Dal 16 settembre al Tokyo Metropolitan Art Museum

I tesori dei Musei Capitolini per la prima volta a Tokyo

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, San Giovanni Battista, 1602-03, Olio su tela. Roma, Pinacoteca Capitolina
 

Francesca Grego

14/09/2023

Mondo - La Venere Capitolina e il San Giovanni Battista di Caravaggio, la Lupa di bronzo e i calchi a grandezza naturale del colosso di Costantino: sono solo alcuni dei gioielli dei Musei Capitolini che dal 16 settembre il pubblico giapponese potrà ammirare presso il Tokyo Metropolitan Art Museum, il museo più visitato nel paese del Sol Levante, in una mostra senza precedenti.
Frutto della collaborazione tra Roma Capitale - Assessorato alla Cultura, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, The Mainichi Newspapers, il Tokyo Metropolitan Art Museum e il Fukuoka Art Museum, Rome, the Eternal City: Masterpieces from the Capitoline Museums porta per la prima volta in Giappone circa 70 meraviglie rappresentative della storia e della grande arte dell’Urbe dalle origini fino all’età moderna: sculture, dipinti, monete, opere grafiche selezionate attentamente per narrare, in un grandioso viaggio attraverso il tempo, la bellezza millenaria della Città Eterna.
 
Si parte dal mito della fondazione per arrivare alle glorie della Repubblica e dell’Impero, e volare tra gli splendori del Rinascimento e del Barocco, per poi spingersi fino al XVII secolo e oltre, quando la città divenne la meta più ambita di artisti e viaggiatori internazionali, tappa imperdibile del Grand Tour. Accanto alle opere iconiche già menzionate - il cui prestito rende omaggio al gemellaggio che unisce Roma e Tokyo dal 1996 e testimonia lo storico rapporto che lega i Musei Capitolini al Giappone - i visitatori troveranno i preziosi ritratti romani della collezione del Cardinal Alessandro Albani, nonché prestigiosi dipinti provenienti dalla Pinacoteca Capitolina e dal Museo di Roma di Palazzo Braschi, da Tintoretto ai maestri dell’Ottocento.


Mano destra del Colosso di Costantino, 312 d.C., marmo pario dalla Basilica Nova a Roma (nota anche come Basilica di Massenzio). Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori, inv.S789. Archivio Fotografico dei Musei Capitolini © Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

La mostra sarà anche un’occasione per conoscere la storia dei Musei Capitolini, con opere scelte per rappresentarne le diverse tappe. La Lupa e i frammenti del Colosso di Costantino, per esempio, evocano il dono di papa Sisto IV ai cittadini romani, che nel 1471 costituì il nucleo fondativo del museo. E poi il progetto di Michelangelo per la piazza e il complesso architettonico, la crescita delle collezioni a opera di Clemente XII con l’acquisto della collezione Albani, fino all’istituzione della Pinacoteca per volontà di Benedetto XIV con le collezioni Sacchetti e Pio di Savoia.
 
Un capitolo speciale sarà dedicato al rapporto esclusivo che nel corso dei secoli si è consolidato tra i Musei Capitolini e il Giappone: il 2023 è, infatti, il 150° anniversario dell’importante Missione Iwakura – dal nome dell’ambasciatore che la presiedeva - inviata dal Governo di Meiji, negli Stati Uniti e in Europa, con l’intento di raccogliere informazioni sugli usi e le istituzioni occidentali. In Italia l’ambasceria visitò Venezia, Firenze, Napoli e Roma, dove ebbe modo di ammirare i Musei Capitolini. Un’esperienza destinata a influenzare profondamente la politica museale e l’educazione artistica dell’Impero, che nel 1876 istituì la Scuola tecnica di Belle Arti di Tokyo, prima scuola d’arte del Giappone.
 
A cura del Sovrintendente Capitolino Claudio Parisi Presicce e di Masue Kato dell’Università Rikkyo di Tokyo, Rome, the Eternal City: Masterpieces from the Capitoline Museums accoglierà i visitatori al Tokyo Metropolitan Art Museum dal 16 settembre fino al 10 dicembre di quest’anno, per poi trasferirsi al Fukuoka Art Museum, dove sarà in calendario dal 5 gennaio al 10 marzo 2024.


Venere Capitolina, copia romana di un originale greco del II secolo a.C. Marmo, 193 cm. Roma, Musei Capitolini I José Luiz Bernardes Ribeiro via Wikimedia Commons