Dal 19 novembre al 27 marzo 2022 alle Gallerie d’Italia di Piazza Scala a Milano

Tra i pennelli del Grand Tour, il sogno d'Italia da Venezia a Pompei

Michelangelo Barberi, Ventiquattr’ore in Roma, 1839, piano di tavolo in mosaico di smalti colorati, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage | Foto: © Alexander Lavrentyev | Courtesy The State Hermitage Museum, St. Petersburg, 2021
 

Samantha De Martin

18/11/2021

Milano - Per Goethe era il paese in cui fioriscono i limoni, il mirto, le arance d’oro. Per gli artisti a lui contemporanei, era il Vesuvio con l’inconfondibile pennacchio, il golfo, le rovine di Ercolano, i templi di Segesta e Selinunte, e ancora Milano, con il leggendario Cenacolo, ma anche la vita domestica e cittadina raccontata nei suoi aspetti più avvincenti, tra saltarelli notturni e pifferai.
È nella letteratura, ma soprattutto nell’arte - con la visione, talvolta stereotipata, del paesaggio e dell’architettura classicista - che riaffiora tutta la Sehnsucht, tipicamente tedesca, per l’Italia.
Ad alimentare questo appassionante magnetismo esercitato dal belpaese, il Gran Tour, uno straordinario fenomeno di carattere universale che contribuì a far fiorire quella percezione dell’Italia legata alla bellezza del suo ambiente e della sua arte.

La mostra Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei alle Gallerie d’Italia-Piazza Scala a Milano, dal 19 novembre al 27 marzo 2022, racconta l’Italia amata e sognata da un’Europa che si riconosceva in quelle stesse radici, immortalata nella sua struggente bellezza da artisti che diedero forma e colore al mito del “belpaese”.



Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei, Allestimento, Milano, Gallerie d’Italia - Piazza Scala

Nel museo di Intesa Sanpaolo 130 opere provenienti, oltre che dalla collezione Intesa Sanpaolo, da collezioni private e istituzioni prestigiose - dalla National Gallery di Londra al Metropolitan Museum of Art di New York, dal Prado di Madrid all’Österreichische Galerie Belvedere di Vienna - raccontano la percezione che dell’Italia ebbero artisti come Piranesi, Valadier, Volpato, Canaletto, Panini, Batoni, Ingres, Angelica Kauffmann.

“I capolavori esposti offrono al visitatore odierno l’opportunità di comprendere e rivivere l’emozione provata secoli fa dai protagonisti del Grande Viaggio di fronte alla bellezza senza tempo dei paesaggi e degli antichi luoghi d’arte italiani, elementi fondanti non solo della nostra identità nazionale, ma anche di quella europea” commenta Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo.

Tra la fine del Seicento e la prima metà dell’Ottocento, l’Italia fu la meta prediletta da letterati, artisti, giovani signori, membri della colta società europea. Il “grande viaggio” (espressione utilizzata per la prima volta nel 1697, nel volume di Lassel, An Italian Voyage) fu presto interpretato come momento essenziale di un percorso formativo, nonché segno di un preciso status sociale. L’Italia rappresentava una tappa obbligata per artisti e amanti dell’architettura, della pittura e della scultura, sia antica, che moderna. E le straordinarie scoperte archeologiche del Settecento ad Ercolano e Pompei fecero la loro parte.



Vanvitelli (Gaspar van Wittel), Vista di Venezia dall'isola di San Giorgio, 1696, Olio su tela, 174 x 98 cm, Madrid, Museo Nacional del Prado © Photographic Archive Museo Nacional del Prado

Il percorso alle Gallerie di Piazza Scala, a cura di Fernando Mazzocca, con Stefano Grandesso e Francesco Leone, e con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli, è uno straordinario viaggio nel viaggio, dalle città - come Venezia, Roma, Firenze - ai borghi, dall’Etna alle Alpi. Alle vedute ariose di Gaspar van Wittel e Canaletto alle feste sul Canal Grande immortalate da Lancelot-Théodore Turpin de Crissé si accompagnano le antichità romane ritratte da Hubert Robert o gli avvenimenti fermati su tela da Giovanni Paolo Panini. Grazie ad artisti come Canaletto, Joli, Lusieri, Volaire, Ducros, tra Sette e Ottocento si è passati dalla razionalità scientifica dei vedutisti all'emozione del paesaggio visto come espressione di uno stato d’animo dei romantici.
Rimane tuttavia il ritratto il genere più richiesto e amato dai collezionisti stranieri. Alla celebrazione del proprio rango si sostituisce l’esaltazione del carattere e della cultura. Da qui la scelta di farsi rappresentare accanto ai monumenti e alle sculture antiche ammirate in Italia. In questo campo maestro indiscusso fu Batoni, uno dei maggiori ritrattisti di tutti i tempi. I suoi lavori, come quelli del suo rivale Mengs, delle due pittrici in competizione Vigée Lebrun e Angelica Kauffmann, di Tischbein, rappresentavano un autentico status symbol.


Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ritratto del pittore François-Marius Granet, 1807-1809 ca, Olio su tela, 53 x 75 cm, Ville d'Aix-en-Provence, Musée Granet | Foto: © Foto Scala, Firenze | Courtesy 2021.RMN-Grand Palais /Dist. 

Ad attrarre i viaggiatori era anche la singolarità dei nostri costumi e dalla bellezza di una popolazione, apparentemente felice, che viveva la maggior parte dell’anno all’aria aperta approfittando della mitezza del clima. L'illustratore e pittore popolare Pinelli e i suoi colleghi Sablet, Géricault, Robert, Schnetz, seppero addirittura entrare negli aspetti più avvincenti e commoventi della vita domestica.
Saltarelli notturni, anziane donne nella campagna romana, chiromanti, pellegrini, pifferai cedono il passo alla scultura. Il commercio e il restauro dei marmi antichi, e talvolta la produzione di copie in cui Cavaceppi è stato il più illustre protagonista, ha dato vita a un enorme giro di affari. Verso la fine del Settecento, grazie a Canova e ai suoi seguaci, prende il via la produzione di una scultura originale che, sebbene ispirata all’antichità, riesce a interpretare la sensibilità moderna, assicurando a questa arte una straordinaria fortuna nei secoli.