Agli Arsenali medicei a partire da fine febbraio
Aprirà al pubblico la "Pompei del mare". Le navi di Pisa al centro di un percorso lungo nove secoli
Una delle navi romane parte del percorso espositivo che aprirà a fine febbraio. Courtesy Cooperativa Archeologia
Samantha De Martin
21/01/2019
Pisa - Il giaccone in cuoio di un marinaio, lo scheletro di un uomo abbracciato a quello di un cane, un barattolo di alici sotto sale, una cassetta in legno piena di monete e medicamenti.
C’è un racconto lungo nove secoli, fatto di commerci e marinai, di rotte e di naufragi, navigazioni e vita di bordo, rimasto imbrigliato nel fango, in una rete di canali non lontano da Pisa, sigillato nel tempo dai depositi alluvionali. Una storia che riprenderà voce a fine febbraio e sarà completamente svelata al pubblico con l’apertura della parte espositiva del Museo delle Navi di Pisa, in uno spazio di ben 4700 metri quadri all’interno degli Arsenali medicei, costruiti nella seconda metà del Cinquecento per volontà di Cosimo I.
Gli Arsenali medicei a Pisa. Courtesy Cooperativa Archeologia
Finora le loro porte si erano aperte solo temporanemente, in occasione di visite guidate su prenotazione all’interno del cantiere.
La storia di quella che è stata ribattezzata la “Pompei del mare” ha inizio nel 1998, anno in cui, poco fuori l’antica cerchia delle mura della città, durante i lavori presso la stazione ferroviaria di Pisa San Rossore, l’escavatore rintracciò qualcosa di imprevisto. A circa tre metri di profondità emersero i relitti di trenta navi romane (11 delle quali integre) risalenti a un arco di tempo compreso tra il II secolo a.C. e il VII d.C., ancora cariche di vasellame da mensa e da cucina, di calzature in legno, oggetti di culto che i marinai portavano con sé durante i viaggi pericolosi.
Una lucerna rinvenuta durante lo scavo. Courtesy Cooperativa Archeologia
Il grande cantiere di scavo inaugurato a seguito della scoperta si concluse nel 2016, al termine di un laborioso lavoro di archeologi e restauratori che ha ricomposto l’inedito mosaico di un’affascinante storia.
«Per quasi vent’anni Pisa ha atteso il completamento di questa parte espositiva del Museo delle navi - spiega Andrea Muzzi, soprintendente per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Pisa e Livorno -. L’allestimento all’interno degli Arsenali medicei, che riguarderà le navi romane di Pisa, sarà diverso da quello degli altri musei. A prevalere sarà l’aspetto del racconto. Oltre ai luoghi verranno ricostruite le attività che ruotavano intorno alle navi, la vita quotidiana di bordo. Si tratterà di un racconto multimediale che si avvarrà dei sistemi moderni della tecnologia. I visitatori non vedranno soltanto i singoli oggetti, bensì verranno a conoscenza delle storie, ad esempio di quella del marinaio e del suo cane, i cui scheletri sono stati rinvenuti abbracciati l’uno all’altro. Il completamento dell’allestimento e l’attesa apertura consentirà una certa regolarità delle visite. Accanto alle sale che caratterizzeranno l’intera parte espositiva relativa alle navi, ci sarà anche il Museo della città, il museo che Pisa ancora non aveva».
Un’avventura archeologica straordinaria, dunque, non soltanto per il patrimonio di inestimabile valore che ha restituito, ma soprattutto per la particolarità del restauro effettuato. San Rossore ha infatti accolto per la prima volta un laboratorio di restauro del legno bagnato, nato proprio con questa scoperta, divenuto un centro di eccellenza di richiamo internazionale.
Restauro della nave C. Courtesy Cooperativa Archeologia
Lo scavo
Durante lo scavo, i relitti sono stati liberati dal terreno secondo il metodo proprio dello scavo archeologico, e dai pannelli in vetroresina. Per garantire l’umidità necessaria, si è fissato sui reperti un impianto di nebulizzazione, progettato per ogni imbarcazione. A questo è stato sovrapposto un nuovo guscio di vetroresina per preservare l’imbarcazione durante il sollevamento, il trasporto e la messa a dimora. L’imbarcazione, così incapsulata, è stata fissata a un telaio metallico e quindi sollevata e spostata in laboratorio per il restauro. Lo scavo archeologico ha permesso di recuperare diversi oggetti di legno. Le operazioni hanno previsto l’eliminazione dell’acqua, sostituita con sostanze che, riempiendo le microcavità, hanno consentito al legno di stabilizzarsi durante l’essiccazione, in ambienti controllati o con liofilizzatore.
Un percorso in otto sezioni tra 8mila reperti
Con l’archeologo Andrea Camilli, direttore scientifico del cantiere di scavo e del nuovo spazio espositivo, ripercorriamo le otto aree tematiche prossime all’apertura, che accoglieranno circa 8mila reperti.
«La prima sezione - anticipa Camilli - intitolata La città tra i due fiumi racconterà la storia di Pisa, dalla protostoria alla fine dell’età tardo-antica e del Regno longobardo. Tra gli oggetti di rilievo, il cippo etrusco della Figuretta e le palizzate lignee delle capanne etrusche».
La seconda sezione, Terre e acque, offrirà invece uno spaccato trasversale, mettendo in luce il legame del territorio con l’acqua, mentre quella dedicata alle Alluvioni illustrerà l’origine dei depositi archeologici costituiti dalle navi, tracciando un excursus sulle metodologie della ricerca archeologica.
Al centro della sezione Navalia ci sono le antiche tecniche di costruzione navale e quelle moderne di restauro.
L’Alchedo - la nave C, l’ammiraglia, la grande imbarcazione a remi di età augustea, di oltre 22 metri di lunghezza, conservata praticamente intatta e rinvenuta durante gli scavi - è invece il fiore all’occhiello della quinta sezione. Consistenti tracce di colore hanno consentito di riprodurre il suo colore originale, in bianco con rifiniture in rosso e il nero per il simbolo dell’occhio, dipinto sulla prua a protezione delle avversità di chi va per mare.
Seguono le sezioni dedicate ai Commerci - con una spettacolare parete di 15 metri dove sono esposte le anfore da trasporto rinvenute nello scavo, che svelano interessanti aspetti su come venissero imballate e tappate le anfore - e alla Navigazione, con tanto di sezione didattica che spiega l’orientamento attraverso le stelle, frammenti di vele o un’ancora in legno alta oltre due metri.
Ancora restaurata. Courtesy Cooperativa Archeologia
A chiudere il percorso sarà la sezione dedicata alla Vita di bordo, con oggetti affascinanti conservatisi nel tempo, dalle spazzole per pulire il ponte alle torce per l’illuminazione, dalla valigetta del marinaio al giaccone in cuoio.
Il tappo di un'anfora. Courtesy Cooperativa Archeologia
Le alluvioni e il dissesto idrogeologico all'origine dei naufragi
Ma cosa è successo a queste navi? Che cosa ha fatto sì che venissero inghiottite per sempre in un pantano di fango e detriti? «In età etrusca - spiega Camilli - Pisa era una città boschiva. Quando entrò nell’orbita dei romani si trasformò in una sorta di “città industriale” ante litteram. Come testimonia Strabone, la fonte dell’economia pisana era rappresentata dall’esportazione dei tronchi degli alberi ad alto fusto per ricavarne le travi delle case. Ne derivò un sempre più rapido disboschamento della valle dell’Arno e del Serchio che ha portato a un dissesto idrogeologico. In quest’area le alluvioni erano frequenti. Ne sono state identificate nove che hanno portato a dodici secoli di depositi».
Poco a monte dell’Arno, che allora scorreva poco distante, si trovava un bacino naturale del fiume Auser, l’antico Serchio. Si trattava di una zona portuale, dove si trovavano navi da mare, ma anche piroghe e navi di fiume. Il percorso dell’Auser fu inciso da canali che coincidevano con le maglie della centuriazione. Questa strategica organizzazione del territorio provocò però periodici disastri a causa della difficoltà dell’assorbimento delle piene fluviali: l’acqua non veniva assorbita dal mare tornando indietro con estrema forza e causando il naufragio delle navi in rada nel bacino dell’Auser.
Sarebbero state queste alluvioni trasformatesi in veri e propri tsunami ad aver affondato le navi, interrandole per secoli nel fango.
Eppure l’ambiente umido ha consentito la conservazione dei reperti. Il legno, sott'acqua in assenza di ossigeno, è riuscito a mantenere quasi intatta la sua struttura anatomica.
A breve potremo osservare questi reperti più belli che mai, "salendo" a bordo delle navi insieme ai marinai, ripercorrendo le loro storie, approdate finalmente in un porto sicuro, consegnate per sempre all’eternità.
Leggi anche:
• Il Museo delle navi che nascerà a Pisa
• Pisa punta sulle sue antiche navi
C’è un racconto lungo nove secoli, fatto di commerci e marinai, di rotte e di naufragi, navigazioni e vita di bordo, rimasto imbrigliato nel fango, in una rete di canali non lontano da Pisa, sigillato nel tempo dai depositi alluvionali. Una storia che riprenderà voce a fine febbraio e sarà completamente svelata al pubblico con l’apertura della parte espositiva del Museo delle Navi di Pisa, in uno spazio di ben 4700 metri quadri all’interno degli Arsenali medicei, costruiti nella seconda metà del Cinquecento per volontà di Cosimo I.
Gli Arsenali medicei a Pisa. Courtesy Cooperativa Archeologia
Finora le loro porte si erano aperte solo temporanemente, in occasione di visite guidate su prenotazione all’interno del cantiere.
La storia di quella che è stata ribattezzata la “Pompei del mare” ha inizio nel 1998, anno in cui, poco fuori l’antica cerchia delle mura della città, durante i lavori presso la stazione ferroviaria di Pisa San Rossore, l’escavatore rintracciò qualcosa di imprevisto. A circa tre metri di profondità emersero i relitti di trenta navi romane (11 delle quali integre) risalenti a un arco di tempo compreso tra il II secolo a.C. e il VII d.C., ancora cariche di vasellame da mensa e da cucina, di calzature in legno, oggetti di culto che i marinai portavano con sé durante i viaggi pericolosi.
Una lucerna rinvenuta durante lo scavo. Courtesy Cooperativa Archeologia
Il grande cantiere di scavo inaugurato a seguito della scoperta si concluse nel 2016, al termine di un laborioso lavoro di archeologi e restauratori che ha ricomposto l’inedito mosaico di un’affascinante storia.
«Per quasi vent’anni Pisa ha atteso il completamento di questa parte espositiva del Museo delle navi - spiega Andrea Muzzi, soprintendente per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Pisa e Livorno -. L’allestimento all’interno degli Arsenali medicei, che riguarderà le navi romane di Pisa, sarà diverso da quello degli altri musei. A prevalere sarà l’aspetto del racconto. Oltre ai luoghi verranno ricostruite le attività che ruotavano intorno alle navi, la vita quotidiana di bordo. Si tratterà di un racconto multimediale che si avvarrà dei sistemi moderni della tecnologia. I visitatori non vedranno soltanto i singoli oggetti, bensì verranno a conoscenza delle storie, ad esempio di quella del marinaio e del suo cane, i cui scheletri sono stati rinvenuti abbracciati l’uno all’altro. Il completamento dell’allestimento e l’attesa apertura consentirà una certa regolarità delle visite. Accanto alle sale che caratterizzeranno l’intera parte espositiva relativa alle navi, ci sarà anche il Museo della città, il museo che Pisa ancora non aveva».
Un’avventura archeologica straordinaria, dunque, non soltanto per il patrimonio di inestimabile valore che ha restituito, ma soprattutto per la particolarità del restauro effettuato. San Rossore ha infatti accolto per la prima volta un laboratorio di restauro del legno bagnato, nato proprio con questa scoperta, divenuto un centro di eccellenza di richiamo internazionale.
Restauro della nave C. Courtesy Cooperativa Archeologia
Lo scavo
Durante lo scavo, i relitti sono stati liberati dal terreno secondo il metodo proprio dello scavo archeologico, e dai pannelli in vetroresina. Per garantire l’umidità necessaria, si è fissato sui reperti un impianto di nebulizzazione, progettato per ogni imbarcazione. A questo è stato sovrapposto un nuovo guscio di vetroresina per preservare l’imbarcazione durante il sollevamento, il trasporto e la messa a dimora. L’imbarcazione, così incapsulata, è stata fissata a un telaio metallico e quindi sollevata e spostata in laboratorio per il restauro. Lo scavo archeologico ha permesso di recuperare diversi oggetti di legno. Le operazioni hanno previsto l’eliminazione dell’acqua, sostituita con sostanze che, riempiendo le microcavità, hanno consentito al legno di stabilizzarsi durante l’essiccazione, in ambienti controllati o con liofilizzatore.
Un percorso in otto sezioni tra 8mila reperti
Con l’archeologo Andrea Camilli, direttore scientifico del cantiere di scavo e del nuovo spazio espositivo, ripercorriamo le otto aree tematiche prossime all’apertura, che accoglieranno circa 8mila reperti.
«La prima sezione - anticipa Camilli - intitolata La città tra i due fiumi racconterà la storia di Pisa, dalla protostoria alla fine dell’età tardo-antica e del Regno longobardo. Tra gli oggetti di rilievo, il cippo etrusco della Figuretta e le palizzate lignee delle capanne etrusche».
La seconda sezione, Terre e acque, offrirà invece uno spaccato trasversale, mettendo in luce il legame del territorio con l’acqua, mentre quella dedicata alle Alluvioni illustrerà l’origine dei depositi archeologici costituiti dalle navi, tracciando un excursus sulle metodologie della ricerca archeologica.
Al centro della sezione Navalia ci sono le antiche tecniche di costruzione navale e quelle moderne di restauro.
L’Alchedo - la nave C, l’ammiraglia, la grande imbarcazione a remi di età augustea, di oltre 22 metri di lunghezza, conservata praticamente intatta e rinvenuta durante gli scavi - è invece il fiore all’occhiello della quinta sezione. Consistenti tracce di colore hanno consentito di riprodurre il suo colore originale, in bianco con rifiniture in rosso e il nero per il simbolo dell’occhio, dipinto sulla prua a protezione delle avversità di chi va per mare.
Seguono le sezioni dedicate ai Commerci - con una spettacolare parete di 15 metri dove sono esposte le anfore da trasporto rinvenute nello scavo, che svelano interessanti aspetti su come venissero imballate e tappate le anfore - e alla Navigazione, con tanto di sezione didattica che spiega l’orientamento attraverso le stelle, frammenti di vele o un’ancora in legno alta oltre due metri.
Ancora restaurata. Courtesy Cooperativa Archeologia
A chiudere il percorso sarà la sezione dedicata alla Vita di bordo, con oggetti affascinanti conservatisi nel tempo, dalle spazzole per pulire il ponte alle torce per l’illuminazione, dalla valigetta del marinaio al giaccone in cuoio.
Il tappo di un'anfora. Courtesy Cooperativa Archeologia
Le alluvioni e il dissesto idrogeologico all'origine dei naufragi
Ma cosa è successo a queste navi? Che cosa ha fatto sì che venissero inghiottite per sempre in un pantano di fango e detriti? «In età etrusca - spiega Camilli - Pisa era una città boschiva. Quando entrò nell’orbita dei romani si trasformò in una sorta di “città industriale” ante litteram. Come testimonia Strabone, la fonte dell’economia pisana era rappresentata dall’esportazione dei tronchi degli alberi ad alto fusto per ricavarne le travi delle case. Ne derivò un sempre più rapido disboschamento della valle dell’Arno e del Serchio che ha portato a un dissesto idrogeologico. In quest’area le alluvioni erano frequenti. Ne sono state identificate nove che hanno portato a dodici secoli di depositi».
Poco a monte dell’Arno, che allora scorreva poco distante, si trovava un bacino naturale del fiume Auser, l’antico Serchio. Si trattava di una zona portuale, dove si trovavano navi da mare, ma anche piroghe e navi di fiume. Il percorso dell’Auser fu inciso da canali che coincidevano con le maglie della centuriazione. Questa strategica organizzazione del territorio provocò però periodici disastri a causa della difficoltà dell’assorbimento delle piene fluviali: l’acqua non veniva assorbita dal mare tornando indietro con estrema forza e causando il naufragio delle navi in rada nel bacino dell’Auser.
Sarebbero state queste alluvioni trasformatesi in veri e propri tsunami ad aver affondato le navi, interrandole per secoli nel fango.
Eppure l’ambiente umido ha consentito la conservazione dei reperti. Il legno, sott'acqua in assenza di ossigeno, è riuscito a mantenere quasi intatta la sua struttura anatomica.
A breve potremo osservare questi reperti più belli che mai, "salendo" a bordo delle navi insieme ai marinai, ripercorrendo le loro storie, approdate finalmente in un porto sicuro, consegnate per sempre all’eternità.
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