Novanta capolavori per raccontare un secolo di arte europea

Da Goya a Manet: l’Ottocento in mostra all’Alte Pinakothek di Monaco

Edouard Manet, Le Déjeuner, 1868. Neue Pinakothek, Monaco
 

Francesca Grego

12/08/2019

Mondo - Quest’estate l’Alte Pinakothek di Monacofa il pieno di capolavori: oltre ad ammirare i “consueti” gioielli di Dürer, Rubens, Tiziano, Raffaello e – da non perdere nell’Anno di Leonardo – la Madonna del Garofano del maestro di Vinci, i visitatori del museo bavarese potranno godere di uno straordinario percorso costruito attorno al tema dell’Ottocento in Europa.
L’occasione nasce dai lavori di ristrutturazione in corso alla Neue Pinakothek, detentrice di opere chiave del XIX, per poi spingersi oltre.

Nella loro sede temporanea, infatti, 90 pietre miliari dell’arte di questo periodo diventano protagoniste di un progetto espositivo inedito, che vede dialogare tra loro opere provenienti da aree geografiche e artistiche molto diverse, tra cortocircuiti rivelatori e incontri inattesi. Tre ampie gallerie e sette sale accolgono dipinti e sculture di maestri che hanno scritto la storia del secolo in tutto il continente, destreggiandosi tra le etichette di neoclassico e romantico, scavalcandole, o proiettandosi già verso un orizzonte modernista.

Così gli originalissimi ritratti di Goya, pittore ufficiale della Corona spagnola, incontrano i capolavori di Thomas Gaisborough, ritrattista preferito dell’alta borghesia inglese che amava farsi immortalare in caratteristici scenari naturali, ma anche i passanti e gli avventori dei caffè parigini catturati da Edgar Degas o lo spiazzante Déjeuner di Edouard Manet. E se la monumentale scultura neoclassica di Antonio Canova si ritrova improvvisamente a confronto con il simbolismo onirico di George Minne, Van Gogh incontra Klimt e Segantini per mostrarci tre diversi modi di sfidare le convenzioni visive di un’epoca. Che cosa avranno infine da spartire il Romanticismo di William Turner e quello di Eugène Delacroix? L’allestimento alla Alte Pinakothek ci spiega anche questo, per poi andare avanti con Gustave Courbet e con la scuola di Barbizon, o con Max Libermann, quando a Berlino iniziano già a spirare i primi venti modernisti.