American Beauty fino al 21 gennaio 2024
Quel maledetto, meraviglioso sogno americano
Laurent Elie Badessi, Navy flag, American Dream, 2006
Piero Muscarà
13/09/2023
Padova - Una mostra furba, “smart” direbbero quelli che vivono oltre Oceano. Sì perché American Beauty. Da Robert Capa a Banksy l’ultima esposizione ad aprire al Centro Culturale Altinate di Padova è davvero una esposizione pop. E cosa c’è di meglio che giocare ad essere impegnati - quindi quel giusto un po’ critici da essere rispettabilmente accettati anche nei circoli radical chic che contano nel mondo dell’arte - e quindi guardare con doveroso spirito d’osservazione all’America, al suo mito e al tradimento del sogno americano ? Non manca nulla in questa mostra organizzata dalla maison trevigiana ARTIKA, curata dal bravo Daniel Buso che con Elena Zannoni ha scelto anche l’ottima illuminazione e l’allestimento (sui toni del rosso del blu e del bianco, ovviamente). Una esposizione realizzata con la collaborazione del Comune di Padova e di Kr8te, una label fondata e curata da Stefano Reia che ha come obiettivo “costituire una collezione di opere d’arte uniche incentrate su un tema o concetto per incoraggiare e sviluppare lo studio di un argomento globale e, a tal fine, fornire un’istruzione popolare”. Il tema della mostra - la bandiera americana - viene da qui, dalla selezione di immagini messa assieme da Reia che immaginiamo avrà anche un piano per valorizzare prima o poi questa sua bella collezione tematica.
Padova e il Veneto del resto - memori lontani ricordi degli anni ‘80 quando l’edonismo reganiano e quindi la bandiera a stelle e strisce era una stampina da mettersi sul giubbotto di jeans paninaro - è il posto ideale dove dare ospitalità a questa intelligente mostra fotografica che riunisce oltre 130 opere d’arte (fotografie, serigrafie, sceen shots etc ..) con l’intento di offrire un ritratto il più completo possibile degli Stati Uniti. E la cosa divertente è che ci riesce benissimo, nonostante non sfugga alla stereotipata ripartizione tematica in cui ogni mostra amerikana debba necessariamente guardare. Quindi mettiamo le mani avanti ci sono necessariamente le sezioni ‘black lives matter’ e ‘undici settembre’ perchè non si può raccontare il mondo a stelle e a strisce - oggi - evitando questi argomenti, anche se un po’ tanto visti e rivisti e soprattutto mai ridiscussi nella modalità in cui vengono narrati. Ma tant’è. In questa esposizione ci sono molte belle immagini. Ci sono innanzitutto moltissime American Flags, bandiere americane, rappresentate e re-interpretate nella loro potenza iconica, in quello che Stefano Reia definisce “valore totemico”, potremmo dire di talismano, che racchiude in sé l’essenza stessa di quello che il sogno dei Founding Fathers rappresenta ancora oggi a tutte le latitudini del mondo - nonostante tutto, nonostante i tradimenti, le vessazioni, le maledizioni di un mondo troppo bello per non essere imperfetto, ingiusto, finto quanto basta e quindi straordinariamente umano, assoluto: America appunto.
Il viaggio segue un suo percorso a tappe che apre sul tema del Patriottismo e mette in scena scatti iconici come Ragazzo con bandiera di Ruth Orkin del 1949, foto di maestri come Henri Cartier-Bresson e di Vivian Maier e chiude sul folle sguardo di quel Ragazzo patriottico con bandiera fotografato da Diane Arbus.
Immagine:Andy Warhol, Moonwalk, 1987, serigrafia, The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts
La seconda tappa è quella - che forse abbiamo preferito - dedicata al tema del Potere che ha il pregio di tentare di colmare la più clamorosa lacuna di cui questa mostra padovana è certamente portatrice, ovvero l’assenza in una mostra che delle stelle a strisce fa il proprio manifesto de “La” Flag per eccellenza, il famoso e iconico dipinto che il pittore espressionista americano Jasper Johns realizzò tra il 1954 e il 1955 e che oggi si trova nelle collezioni del MoMA di New York. Lacuna che appunto viene colmata da un pregevole scatto di Dan Budnick del 1958 che vede un giovane Jasper nascondersi dietro le sue bandiere dipinte alla galleria di Leo Castelli. Una testimonianza preziosa che vale un perdono. E poi la bella stampa su carta di una bandiera americana cucita e ricreata sopra 24 banconote con l’effige di Benjamin Franklin realizzata dall’artista di Miami Steve Gagnon. O ancora la classica serigrafia Moonwalk dove Andy Warhol ridipinge a modo suo il famoso photoshot di Buzz Aldrin a fianco della bandiera americana fatto da Neil Armstrong in occasione della prima passeggiata lunare del duo che guidava l’Apollo 11. E JFK nella Stanza Ovale di Eisenstaedt o il fantastico Nixon di Raymond Depardon con doppia V for Victory che scende trionfante dal jet che lo ha portato - durante la campagna presidenziale - in the middle of nowhere a Sioux City.
Terza tappa del viaggio è Conflitti Culturali, che è un tema un po’ abusato, ma però .. non si può proprio saltare perchè contiene alcune delle immagini più mitiche e francamente imperdibili della mostra: su tutte Shepard Fairey We the people are greater than fear che immediatamente richiama l’iconica immagine con cui Barack Obama trionfò al suo primo mandato elettorale o la fotografia di una bellissima bandiera multietnica di Sara Rahbar o i B-Boys di Brooklyn ritratti da Jamel Shabazz (che a guardarli mi paiono i RUN DMC ma non ci giurerei - ndr). E in questa sezione c’è anche la litografia di una bandiera Melting Pot fatta con ritagli di carta di giornale del grandissimo genio del design Massimo Vignelli (quello che per intenderci, inter alia, ha disegnato la famosa mappa della metro di NYC) o il nascondimento fatto ad arte, questa volta ovviamente dietro una bandiera USA, dal cinese Liu Bolin che tra l’altro ricordiamo ai nostri lettori si ‘mimetizza’ a Firenze ancora fino al 18 settembre a Palazzo Vecchio. E c’è pure spazio per una bella ‘sfilata di culi con bandierina a stelle e strisce’ estrapolata da un video della nostra Vanessa Beecroft del 1998 e ovviamente Banksy (abbiamo detto sin dal principio che è una mostra ‘furba’ no ?) con una serigrafia su carta argentata del suo Flag. Santa’s Ghetto del 2006.
Immagine: Banksy, Flag (silver), 2006
Poi è il momento della sezione Black Lives Matter dove le più belle immagini a giudizio di chi scrive è sono le due foto di Steve Shapiro fatte durante la famosa marcia da Selma a Montgomery nel 1965 e la drammatica Flag Face di Andres Serrano del 2019 per chiudere la sezione - non si sa perchè, ma forse sì - con un democraticissimo ritratto di Bruce Springsteen del 1984, un classico firmato da Annie Leibovitz e per non farsi mancare niente una bandiera a tema musicale interpretata dal immancabile Keith Haring del 1998.
Poi bella e drammatica la sezione La Guerra in Casa dove la foto del 1994 della sfilata delle prigioniere del carcere femminile in Alabama di James Nactwey vale da sola il biglietto d’ingresso. Fortissima.
Della sezione Imperialismo Americano beh che dire: Robert Capa a Omaha Beach e Alzando la bandiera a Iwo Jima sono fotografie indimenticabili. Ma tutte le immagini in questa sezione sono poesia pura, dal veterano mutilato e nudo di Robert D’Alessandro alla folla sospesa a San Francisco di Stephen Shames, agli sguardi interrotti di Jill Freedman e di nuovo alla bandiera insanguinata di un altro Andres Serrano e alla sequenza di 5 scatti American Dream del francese Laurent Elie Badessi che ha dato anche l’immagine di copertina alla mostra e che è venuto a Padova a presenziare alla inaugurazione ricordando un dettaglio importante che appare sulle uniformi dei soldati bendati con la bandiera USA la scritta “Ceci n’est pas un rêve” che ovviamente è un omaggio a Magritte.
Poi le foto della tappa 11 settembre con gli scatti sulle macerie del WTC di Steve McCurry, la Flag of Honour e la foto della statua di Saddam che viene abbattuta a Baghdad.
E in conclusione la chiusura dell’esposizione, divertente, con la raccolta di immagini che va sotto il titolo di Una vita a stelle e strisce dove c’è modo per riconciliarsi con il maledetto sogno americano vedendo un po’ di immagini funny e pop come la foto di Naomi Harris Elettore di Hillary del 2017 (e poi dici ha vinto Trump !) o l’intramontabile reginetta di American Flag woman dello scatto di Laurie Greenfield del 2015.
C’è tutto, davvero tutto, in questa American Beauty. Da Robert Capa a Banksy dal 13 settembre 2023 al 21 gennaio 2024. Sottovoce si dice punti a battere i record padovani del Centro Altinate e a superare i 35mila spettatori. Agli organizzatori piace vincere facile, del resto.
Immagine: Ruth Orkin, Boy with flag, 1949, © RUTH ORKIN, by SIAE 2023
Padova e il Veneto del resto - memori lontani ricordi degli anni ‘80 quando l’edonismo reganiano e quindi la bandiera a stelle e strisce era una stampina da mettersi sul giubbotto di jeans paninaro - è il posto ideale dove dare ospitalità a questa intelligente mostra fotografica che riunisce oltre 130 opere d’arte (fotografie, serigrafie, sceen shots etc ..) con l’intento di offrire un ritratto il più completo possibile degli Stati Uniti. E la cosa divertente è che ci riesce benissimo, nonostante non sfugga alla stereotipata ripartizione tematica in cui ogni mostra amerikana debba necessariamente guardare. Quindi mettiamo le mani avanti ci sono necessariamente le sezioni ‘black lives matter’ e ‘undici settembre’ perchè non si può raccontare il mondo a stelle e a strisce - oggi - evitando questi argomenti, anche se un po’ tanto visti e rivisti e soprattutto mai ridiscussi nella modalità in cui vengono narrati. Ma tant’è. In questa esposizione ci sono molte belle immagini. Ci sono innanzitutto moltissime American Flags, bandiere americane, rappresentate e re-interpretate nella loro potenza iconica, in quello che Stefano Reia definisce “valore totemico”, potremmo dire di talismano, che racchiude in sé l’essenza stessa di quello che il sogno dei Founding Fathers rappresenta ancora oggi a tutte le latitudini del mondo - nonostante tutto, nonostante i tradimenti, le vessazioni, le maledizioni di un mondo troppo bello per non essere imperfetto, ingiusto, finto quanto basta e quindi straordinariamente umano, assoluto: America appunto.
Il viaggio segue un suo percorso a tappe che apre sul tema del Patriottismo e mette in scena scatti iconici come Ragazzo con bandiera di Ruth Orkin del 1949, foto di maestri come Henri Cartier-Bresson e di Vivian Maier e chiude sul folle sguardo di quel Ragazzo patriottico con bandiera fotografato da Diane Arbus.
Immagine:Andy Warhol, Moonwalk, 1987, serigrafia, The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts
La seconda tappa è quella - che forse abbiamo preferito - dedicata al tema del Potere che ha il pregio di tentare di colmare la più clamorosa lacuna di cui questa mostra padovana è certamente portatrice, ovvero l’assenza in una mostra che delle stelle a strisce fa il proprio manifesto de “La” Flag per eccellenza, il famoso e iconico dipinto che il pittore espressionista americano Jasper Johns realizzò tra il 1954 e il 1955 e che oggi si trova nelle collezioni del MoMA di New York. Lacuna che appunto viene colmata da un pregevole scatto di Dan Budnick del 1958 che vede un giovane Jasper nascondersi dietro le sue bandiere dipinte alla galleria di Leo Castelli. Una testimonianza preziosa che vale un perdono. E poi la bella stampa su carta di una bandiera americana cucita e ricreata sopra 24 banconote con l’effige di Benjamin Franklin realizzata dall’artista di Miami Steve Gagnon. O ancora la classica serigrafia Moonwalk dove Andy Warhol ridipinge a modo suo il famoso photoshot di Buzz Aldrin a fianco della bandiera americana fatto da Neil Armstrong in occasione della prima passeggiata lunare del duo che guidava l’Apollo 11. E JFK nella Stanza Ovale di Eisenstaedt o il fantastico Nixon di Raymond Depardon con doppia V for Victory che scende trionfante dal jet che lo ha portato - durante la campagna presidenziale - in the middle of nowhere a Sioux City.
Terza tappa del viaggio è Conflitti Culturali, che è un tema un po’ abusato, ma però .. non si può proprio saltare perchè contiene alcune delle immagini più mitiche e francamente imperdibili della mostra: su tutte Shepard Fairey We the people are greater than fear che immediatamente richiama l’iconica immagine con cui Barack Obama trionfò al suo primo mandato elettorale o la fotografia di una bellissima bandiera multietnica di Sara Rahbar o i B-Boys di Brooklyn ritratti da Jamel Shabazz (che a guardarli mi paiono i RUN DMC ma non ci giurerei - ndr). E in questa sezione c’è anche la litografia di una bandiera Melting Pot fatta con ritagli di carta di giornale del grandissimo genio del design Massimo Vignelli (quello che per intenderci, inter alia, ha disegnato la famosa mappa della metro di NYC) o il nascondimento fatto ad arte, questa volta ovviamente dietro una bandiera USA, dal cinese Liu Bolin che tra l’altro ricordiamo ai nostri lettori si ‘mimetizza’ a Firenze ancora fino al 18 settembre a Palazzo Vecchio. E c’è pure spazio per una bella ‘sfilata di culi con bandierina a stelle e strisce’ estrapolata da un video della nostra Vanessa Beecroft del 1998 e ovviamente Banksy (abbiamo detto sin dal principio che è una mostra ‘furba’ no ?) con una serigrafia su carta argentata del suo Flag. Santa’s Ghetto del 2006.
Immagine: Banksy, Flag (silver), 2006
Poi è il momento della sezione Black Lives Matter dove le più belle immagini a giudizio di chi scrive è sono le due foto di Steve Shapiro fatte durante la famosa marcia da Selma a Montgomery nel 1965 e la drammatica Flag Face di Andres Serrano del 2019 per chiudere la sezione - non si sa perchè, ma forse sì - con un democraticissimo ritratto di Bruce Springsteen del 1984, un classico firmato da Annie Leibovitz e per non farsi mancare niente una bandiera a tema musicale interpretata dal immancabile Keith Haring del 1998.
Poi bella e drammatica la sezione La Guerra in Casa dove la foto del 1994 della sfilata delle prigioniere del carcere femminile in Alabama di James Nactwey vale da sola il biglietto d’ingresso. Fortissima.
Della sezione Imperialismo Americano beh che dire: Robert Capa a Omaha Beach e Alzando la bandiera a Iwo Jima sono fotografie indimenticabili. Ma tutte le immagini in questa sezione sono poesia pura, dal veterano mutilato e nudo di Robert D’Alessandro alla folla sospesa a San Francisco di Stephen Shames, agli sguardi interrotti di Jill Freedman e di nuovo alla bandiera insanguinata di un altro Andres Serrano e alla sequenza di 5 scatti American Dream del francese Laurent Elie Badessi che ha dato anche l’immagine di copertina alla mostra e che è venuto a Padova a presenziare alla inaugurazione ricordando un dettaglio importante che appare sulle uniformi dei soldati bendati con la bandiera USA la scritta “Ceci n’est pas un rêve” che ovviamente è un omaggio a Magritte.
Poi le foto della tappa 11 settembre con gli scatti sulle macerie del WTC di Steve McCurry, la Flag of Honour e la foto della statua di Saddam che viene abbattuta a Baghdad.
E in conclusione la chiusura dell’esposizione, divertente, con la raccolta di immagini che va sotto il titolo di Una vita a stelle e strisce dove c’è modo per riconciliarsi con il maledetto sogno americano vedendo un po’ di immagini funny e pop come la foto di Naomi Harris Elettore di Hillary del 2017 (e poi dici ha vinto Trump !) o l’intramontabile reginetta di American Flag woman dello scatto di Laurie Greenfield del 2015.
C’è tutto, davvero tutto, in questa American Beauty. Da Robert Capa a Banksy dal 13 settembre 2023 al 21 gennaio 2024. Sottovoce si dice punti a battere i record padovani del Centro Altinate e a superare i 35mila spettatori. Agli organizzatori piace vincere facile, del resto.
Immagine: Ruth Orkin, Boy with flag, 1949, © RUTH ORKIN, by SIAE 2023
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