A Reggio Emilia dal 17 novembre al 17 marzo

James Bradburne porta a Palazzo Magnani la magia delle marionette: "Incantare con la forza sovversiva dei burattini"

Sophie Taeuber-Arp, ideazione ed esecuzione di Pappagallo 1918 (riproduzione 1993) Marionetta per "Il Re Cervo", Legno tornito e verniciato; lamiera di ottone Univesità delle Arti di Zurigo / Museo del Design di Zurigo / Collezione di arti applicate
 

Samantha De Martin

14/11/2023

Reggio Emilia - “Nessuno uscirà da Palazzo Magnani senza la sua buona dose di incanto”.
Parola di James Bradburne. L’ex direttore della Pinacoteca di Brera, che ha trasformato l’istituzione milanese in un museo “verbo”, portando, anche attraverso l’introduzione della piattaforma multimediale BreraPlus, un museo partecipativo al centro della città e della vita delle famiglie, riversa adesso la sua creatività inarrestabile in una mostra-spettacolo mai vista prima in Italia e che promette di stregare grandi e bambini.
La cornice è quella di Palazzo Magnani, a Reggio Emilia, dove dal 17 novembre al 17 marzo l’esposizione Marionette e Avanguardia. Picasso Depero Klee Sarzi, coordinata appunto da Bradburne, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani, condurrà il pubblico di ogni età nel grande teatro della meraviglia.


Aleksandra Aleksandrovna Ekster, ideazione di Colombine, 1926 marionetta, produzione 2017 PLA stampata, legno verniciato, metalli, ottone, tessuto dipinto, plastica, colore acrilico Univesità delle Arti di Zurigo / Museo del Design di Zurigo / Collezione di arti applicate

Parola d’ordine: sovvertire, riscoprire e mettere in luce il ruolo politico delle marionette a partire dall’Avanguardia.
Il percorso ruota attorno al concetto di “quarta parete”, e cioè la capacità di coinvolgimento emotivo che fa di uno spettacolo ben riuscito una realtà in grado di fare immergere lo spettatore nella storia messa in scena. Quando una marionetta o un burattino rompono la quarta parete conquistano la fiducia del pubblico, dando allo spettacolo il potere di sfumare la divisione tra palcoscenico e mondo, tra arte e vita.
A dare il benvenuto agli ospiti è una coloratissima schiera di puppets. Da un lato ci sono le marionette (manipolate dall’alto), dall’altro i burattini (manipolati dal basso), dagli esemplari più antichi, come i Pulcinella o gli Arlecchino della Commedia dell’Arte, a quelli di Otello Sarzi, il burattinaio antifascista, reggiano di adozione, realizzati con materiali sperimentali.
Due i palcoscenici (a simulare una baracca e un castelet) allestiti nelle sale a piano terra, che consentiranno a tutti i visitatori di cimentarsi con il “teatro di figura”.
I costumi a grandezza naturale disegnati da Pablo Picasso per Parade, il balletto coreografico che i Ballets russes di Sergej Djaghilev portarono in scena a Parigi nel 1917, la dicono lunga sull’ampio universo abbracciato dalla mostra dai risvolti sfaccettati e i linguaggi trasversali.

Come nasce l’idea di questa mostra?
“L’idea è nata da due esigenze diverse. La prima esigenza è stata quella di sopperire a un buco venutosi a creare nella programmazione di Palazzo Magnani. Per una serie di motivi una mostra è saltata e allora il comitato scientifico della Fondazione Magnani, del quale sono membro, ha dovuto pensare a un altro progetto sostitutivo. La seconda nasce da una mia personale curiosità. Da poco ho realizzato un film, un’opera per bambini per la piattaforma Brera Plus, dal titolo Peregrin and the Giant Fish, un racconto in musica che ha come protagonista la marionetta Peregrin in viaggio verso un mondo migliore sul dorso di un pesce rosso, ispirato alla favola illustrata che Tom Siedmann-Freud diede alle stampe nel 1923. Grazie a questa esperienza, che mi ha visto impegnato per quasi un anno sulla Vienna dei primi del Novecento e sull’utilizzo delle marionette, ho scritto un libretto basato sulla firmata dalla nipote del padre della psicanalisi. Attraverso tutte queste ricerche ho scoperto un mondo e così ho pensato di mettere a disposizione di Palazzo Magnani questo “tesoretto”, un soggetto molto contemporaneo che nessuno ha mai esplorato”.

Perché contemporaneo?
“Perché viviamo in un mondo in cui le persone giocano in vario modo, con gli avatar, i robot, ma le marionette, soprattutto quelle dell’Avanguardia, erano utili a fare da tramite tra l’attore di teatro e il regista. Le marionette non sono autonome, non sono attori, ma rappresentano una forma che sta in mezzo, simili a un avatar”.


Fortunato Depero, Gallina (Marionette dei Balli Plastici) 1918 (ricostruzione 1980) legno, 62 x 56 x 13 cm Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto - Fondo Depero (MD 0026-f) Foto © Archivio fotografico e Mediateca Mart

Quali sono gli obiettivi della mostra?
“Il primo obiettivo è quello di incantare, stregare le famiglie e i bambini per ripresentare una forma di arte, appunto il teatro delle marionette e dei burattini, che negli ultimi anni è rimasta un po’ in disparte, soppiantata ad esempio dalla televisione. Ho voluto presentare un format non digitale del teatro, a misura di famiglia. Il secondo piano di questa mostra, che coincide con la seconda parte, è la sua capacità di approfondire la tensione tra l’attore e il regista tramite l’utilizzo delle marionette per mettere al centro i loro gesti, al posto dell’espressione dell’attore”.

Dal Futurismo, con il teatro di Depero e Prampolini, a Otello Sarzi. Com’è organizzato il percorso?
“Partiamo dai primi del Novecento, con il teatro futurista di Depero e Prampolini. Le marionette esprimevano un’estetica macchinica, erano astratte e, dopo la devastazione della Prima guerra mondiale, catturavano la triste realtà dei soldati di ritorno amputati e mutilati, come illustrato da Sironi, Carrà e De Chirico. Passiamo poi attraverso gli esperimenti fatti a Vienna negli anni Venti quando, insieme a Berlino, questa capitale culturale europea era una fucina di creatività nell'arte, nel teatro, nella musica, nella filosofia e nelle scienze. Entriamo nel mondo del Bauhaus, nella Weimar degli anni Venti, con Paul Klee, Andor Weininger, Lothar Schreyer, Sophie Täuber Arp e Oskar Schlemmer. Arriviamo quindi all'avanguardia russa con la sezione “Le marionette e la Rivoluzione”.

Quando Lenin e la moglie Natalia Krupskaya decisero di combattere l’analfabetismo e di formare il nuovo cittadino sovietico capirono che l’uso delle marionette era l'ideale e, lavorando con artisti, architetti e scrittori di primo piano, figure come Natalia Sats, Samuil Marshak, El Lissitzky, Aleksandra Ekster, Nina Efimova, hanno sperimentato nuove forme di teatro per bambini...
“Le marionette erano un pretesto per la propaganda. In Russia, più che in qualsiasi altro paese, l’infanzia era un momento fondamentale, era la fase nella quale si sarebbe formato il futuro cittadino sovietico”.


Aleksandra Aleksandrovna Ekster, ideazione di Colombine, 1926 marionetta, produzione 2017 PLA stampata, legno verniciato, metalli, ottone, tessuto dipinto, plastica, colore acrilico Univesità delle Arti di Zurigo / Museo del Design di Zurigo / Collezione di arti applicate

Chiude il percorso un omaggio al burattinaio antifascista Otello Sarzi, una figura poetica che ha segnato la storia artistica ed educativa di Reggio Emilia...
“Finiamo con il periodo postbellico reggiano con il grande personaggio di Otello Sarzi, a cento anni dalla nascita. Nell’epilogo spieghiamo invece il viaggio di queste figure in America dove viene traghettato tutto l’universo creatosi dall’esperienza dell’Avanguardia europea”.

Da Brera a Palazzo Magnani, ancora una volta il pubblico torna al centro della vita del museo. Insomma ci sarà da divertirsi...
“Da Palazzo Strozzi a Brera, il mio obiettivo principale è stato quello di mettere al centro il pubblico e le famiglie. Qui l’esperienza è filtrata, ma nasce dall’avventura braidense. Adesso mi trovo in mostra, stiamo preparando l’allestimento ed è una meraviglia. Ha queste due declinazioni. Non è una mostra strettamente ludica o per l’infanzia, ma nemmeno un percorso intellettuale dedicato all’avanguardia e alla filosofia del palcoscenico. È una mostra per tutti. Ha un aspetto profondo e studiato, va oltre l’entertainment e la banalizzazione che la Disney ha fatto talvolta di molte fiabe. Disney ha ucciso il senso politico della maggior parte delle fiabe del Novecento. Io credo che qui abbiamo la possibilità di riprendere e rimettere in luce la parte politica sovversiva, attivista delle marionette a cominciare dalle figure dell’Avanguardia”.

Ad arricchire la mostra saranno una serie di attività collaterali, visite guidate, conferenze, attività formative e didattiche per scuole di ogni ordine e grado, ma anche performance...In cosa consisteranno?
“Ho insistito affinché vi fosse in mostra, ogni trenta minuti, una performance di burattini e marionette. Nessuno potrà andare via senza aver visto quello che non è solo un video, ma una vera performance. Nessuno andrà via senza l’opportunità di sperimentare la magia di quest’arte. Sarà un viaggio per il cuore e per la mente. Non dimentichiamo che si tratta di una mostra che inaugura proprio in una stagione dell’anno buia e fredda. All’interno di Palazzo Magnani a scaldare il pubblico sarà la magia. Sarà come entrare in un teatro e vedere in che modo alcuni dei più grandi artisti del Novecento hanno utilizzato burattini e marionette”.


Paul Klee, Senza titolo (Breitohrclown) / Clown dalle orecchie larghe, 1925, burattino, replica 9705; ceramica fusa, dipinta, lino, Collezione privata, Svizzera, in deposito permanente al Zentrum Paul Klee, Berna

La mostra darà spazio anche all’idea di burattino quale elemento sovversivo. In che senso?
“Le marionette, manipolate dall’alto, erano piuttosto uno spettacolo per la corte, al centro delle operette e protagoniste in tutti i grandi palazzi di un’attività nobile. Ma il burattino è sovversivo, nel senso che rompe la quarta parete e si rivolge direttamente al pubblico. La mostra segue il sopra e il sotto, la piazza e la corte. C’è questa attenzione sociale nella quale i burattini giocano un ruolo importante”.

I burattini dicono la verità al potere in un modo in cui gli attori teatrali tradizionali non possono mai farlo...
“Danno voce a cose che noi non possiamo dire. Noi non possiamo arrestare, condannare, uccidere una marionetta. Le marionette non vanno in galera, i burattini sono stati sempre utilizzati per dire l’indicibile. Lo ha fatto Otello Sarzi, assieme a suo padre, durante la guerra, nel 1943. È successo al tempo della Repubblica di Salò. Lui ha trovato un espediente per girare nelle piazze dicendo l’indicibile”.

Anche in tal senso la mostra è un omaggio a Sarzi, il burattinaio antifascista...
“Reggio è stata uno dei centri della Resistenza. Sarzi inizia la sua opera creativa e innovativa con il “T.S.B.M.” Teatro sperimentale burattini e marionette, intrattenendo importanti collaborazioni, mettendo in scena testi di Brecht (Un uomo è un uomo), Garcia Lorca (Il teatrino di Don Cristobal) e Arrabal. Ha collaborato, tra gli altri, anche con Gianni Rodari. Ma in mostra abbiamo anche i costumi fatti da Picasso per Parade che ci danno l’idea delle dimensioni, esprimono il movimento del paladino rendendolo una figura. Siamo nel pieno di una creatività fantastica ed è questa stessa esuberanza a caratterizzare l’Avanguardia. Il periodo successivo alla prima guerra mondiale sprigiona una creatività mai vista”.


Enrico Prampolini, Dieci burattini futuristi, 1922, Gabriele D'Annunzio; Benito Mussolini ; don Sturzo; Dina Galli; Re Vittorio Emanuele III; Il diavolo; Il fascismo; Il Mondo; Giovanni Giolitti; Francesco Saverio Nitti, Legno dipinto e tessuto, dimesioni varie. Collezione privata

Quali sono le opere più particolari che vedremo in mostra?
“Ci sono le figure di Oskar Schlemmer, sospese, ci sono le grandissime figure ispirate alle marionette di Sophie Taeuber-Arp (vedremo un pappagallo di due metri di altezza). Non mancano poi le straordinarie opere dell’artista e illustratore austriaco Richard Teschner che sviluppò l'arte della marionetta a bastone, protagonista della sezione “Sogni dell'Estremo Oriente - Espressionismo viennese”. Abbiamo poi El Lissitzky e alcune inedite figure di Enrico Prampolini. Insomma la mostra è piena di riscoperte”.

Le manca Brera?
“Certo. Ho trascorso otto anni durante i quali abbiamo cercato di creare un modello per tutti, di realizzare un museo aperto alla città. L’intento era quello di mettere Brera al centro della città. Mi manca la squadra, il progetto. Spero che chi verrà dopo di me possa costruire sulle basi di quello che abbiamo creato e capire che io non ho fatto altro che seguire le grandi figure del passato, come Ettore Modigliani, Fernanda Wittgens, Franco Russoli”.

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