Dal 17 maggio in una nuova sezione del Museo Archeologico
Piacenza e i Romani in mostra a Palazzo Farnese
Mosaico con cigli e lira, fine I secolo a.C, inizi I secolo d.C | Foto: © C.Vannini
Francesca Grego
14/05/2021
Piacenza - I celti, gli etruschi, i romani, i galli, i cartaginesi a cavallo degli elefanti: ne ha viste di storie Piacenza, al centro delle rotte del Nord Italia fin dalle epoche più antiche. Per narrarle tutte un nuovo itinerario museale è nato nei sotterranei recentemente restaurati di Palazzo Farnese, pronto ad aprire al pubblico da lunedì 17 maggio con i 1400 reperti della Sezione Romana del Museo Archeologico cittadino.
In 15 sale i visitatori potranno ripercorrere per la prima volta nella sua interezza l’avventura della fiorente Placentia, dalla fondazione romana nel 218 a.C. fino all’arrivo dei Longobardi sei secoli dopo. Urbanistica e commerci, religione e vita quotidiana, contaminazioni culturali e riti funebri si sveleranno in un allestimento ricco di opere e di curiosità, riaprendo una pagina di storia per lungo tempo celata agli stessi piacentini. In città, infatti, del periodo romano è visibile ben poco, se escludiamo il tracciato delle strade e piccoli gruppi di rovine: nulla è rimasto dell’anfiteatro, mentre sono incerti i contorni del foro, cuore pulsante della colonia, e non si conosce l’esatta posizione delle terme. I reperti, in compenso, abbondano: mosaici, sculture, utensili e oggetti rituali ci parlano della vita nella città romana, tra le memorie delle tante invasioni e lo sviluppo di una civiltà in simbiosi con il grande fiume, il Po.
Statua panneggiata firmata Kleoménes I Foto © Carlo Pagani
Tra i pezzi più originali dell’allestimento di Palazzo Farnese figura certamente il celebre Fegato di Piacenza, modello in bronzo di un fegato di pecora costellato di iscrizioni etrusche: gli antichi aruspici se ne servivano per interrogare il futuro, duemila anni prima che un contadino lo ritrovasse arando il suo campo. Se una maestosa statua dall’abito abilmente panneggiato ricorda i talenti dello scultore ateniese Kleoménes, la Sfinge Alata proveniente dalla tomba di un’eminente famiglia evoca gli onori tributati ai defunti, così come il letto funebre rivestito in osso, trovato durante i lavori per la costruzione di un nuovo reparto dell’ospedale.
Fegato di Piacenza, prima metà I secolo a.C. | Foto: © Carlo Vannini
Eleganti mosaici, mobili e lucerne restituiscono gli ambienti della domus romana, mentre le abitudini dei suoi abitanti tornano in vita grazie a giochi da tavolo, come una preziosa scacchiera in terracotta, strumenti per la scrittura, ornamenti femminili e contenitori per profumi, attrezzi per la filatura e la tessitura. Tra i reperti più recenti spicca una serie di antefisse decorative, usate per impreziosire le tegole dei templi nella tradizione ellenistico-orientale, grazie alle quali gli archeologi hanno potuto ricostruire l’apparato ornamentale di un santuario perduto.
Scacchiera in terracotta, II-III sec. d.C. e pedine da gioco in pasta vitrea I-IV sec. d.C. | Foto: © Carlo Vannini
Per chi desidera approfondire l’argomento e viaggiare nel tempo con l’aiuto delle tecnologie, il gruppo di ricerca Piacenza Romana (https://www.piacenzaromana.it) mette a disposizione tre itinerari di realtà virtuale: con un’app per smartphone e occhiali 3D si può visitare Placentia così com’era ai tempi dell’Impero, in un continuo confronto con la città contemporanea, mentre immagini, mappe e contributi audio offrono ai visitatori del sito una guida ai luoghi dell’antica colonia.
In 15 sale i visitatori potranno ripercorrere per la prima volta nella sua interezza l’avventura della fiorente Placentia, dalla fondazione romana nel 218 a.C. fino all’arrivo dei Longobardi sei secoli dopo. Urbanistica e commerci, religione e vita quotidiana, contaminazioni culturali e riti funebri si sveleranno in un allestimento ricco di opere e di curiosità, riaprendo una pagina di storia per lungo tempo celata agli stessi piacentini. In città, infatti, del periodo romano è visibile ben poco, se escludiamo il tracciato delle strade e piccoli gruppi di rovine: nulla è rimasto dell’anfiteatro, mentre sono incerti i contorni del foro, cuore pulsante della colonia, e non si conosce l’esatta posizione delle terme. I reperti, in compenso, abbondano: mosaici, sculture, utensili e oggetti rituali ci parlano della vita nella città romana, tra le memorie delle tante invasioni e lo sviluppo di una civiltà in simbiosi con il grande fiume, il Po.
Statua panneggiata firmata Kleoménes I Foto © Carlo Pagani
Tra i pezzi più originali dell’allestimento di Palazzo Farnese figura certamente il celebre Fegato di Piacenza, modello in bronzo di un fegato di pecora costellato di iscrizioni etrusche: gli antichi aruspici se ne servivano per interrogare il futuro, duemila anni prima che un contadino lo ritrovasse arando il suo campo. Se una maestosa statua dall’abito abilmente panneggiato ricorda i talenti dello scultore ateniese Kleoménes, la Sfinge Alata proveniente dalla tomba di un’eminente famiglia evoca gli onori tributati ai defunti, così come il letto funebre rivestito in osso, trovato durante i lavori per la costruzione di un nuovo reparto dell’ospedale.
Fegato di Piacenza, prima metà I secolo a.C. | Foto: © Carlo Vannini
Eleganti mosaici, mobili e lucerne restituiscono gli ambienti della domus romana, mentre le abitudini dei suoi abitanti tornano in vita grazie a giochi da tavolo, come una preziosa scacchiera in terracotta, strumenti per la scrittura, ornamenti femminili e contenitori per profumi, attrezzi per la filatura e la tessitura. Tra i reperti più recenti spicca una serie di antefisse decorative, usate per impreziosire le tegole dei templi nella tradizione ellenistico-orientale, grazie alle quali gli archeologi hanno potuto ricostruire l’apparato ornamentale di un santuario perduto.
Scacchiera in terracotta, II-III sec. d.C. e pedine da gioco in pasta vitrea I-IV sec. d.C. | Foto: © Carlo Vannini
Per chi desidera approfondire l’argomento e viaggiare nel tempo con l’aiuto delle tecnologie, il gruppo di ricerca Piacenza Romana (https://www.piacenzaromana.it) mette a disposizione tre itinerari di realtà virtuale: con un’app per smartphone e occhiali 3D si può visitare Placentia così com’era ai tempi dell’Impero, in un continuo confronto con la città contemporanea, mentre immagini, mappe e contributi audio offrono ai visitatori del sito una guida ai luoghi dell’antica colonia.
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