Era chiuso dal 2013
Prato saluta il nuovo Centro Pecci
Qui Zhijie, Map of Mythological Creatures, 2013, inchiostro su carta 7 pezzi, 120 x 240 cm, courtesyof GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
L.S.
17/10/2016
Prato - Dopo tre anni di stop, il 16 ottobre ha ufficialmente riaperto il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, la prima istituzione pubblica italiana dedicata all’arte contemporanea, alla sua documentazione e alla diffusione delle ricerche più avanguardistiche nei diversi campi delle arti visive, dall'architettura al design, dalla moda al cinema, dalla musica alla letteratura.
Nato nel 1988 per volontà dell'imprenditore Enrico Pecci, il Centro venne costruito ex novo grazie ad una cordata di enti pubblici e mecenati privati. Un esempio di collaborazione virtuosa che ha dato casa ad una prestigiosa collezione di più di mille pezzi con opere dei principali artisti internazionali da Kounellis a Fabre, da LeWitt a Kapoor, da Merz a Pistoletto.
Proprio la vastità del patrimonio che per mancanza di spazi era sacrificato nei depositi, ha suggerito di raddoppiare la superficie espositiva. Un intervento tanto radicale da spingere a ristrutturare anche il complesso originale. Nel 2006 attraverso i Fondi Europei, il Comune di Prato e la Regione Toscana hanno così avviato la costruzione di una nuova ala collegata al corpo originale, nel frattempo riqualificato e potenziato.
Ora ci sono 100mila metri quadri di spazio, un archivio, una biblioteca specializzata con più di 50mila volumi, un teatro all'aperto, un cinema-auditorium, uno spazio performativo, un bookshop, un pub bistrot e un ristorante, e ancora laboratori e sale d'incontro.
All'affascinante ampliamento firmato dall'architetto olandese Maurice Nio, che conservando intatto l'edificio esistente realizzato da Gamberini ha progettato un nuovo volume a forma di anello, corrisponde dunque un raddoppiamento culturale teso a coinvolgere e contagiare il territorio e la comunità. Questa aspirazione si manifesta nel corpo trasparente collocato al piano terra e pensato per rivolgersi all'esterno solleticando la curiosità di chi da fuori intravede l'interno. L'elemento simile ad un antenna posto sulla sommità del complesso, rappresenta invece la vocazione a captare nuovi segnali espressivi.
La prima mostra in programma si intitola La fine del mondo ed è curata dal direttore Fabio Cavallucci che ha sfruttato l'intera superficie espositiva del Centro per presentare opere di cinquanta artisti internazionali che inviteranno il pubblico a sperimentare una visione lontana del nostro presente osservato come fosse un reperto fossile.
Nato nel 1988 per volontà dell'imprenditore Enrico Pecci, il Centro venne costruito ex novo grazie ad una cordata di enti pubblici e mecenati privati. Un esempio di collaborazione virtuosa che ha dato casa ad una prestigiosa collezione di più di mille pezzi con opere dei principali artisti internazionali da Kounellis a Fabre, da LeWitt a Kapoor, da Merz a Pistoletto.
Proprio la vastità del patrimonio che per mancanza di spazi era sacrificato nei depositi, ha suggerito di raddoppiare la superficie espositiva. Un intervento tanto radicale da spingere a ristrutturare anche il complesso originale. Nel 2006 attraverso i Fondi Europei, il Comune di Prato e la Regione Toscana hanno così avviato la costruzione di una nuova ala collegata al corpo originale, nel frattempo riqualificato e potenziato.
Ora ci sono 100mila metri quadri di spazio, un archivio, una biblioteca specializzata con più di 50mila volumi, un teatro all'aperto, un cinema-auditorium, uno spazio performativo, un bookshop, un pub bistrot e un ristorante, e ancora laboratori e sale d'incontro.
All'affascinante ampliamento firmato dall'architetto olandese Maurice Nio, che conservando intatto l'edificio esistente realizzato da Gamberini ha progettato un nuovo volume a forma di anello, corrisponde dunque un raddoppiamento culturale teso a coinvolgere e contagiare il territorio e la comunità. Questa aspirazione si manifesta nel corpo trasparente collocato al piano terra e pensato per rivolgersi all'esterno solleticando la curiosità di chi da fuori intravede l'interno. L'elemento simile ad un antenna posto sulla sommità del complesso, rappresenta invece la vocazione a captare nuovi segnali espressivi.
La prima mostra in programma si intitola La fine del mondo ed è curata dal direttore Fabio Cavallucci che ha sfruttato l'intera superficie espositiva del Centro per presentare opere di cinquanta artisti internazionali che inviteranno il pubblico a sperimentare una visione lontana del nostro presente osservato come fosse un reperto fossile.
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