Dal 16 giugno al 15 ottobre a Roma
Carceri, capricci e antichità romane. A Palazzo Braschi la Fabbrica dell'utopia di Piranesi
Giovanni Battista Piranesi, Veduta del Campidoglio e di S. Maria d'Aracoeli, 1746-1748, acquaforte, Museo di Roma
Samantha De Martin
16/06/2017
Roma - Indossare gli occhiali 3D per esplorare le celebri prigioni di Giovanni Battista Piranesi è un'esperienza che avrebbe molto incuriosito gli appassionati viaggiatori del Grand Tour.
La sala “immersiva” nella quale le incisioni all'acquaforte del grande architetto veneto - che riuscì a creare in nuove forme quanto testimoniato dalle “parlanti ruine” - rivivono in assetto tridimensionale, è indiubbiamente l'aspetto più sorprendente della mostra che Palazzo Braschi dedica all'incisore settecentesco votato alla riscoperta dell'archeologia e innamorato di Roma.
Sono oltre 200 le opere grafiche - ripartite tra la Fondazione Giorgio Cini e le collezioni del Museo di Roma di Palazzo Braschi - ospitate dal 16 giugno al 15 ottobre al primo piano dell'elegante edificio barocco-neoclassico che guarda a Piazza Navona.
Attraverso le sedici sezioni sviluppate in 22 sale si snoda la vastissima produzione di colui che, tra visioni prospettiche scenograficamente esasperate e violenti effetti luministici, ha saputo celebrare la sublime e immortale grandezza della Città Eterna, dove si trasferì nel 1740.
Dall'Arco di Costantino a quello di Tito, dal Foro di Nerva a quello di Augusto, dalla veduta della basilica di San Lorenzo fuori le Mura a piazza di Spagna, dal ponte di Castel Sant'Angelo all'Isola Tiberina con i suoi ruderi, non c'è angolo, strada, scorcio che sfugga all'eclettico estro creativo dell'architetto.
Il percorso della mostra attraversa le grandi Vedute di Roma dalle amplificate prospettive architettoniche, i fantasiosi Capricci, realizzati sotto l'influsso di Tiepolo, le celebri visioni della serie delle Carceri, da sempre caposaldo dell'immaginario collettivo - e ritenute da Marguerite Yourcenar “una delle opere più segrete che ci abbia lasciato in eredità un uomo del XVIII secolo - fino alle varie raccolte di antichità romane. L’intreccio di scale, le grate, gli strumenti di tortura, i frammenti di antichità in rovina, popolati da assorte figure che si aggirano tra le imponenti strutture in pietra, generano ancora oggi una sensazione straniante, di vertigine.
Un immaginario di forte impatto che consentì a Piranesi di diventare un punto di riferimento irrinunciabile del nuovo fermento artistico e intellettuale esploso nella città del Grand Tour.
Le realizzazioni tridimensionali di alcune invenzioni piranesiane mai realizzate e attinte dal nutrito repertorio delle Diverse Maniere di adornare i Cammini - che propone elaborate soluzioni decorative per camini e altri arredi, dagli orologi alle carrozze - o di alcuni pezzi antichi riprodotti e divulgati nella serie dei Vasi, candelabri, cippi, sarcofagi, tripodi, provenono dalla Fondazione Cini.
Il dialogo tra Piranesi e le sue tanto celebrate antichità appare incessante, e il visitatore lo ascolta, ritrovandolo tra i marmi conservati nelle collezioni della Sovrintendenza Capitolina e derivati dalla celebre Forma Urbis severiana.
Si tratta della prima pianta di Roma che l'imperatore Settimio Severo fece scolpire su marmo e che l'architetto di Mogliano Veneto tentò di ricostruire nella sua originaria forma, lavorando con Giovanni Battista Nolli e «procedendo a un confronto sistematico tra i frammenti e l’evidenza topografica dei monumenti riconoscibili».
Tra le opere esposte in una delle tante sale c'è anche l'elogio delle straordinarie capacità progettistiche dei primi romani, come quelle racchiuse nelle grandi opere di ingegneria idraulica.
A chiudere l'affascinante percorso espositivo - che è soprattutto un'esperienza partecipativa oltre che un viaggio alla scoperta di un periodo importante e intenso della storia culturale romana - la sala “immersiva” realizzata grazie al contributo del Laboratorio di Robotica Percettiva dell'Istituto di Tecnologie della Comunicazione dell'Informazione e della Percezione (TECIP) della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
Seguono le immagini della piccola chiesa di Santa Maria del Priorato dei Cavalieri dell’Ordine di Malta, il cui progetto di ristrutturazione costituì la sola realizzazione portata a compimento nel corso della vita di Piranesi.
Eppure, nella sua straordinaria fabbrica dell'utopia, l'appassionato architetto, come ha spiegato Luigi Ficacci, uno dei curatori della mostra, «ha avuto il grande merito di aver gettato le basi del discorso sulla problematicità dell'architettura, come mai nessuno è stato in grado di fare».
La sala “immersiva” nella quale le incisioni all'acquaforte del grande architetto veneto - che riuscì a creare in nuove forme quanto testimoniato dalle “parlanti ruine” - rivivono in assetto tridimensionale, è indiubbiamente l'aspetto più sorprendente della mostra che Palazzo Braschi dedica all'incisore settecentesco votato alla riscoperta dell'archeologia e innamorato di Roma.
Sono oltre 200 le opere grafiche - ripartite tra la Fondazione Giorgio Cini e le collezioni del Museo di Roma di Palazzo Braschi - ospitate dal 16 giugno al 15 ottobre al primo piano dell'elegante edificio barocco-neoclassico che guarda a Piazza Navona.
Attraverso le sedici sezioni sviluppate in 22 sale si snoda la vastissima produzione di colui che, tra visioni prospettiche scenograficamente esasperate e violenti effetti luministici, ha saputo celebrare la sublime e immortale grandezza della Città Eterna, dove si trasferì nel 1740.
Dall'Arco di Costantino a quello di Tito, dal Foro di Nerva a quello di Augusto, dalla veduta della basilica di San Lorenzo fuori le Mura a piazza di Spagna, dal ponte di Castel Sant'Angelo all'Isola Tiberina con i suoi ruderi, non c'è angolo, strada, scorcio che sfugga all'eclettico estro creativo dell'architetto.
Il percorso della mostra attraversa le grandi Vedute di Roma dalle amplificate prospettive architettoniche, i fantasiosi Capricci, realizzati sotto l'influsso di Tiepolo, le celebri visioni della serie delle Carceri, da sempre caposaldo dell'immaginario collettivo - e ritenute da Marguerite Yourcenar “una delle opere più segrete che ci abbia lasciato in eredità un uomo del XVIII secolo - fino alle varie raccolte di antichità romane. L’intreccio di scale, le grate, gli strumenti di tortura, i frammenti di antichità in rovina, popolati da assorte figure che si aggirano tra le imponenti strutture in pietra, generano ancora oggi una sensazione straniante, di vertigine.
Un immaginario di forte impatto che consentì a Piranesi di diventare un punto di riferimento irrinunciabile del nuovo fermento artistico e intellettuale esploso nella città del Grand Tour.
Le realizzazioni tridimensionali di alcune invenzioni piranesiane mai realizzate e attinte dal nutrito repertorio delle Diverse Maniere di adornare i Cammini - che propone elaborate soluzioni decorative per camini e altri arredi, dagli orologi alle carrozze - o di alcuni pezzi antichi riprodotti e divulgati nella serie dei Vasi, candelabri, cippi, sarcofagi, tripodi, provenono dalla Fondazione Cini.
Il dialogo tra Piranesi e le sue tanto celebrate antichità appare incessante, e il visitatore lo ascolta, ritrovandolo tra i marmi conservati nelle collezioni della Sovrintendenza Capitolina e derivati dalla celebre Forma Urbis severiana.
Si tratta della prima pianta di Roma che l'imperatore Settimio Severo fece scolpire su marmo e che l'architetto di Mogliano Veneto tentò di ricostruire nella sua originaria forma, lavorando con Giovanni Battista Nolli e «procedendo a un confronto sistematico tra i frammenti e l’evidenza topografica dei monumenti riconoscibili».
Tra le opere esposte in una delle tante sale c'è anche l'elogio delle straordinarie capacità progettistiche dei primi romani, come quelle racchiuse nelle grandi opere di ingegneria idraulica.
A chiudere l'affascinante percorso espositivo - che è soprattutto un'esperienza partecipativa oltre che un viaggio alla scoperta di un periodo importante e intenso della storia culturale romana - la sala “immersiva” realizzata grazie al contributo del Laboratorio di Robotica Percettiva dell'Istituto di Tecnologie della Comunicazione dell'Informazione e della Percezione (TECIP) della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
Seguono le immagini della piccola chiesa di Santa Maria del Priorato dei Cavalieri dell’Ordine di Malta, il cui progetto di ristrutturazione costituì la sola realizzazione portata a compimento nel corso della vita di Piranesi.
Eppure, nella sua straordinaria fabbrica dell'utopia, l'appassionato architetto, come ha spiegato Luigi Ficacci, uno dei curatori della mostra, «ha avuto il grande merito di aver gettato le basi del discorso sulla problematicità dell'architettura, come mai nessuno è stato in grado di fare».
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