Dal 28 settembre al 20 gennaio alle Terme di Diocleziano
Da Giacometti a Picasso, il primitivismo nella scultura del Novecento presto a Roma
2018 Museo delle Culture |
Scultura raffigurante un’antenata, Oceania. Melanesia. Nuova Guinea. Lago Sentani. Area orientale. Villaggio di Asei, Fine XIX secolo, legno e pigmenti. Lugano, MUSEC - Collezione Brignoni
Samantha De Martin
28/08/2018
Roma - Trame sottili tessono un dialogo tra l’arte etnica - intrisa di miti e utopie, rivelatrice di tensioni e bisogni profondi dell’individuo - e i grandi scultori del Novecento.
La cornice di questo affascinante viaggio è un percorso tra ottanta opere suddivise in aree tematiche corrispondenti ai principali caratteri di quell’esplorazione interiore che legò le tre generazioni di artisti che aderirono al Primitivismo.
La mostra Je suis l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento, allestita nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano, a cura di Francesco Paolo Campione e Maria Grazia Messina, è promossa dal Museo Nazionale Romano, diretto da Daniela Porro, e dal Museo delle Culture di Lugano con Electa.
L’itinerario espositivo esplora l’irruzione sulla scena mondiale, a partire dalla fine dell’Ottocento, di inesplorati generi d’arte prodotti dalle culture non occidentali, che non soltanto schematizzavano o deformavano i corpi, al punto da renderli irriconoscibili, ma che - componendo insiemi prima ignoti - andavano in qualche modo alla scoperta del loro autentico significato.
In seguito a quella che si rivelò in breve una vera rivoluzione, si allargò l’universo delle fonti per gli artisti e crebbe il desiderio di oltrepassare visioni e schemi che il realismo europeo aveva ereditato da quattro secoli di riflessione estetica. Questo "incontro fatale", lungi dal determinare una frattura creativa, diede vita a una feconda apertura culturale, la prima vera convergenza del mondo nell’arte.
Le arti etniche e popolari - i cui linguaggi, apparentemente ingenui, riuscirono a comunicare senza mediazione il rapporto dell’umano con il divino e il soprannaturale - uscirono da questo incontro decisamente “sovvertite”.
Alberto Giacometti, Arnaldo Pomodoro, Piero Manzoni, Pablo Picasso, Man Ray, Lucio Fontana, Jean Dubuffet, Georges Braque, Marino Marini sono solo alcuni degli artisti - presenti in mostra - ad aver liberato le loro sculture da ogni inibizione ideologica, incarnando entità alla ricerca di un proprio principio di giustificazione.
Il catalogo che accompagna la mostra, edito da Electa e a cura di Francesco Paolo Campione e Maria Grazia Messina, esplora numerosi saggi e una nutrita antologia sulle «arti primitive» lette dagli artisti del Novecento, offrendo un’ampia visione dei significati delle opere in mostra e, in generale, del tema del Primitivismo nell’arte del XX secolo.
Leggi anche:
• Ō - Musica, danza, arte
• La storia in 3D. Le Terme di Diocleziano com'erano nel IV secolo
La cornice di questo affascinante viaggio è un percorso tra ottanta opere suddivise in aree tematiche corrispondenti ai principali caratteri di quell’esplorazione interiore che legò le tre generazioni di artisti che aderirono al Primitivismo.
La mostra Je suis l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri. Il Primitivismo nella scultura del Novecento, allestita nelle Grandi Aule delle Terme di Diocleziano, a cura di Francesco Paolo Campione e Maria Grazia Messina, è promossa dal Museo Nazionale Romano, diretto da Daniela Porro, e dal Museo delle Culture di Lugano con Electa.
L’itinerario espositivo esplora l’irruzione sulla scena mondiale, a partire dalla fine dell’Ottocento, di inesplorati generi d’arte prodotti dalle culture non occidentali, che non soltanto schematizzavano o deformavano i corpi, al punto da renderli irriconoscibili, ma che - componendo insiemi prima ignoti - andavano in qualche modo alla scoperta del loro autentico significato.
In seguito a quella che si rivelò in breve una vera rivoluzione, si allargò l’universo delle fonti per gli artisti e crebbe il desiderio di oltrepassare visioni e schemi che il realismo europeo aveva ereditato da quattro secoli di riflessione estetica. Questo "incontro fatale", lungi dal determinare una frattura creativa, diede vita a una feconda apertura culturale, la prima vera convergenza del mondo nell’arte.
Le arti etniche e popolari - i cui linguaggi, apparentemente ingenui, riuscirono a comunicare senza mediazione il rapporto dell’umano con il divino e il soprannaturale - uscirono da questo incontro decisamente “sovvertite”.
Alberto Giacometti, Arnaldo Pomodoro, Piero Manzoni, Pablo Picasso, Man Ray, Lucio Fontana, Jean Dubuffet, Georges Braque, Marino Marini sono solo alcuni degli artisti - presenti in mostra - ad aver liberato le loro sculture da ogni inibizione ideologica, incarnando entità alla ricerca di un proprio principio di giustificazione.
Il catalogo che accompagna la mostra, edito da Electa e a cura di Francesco Paolo Campione e Maria Grazia Messina, esplora numerosi saggi e una nutrita antologia sulle «arti primitive» lette dagli artisti del Novecento, offrendo un’ampia visione dei significati delle opere in mostra e, in generale, del tema del Primitivismo nell’arte del XX secolo.
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