Il terzo lungometraggio dell'artista cinese presentato al Sundance Film Festival 2020

La scomparsa degli studenti di Ayotzinapa al centro di "Vivos", il nuovo documentario di Ai Weiwei

Una scena di Vivos (2019), diretto da Ai Weiwei
 

Samantha De Martin

04/03/2020

Mondo - Per il suo terzo documentario, presentato al Sundance Film Festival 2020, l'artista cinese Ai Weiwei esplora il flagello della corruzione, attraverso un’indagine intima, eppur drammatica, che penetra nel limbo del dolore, partendo dalla carneficina di Ayotzinapa, in Messico.

“Vivos” si dipana lungo una travolgente corrente di sofferenza collettiva, condivisa in massa, che si trasforma in una potente forza galvanizzante. Al centro della sua emozionante indagine l’artista e attivista per i diritti umani colloca le famiglie dei 43 studenti messicani nella regione del Guerrero, alcuni uccisi, altri spariti in seguito a un raid della polizia.

Il 26 settembre 2014, nella città di Iguala, un convoglio di autobus che trasportava un gruppo di attivisti del college di formazione degli insegnanti di Ayotzinapa verso Città del Messico fu intercettato dalla polizia e assaltato. Sei ragazzi furono uccisi, mentre i restanti vennero rapiti, e di loro si persero le tracce.

L'indagine del governo ha concluso che gli scomparsi erano stati consegnati al cartello della droga Guerreros Unidos e poi assassinati. Ma questa teoria è stata messa in discussione da un'inchiesta della commissione indipendente per i diritti umani, che indica piuttosto un insabbiamento della vicenda, in linea con gli abusi del potere istituzionale delle autorità messicane.



Con “Vivos” Ai Weiwei devia leggermente dagli ultimi due lungometraggi, "The Rest" e "Human Flow", entrambi incentrati sulla crisi globale dei rifugiati. Girato tra marzo 2018 e il 2019 da un team di cinque persone (incluso il regista), con tanto di telecamere, "Vivos" è indubbiamente il documentario più potente mai realizzato dall’attivista cinese.

Protagonisti delle scene sono i familiari degli studenti scomparsi, ripresi mentre svolgono le loro attività domestiche
- che si tratti di spazzare pavimenti, di coltivare colture o preparare focacce - schiacciati dal peso quotidiano di un dolore irrisolto che trafigge il cuore, accompagnato dalle riflessioni - raccontate da una voce fuori campo - sui loro anni dolorosi e sospesi.

Alle composizioni incomplete dei ritratti di famiglia - dove i membri mancanti vengono sostituiti da fotografie - si aggiungono i contributi di alcuni giornalisti ed esperti legali che offrono al film un’interessante facies investigativa.
Il montare della sofferenza esplode nel dolore e tra la rabbia delle famiglie dei ragazzi, riversatesi nelle strade di Città del Messico durante la marcia di protesta scandita dal grido di battaglia che dà il titolo al film: "Vivi li hanno presi! Vivi, li vogliamo!”. Alla loro voce fa eco il grido di un’intera nazione, dal momento che i loro figli compongono l'esercito di persone - circa 40mila - scomparse nel nulla.
"Vivos" diventa così un silenzioso diario del dolore, cui fa da contraltare un’indifferenza istituzionale schiacciante.

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