A Palermo, Capitale italiana della Cultura 2018, dal 28 marzo al 28 maggio
I fiamminghi di Sicilia alla corte dei Normanni
Ambito del maestro della Leggenda di Santa Lucia (attivo a Bruges), Santa Caterina d'Alessandria, fine del secolo XV- inizi XVI, olio su tavola, 15,3 x 53,8 cm, Palermo, Convento dei Cappuccini
Samantha De Martin
26/03/2018
Palermo - Un filo sottile intessuto di arte e bellezza fiamminga corre dalle Fiandre alla Sicilia sulle tracce delle antiche rotte commerciali del Cinquecento. Ad intrecciarlo con le preziose trame del tessuto storico e gli articolati sentieri del collezionismo siciliano, un percorso espositivo allestito a Palazzo Reale dal 28 marzo al 28 maggio, che presenta per la prima volta al pubblico una significativa selezione di dipinti fiamminghi presenti nelle collezioni pubbliche e private dell’isola.
Due nuclei tematici strettamente connessi tra loro accoglieranno 52 capolavori realizzati tra il tardo Quattrocento ed il Seicento, parte della mostra dal titolo Sicilië, pittura fiamminga, promossa dalla Fondazione Federico II e dall’assessorato regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, a cura di Vincenzo Abbate, Gaetano Bongiovanni e Maddalena De Luca.
I capolavori presenti in Sicilia, riconducibili al collezionismo e alla committenza artistica, affiancheranno i maestri fiamminghi e olandesi, attivi nel tessuto storico-sociale a partire dagli anni centrali del Cinquecento.
Oltre al trittico di Malvagna - opera miniaturista in cui vengono rappresentate una Madonna col bambino tra angeli, Santa Caterina d’Alessandria e Santa Dorotea, capolavoro di Jean Gossart, detto Mabuse, il percorso accoglie la Deposizione di Jan Provoost, uno degli esempi più significativi del passaggio dal Gotico al Rinascimento dei Paesi Bassi, in prestito dalla Galleria Abatellis di Palermo; mentre della collezione Chiaramonte Bordonaro proviene la Madonna con Bambino attribuita a Antoon van Dyck.
Allestita nelle rinnovate Sale Duca di Montalto di Palazzo Reale, la mostra sarà un’occasione per ammirare anche una Crocifissione attribuita a van Dyck, dalla collezione privata Palazzo Alliata di Villafranca, e ancora la Circoncisione di Simone de Wobreck - in prestito dalla Chiesa di San Domenico di Castelvetrano - che brilla accanto a La morte di Catone dell’olandese Mattia Stomer - proveniente dal Castello Ursino di Catania - contraddistinta da una plasticità voluminosa dell’incarnato e un forte impasto cromatico.
Quello tra la cultura artistica fiamminga e italiana è stato un incontro proficuo, uno scambio che ha lasciato ai maestri d’oltralpe la prospettiva e la rappresentazione dello spazio appresa dagli italiani, e agli artisti di casa nostra la pittura ad olio, la posa di tre quarti e l’uso delle velature della tradizione fiamminga.
Sono le rotte dei principali scali mediterranei come Genova e Napoli, a fungere da ponte tra Anversa e l'isola, una sorta di sentiero del mare percorso da tavolette di piccole e medie dimensioni a destinazione privata e spesso con finalità devozionale, merce di lusso, molto ricercata in quei secoli.
In questa riscoperta dello straordinario patrimonio siciliano c’è un’opera, in particolare, ad essere protagonista assoluta della mostra, che si svela al pubblico dopo trentadue anni di silenzio.
Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto, raffigurata su una tavoletta in legno di quercia, apparteneva, insieme all’altra tavoletta di San Rocco, a un trittico da devozione. Presentata nell’iconografia più semplice e tradizionale, la santa tiene in mano un libro che rimanda alla scienza da lei divulgata, mentre, ai suoi piedi, la ruota uncinata e il busto dell’imperatore Massimino alludono rispettivamente al martirio e all’eresia sconfitta.
L’opera - un raffinato olio su tavola realizzato tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI che rivela una straordinaria attenzione al dettaglio - corrisponde allo sportello destro di un trittico smembrato forse opera del cosiddetto Maestro della Leggenda di Santa Lucia, attivo a Bruges e vicino ai modi di Hans Memling e Gerard David.
Sarebbe stata donata dalla famiglia dei Luna, signori di Bivona, alla chiesa di San Giacomo, annessa al Convento dei Frati Cappuccini di Palermo, prima di essere chiusa in una cassa per oltre un trentennio, nel convento palermitano.
L’esposizione non trascura la patrona di Palermo, Santa Rosalia, raffigurata dal pittore fiammingo naturalizzato in Sicilia Geronimo Gerardi.
«La Sicilia e le Fiandre - commenta il presidente della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè - hanno antichi legami culturali che furono decisivi per sviluppare forti relazioni con le città marinare fiamminghe, determinando la migrazione di maestranze che dalle Fiandre e dall’Olanda si insediarono in Sicilia. La mostra, che intende omaggiare questo trait d’union culturale tra Mediterraneo e Mare del Nord, rappresenta un tributo alla storia mediterranea e nordica della nostra isola, in occasione dell’anno che vede Palermo Capitale della Cultura».
Leggi anche:
• Antonello da Messina, Laurana e Steve McCurry si incontrano a Palermo
• Sicilie, pittura fiamminga
Due nuclei tematici strettamente connessi tra loro accoglieranno 52 capolavori realizzati tra il tardo Quattrocento ed il Seicento, parte della mostra dal titolo Sicilië, pittura fiamminga, promossa dalla Fondazione Federico II e dall’assessorato regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, a cura di Vincenzo Abbate, Gaetano Bongiovanni e Maddalena De Luca.
I capolavori presenti in Sicilia, riconducibili al collezionismo e alla committenza artistica, affiancheranno i maestri fiamminghi e olandesi, attivi nel tessuto storico-sociale a partire dagli anni centrali del Cinquecento.
Oltre al trittico di Malvagna - opera miniaturista in cui vengono rappresentate una Madonna col bambino tra angeli, Santa Caterina d’Alessandria e Santa Dorotea, capolavoro di Jean Gossart, detto Mabuse, il percorso accoglie la Deposizione di Jan Provoost, uno degli esempi più significativi del passaggio dal Gotico al Rinascimento dei Paesi Bassi, in prestito dalla Galleria Abatellis di Palermo; mentre della collezione Chiaramonte Bordonaro proviene la Madonna con Bambino attribuita a Antoon van Dyck.
Allestita nelle rinnovate Sale Duca di Montalto di Palazzo Reale, la mostra sarà un’occasione per ammirare anche una Crocifissione attribuita a van Dyck, dalla collezione privata Palazzo Alliata di Villafranca, e ancora la Circoncisione di Simone de Wobreck - in prestito dalla Chiesa di San Domenico di Castelvetrano - che brilla accanto a La morte di Catone dell’olandese Mattia Stomer - proveniente dal Castello Ursino di Catania - contraddistinta da una plasticità voluminosa dell’incarnato e un forte impasto cromatico.
Quello tra la cultura artistica fiamminga e italiana è stato un incontro proficuo, uno scambio che ha lasciato ai maestri d’oltralpe la prospettiva e la rappresentazione dello spazio appresa dagli italiani, e agli artisti di casa nostra la pittura ad olio, la posa di tre quarti e l’uso delle velature della tradizione fiamminga.
Sono le rotte dei principali scali mediterranei come Genova e Napoli, a fungere da ponte tra Anversa e l'isola, una sorta di sentiero del mare percorso da tavolette di piccole e medie dimensioni a destinazione privata e spesso con finalità devozionale, merce di lusso, molto ricercata in quei secoli.
In questa riscoperta dello straordinario patrimonio siciliano c’è un’opera, in particolare, ad essere protagonista assoluta della mostra, che si svela al pubblico dopo trentadue anni di silenzio.
Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto, raffigurata su una tavoletta in legno di quercia, apparteneva, insieme all’altra tavoletta di San Rocco, a un trittico da devozione. Presentata nell’iconografia più semplice e tradizionale, la santa tiene in mano un libro che rimanda alla scienza da lei divulgata, mentre, ai suoi piedi, la ruota uncinata e il busto dell’imperatore Massimino alludono rispettivamente al martirio e all’eresia sconfitta.
L’opera - un raffinato olio su tavola realizzato tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI che rivela una straordinaria attenzione al dettaglio - corrisponde allo sportello destro di un trittico smembrato forse opera del cosiddetto Maestro della Leggenda di Santa Lucia, attivo a Bruges e vicino ai modi di Hans Memling e Gerard David.
Sarebbe stata donata dalla famiglia dei Luna, signori di Bivona, alla chiesa di San Giacomo, annessa al Convento dei Frati Cappuccini di Palermo, prima di essere chiusa in una cassa per oltre un trentennio, nel convento palermitano.
L’esposizione non trascura la patrona di Palermo, Santa Rosalia, raffigurata dal pittore fiammingo naturalizzato in Sicilia Geronimo Gerardi.
«La Sicilia e le Fiandre - commenta il presidente della Fondazione Federico II, Gianfranco Miccichè - hanno antichi legami culturali che furono decisivi per sviluppare forti relazioni con le città marinare fiamminghe, determinando la migrazione di maestranze che dalle Fiandre e dall’Olanda si insediarono in Sicilia. La mostra, che intende omaggiare questo trait d’union culturale tra Mediterraneo e Mare del Nord, rappresenta un tributo alla storia mediterranea e nordica della nostra isola, in occasione dell’anno che vede Palermo Capitale della Cultura».
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