si sia rapportato tanto al glamour quanto all’ordinarietà del mondo che lo circondava.
In realtà il maestro delle lattine di zuppa Campbell e dei ritratti di Marilyn Monroe utilizzò la fotografia sin dalle prime fasi della sua carriera, quando era solito appropriarsi di scatti pubblicati su riviste e pubblicità, trasmesse dai media per creare serigrafie entrate a far parte del canone della storia dell’arte. Galeotta divenne così un'azione legale intrapresa contro di lui. Il motivo? L’avere utilizzato una fotografia di Patricia Caulfield pubblicata sul magazine Modern Photogaphy (giugno 1964) come base per i suoi Flowers. Ma l’artista non si arrese, anzi, colse l’occasione per iniziare a scattare assiduamente dando vita a nuove originali composizioni.
Andy Warhol, Gianni Agnelli, 1972, Polaroid, 8.6 x 10.8 cm, pezzo unico, Collection of the Artist and The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts to Jack Shainman Gallery and Hedges Projects
Il 1971 fu l’anno della Polaroid Big Shot, un’economica macchina fotografica istantanea a fuoco fisso che avrebbe rivoluzionato la sua produzione. Durante una seduta media - che poteva tenersi nello studio dell’artista, nelle stanze di un albergo o nell’abitazione dei suoi modelli - Warhol scattava decine di Polaroid, per poi selezionarne una da impiegare come immagine di partenza per la realizzazione di ritratti-serigrafie di grande formato.
Per questo gli scatti diventano per il maestro opere d’arte a tutti gli effetti, mezzi di sperimentazione e documentazione biografica, e la fotocamera il suo personale dispositivo di registrazione del mondo esterno.
La varietà dei soggetti che Warhol rendeva glamour, eroicizzava o sui quali distendeva talvolta il suo pungente strale, rivela una fascinazione per la fama e l’identità di genere, ma anche la concezione che l’artista aveva dell’amicizia.
Il ruolo cruciale che la fotografia ebbe per la definizione di un’estetica distintamente pop si fa spazio in mostra tra Polaroid e stampe alla gelatina d’argento, tra star del cinema e celebrità.
Andy Warhol, Bianca Jagger in black coat in hotel room, 1979, Stampa alla gelatina d’argento, 20.3 x 25.4 cm, pezzo unico, Collection of Pat Hackett and Hedges Projects
L’imprenditore Gianni Agnelli, l’attrice Bianca Jagger, la cantante Grace Jones, e i fashion designer Halston, Gianfranco Ferrè e Diane von Furstenberg ammiccano ad alcuni autoritratti dello stesso Warhol, con l’artista truccato da drag queen o con indosso la leggendaria parrucca bionda. L’esplorazione sull’identità di genere passa invece attraverso un gruppo di Polaroid dalle serie Sex Parts and Torsos e Ladies and Gentlemen, commissionata dal mercante d’arte torinese Luciano Anselmino nel 1975. Sebbene il cliente avesse richiesto a Warhol 105 dipinti di uomini travestiti, l’artista ne realizzò oltre il doppio basandosi su circa cinquecento Polaroid di quattordici drag queen nere e ispaniche reclutate nelle strade del West Village.
Scarpe, banane, frammenti di vita cittadina sfilano accanto ai volti delle star, svelando l’ampio spettro di soggetti con i quali l’irriverente guru della Pop Art interagiva attraverso la sua macchina fotografica.
La mostra è organizzata in collaborazione con James R. Hedges, IV, oggi ritenuto il più importante collezionista privato di fotografie di Andy Warhol al mondo.
L'esposizione si potrà visitare dal martedì al sabato dalle 11 alle 19. Il lunedì solo su appuntamento.
Leggi anche:
• Tommaso Calabro: 30 anni e una galleria d'arte ritrovo di storie ed esperienze
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“Una fotografia significa che so dov’ero in ogni momento. Ecco perché faccio foto” scriveva l’artista che, ovunque andasse, non rinunciava a portare con sé una Polaroid, considerata “una buona ragione per alzarsi dal letto la mattina”.
Andy Warhol, Self-portrait in Fright Wig, 1986, Polaroid, 10.8 x 8.6 cm, Pezzo unico, Collection of the Artist and The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts to Jack Shainman Gallery and Hedges Projects
Questo aspetto meno noto, e al tempo stesso integrante, della pratica e del vissuto personale della figura più iconica del ventesimo secolo scandirà, nella galleria di piazza San Sepolcro, il percorso Instant Warhol. Dal 7 settembre al 23 ottobre la selezione di fotografie e Polaroid che Andy Warhol realizzò durante gli ultimi vent’anni della sua vita invitano a guardare attraverso l’obiettivo della fotocamera con gli occhi dell’artista, visualizzando il gesto dello scatto.
Questi lavori, impregnati di una visione profondamente personale della realtà, mostrano come l’artista si sia rapportato tanto al glamour quanto all’ordinarietà del mondo che lo circondava.
In realtà il maestro delle lattine di zuppa Campbell e dei ritratti di Marilyn Monroe utilizzò la fotografia sin dalle prime fasi della sua carriera, quando era solito appropriarsi di scatti pubblicati su riviste e pubblicità, trasmesse dai media per creare serigrafie entrate a far parte del canone della storia dell’arte. Galeotta divenne così un'azione legale intrapresa contro di lui. Il motivo? L’avere utilizzato una fotografia di Patricia Caulfield pubblicata sul magazine Modern Photogaphy (giugno 1964) come base per i suoi Flowers. Ma l’artista non si arrese, anzi, colse l’occasione per iniziare a scattare assiduamente dando vita a nuove originali composizioni.
Andy Warhol, Gianni Agnelli, 1972, Polaroid, 8.6 x 10.8 cm, pezzo unico, Collection of the Artist and The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts to Jack Shainman Gallery and Hedges Projects
Il 1971 fu l’anno della Polaroid Big Shot, un’economica macchina fotografica istantanea a fuoco fisso che avrebbe rivoluzionato la sua produzione. Durante una seduta media - che poteva tenersi nello studio dell’artista, nelle stanze di un albergo o nell’abitazione dei suoi modelli - Warhol scattava decine di Polaroid, per poi selezionarne una da impiegare come immagine di partenza per la realizzazione di ritratti-serigrafie di grande formato.
Per questo gli scatti diventano per il maestro opere d’arte a tutti gli effetti, mezzi di sperimentazione e documentazione biografica, e la fotocamera il suo personale dispositivo di registrazione del mondo esterno.
La varietà dei soggetti che Warhol rendeva glamour, eroicizzava o sui quali distendeva talvolta il suo pungente strale, rivela una fascinazione per la fama e l’identità di genere, ma anche la concezione che l’artista aveva dell’amicizia.
Il ruolo cruciale che la fotografia ebbe per la definizione di un’estetica distintamente pop si fa spazio in mostra tra Polaroid e stampe alla gelatina d’argento, tra star del cinema e celebrità.
Andy Warhol, Bianca Jagger in black coat in hotel room, 1979, Stampa alla gelatina d’argento, 20.3 x 25.4 cm, pezzo unico, Collection of Pat Hackett and Hedges Projects
L’imprenditore Gianni Agnelli, l’attrice Bianca Jagger, la cantante Grace Jones, e i fashion designer Halston, Gianfranco Ferrè e Diane von Furstenberg ammiccano ad alcuni autoritratti dello stesso Warhol, con l’artista truccato da drag queen o con indosso la leggendaria parrucca bionda. L’esplorazione sull’identità di genere passa invece attraverso un gruppo di Polaroid dalle serie Sex Parts and Torsos e Ladies and Gentlemen, commissionata dal mercante d’arte torinese Luciano Anselmino nel 1975. Sebbene il cliente avesse richiesto a Warhol 105 dipinti di uomini travestiti, l’artista ne realizzò oltre il doppio basandosi su circa cinquecento Polaroid di quattordici drag queen nere e ispaniche reclutate nelle strade del West Village.
Scarpe, banane, frammenti di vita cittadina sfilano accanto ai volti delle star, svelando l’ampio spettro di soggetti con i quali l’irriverente guru della Pop Art interagiva attraverso la sua macchina fotografica.
La mostra è organizzata in collaborazione con James R. Hedges, IV, oggi ritenuto il più importante collezionista privato di fotografie di Andy Warhol al mondo.
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