Al Museo Napoleonico di Roma dal 15 marzo all’8 settembre
Kakemono, disegni, fotografie. La passione di Giuseppe Primoli per l’Oriente si racconta in una mostra
Kakemono con paesaggio lacustre con ramo in fiore, piante fiorite e uccelli, Acquerello, tempera su tessuto, 1875-1899 circa, Museo Napoleonico
Samantha De Martin
14/03/2024
Roma - C’è un poema inedito di Guy de Maupassant, intitolato Orgueil, che spicca tra aironi e fiori di loto. E ci sono le firme, le dediche, i componimenti autografi che personaggi di spicco della scena culturale italo-francese, da Émile Zola a Paul Valery, da Henry Bergson a Giosuè Carducci, da Giovanni Verga a Eleonora Duse, hanno apposto sulla fragile superficie dei kakemono appartenuti a Giuseppe Primoli, appassionato bibliofilo e fervido collezionista, imparentato con Napoleone per parte di madre.
Queste raffinate strisce rettangolari di carta o tessuto di diversa lunghezza, letteralmente “rotolo sospeso”, concepite per essere appese in verticale in occasioni speciali, dipinte ad acquerello e inchiostro con soggetti classici della pittura giapponese del genere “fiori e uccelli”, sono il colorato fulcro di una bella mostra al Museo Napoleonico di Roma.
Intitolato Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente, questo piccolo, ma interessante viaggio dedicato al collezionismo di arte orientale e giapponese è stato concepito in concomitanza con la mostra Ukiyoe. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone in corso al Museo di Roma a Palazzo Braschi.
Lorenzo Suscipj, Ritratto di Madame d’Epinay in costume da giapponese, Dettaglio, Albumina, 1875, Museo Napoleonico
La mostra, a cura di Elena Camilli Giammei, Laura Panarese e Marco Pupillo, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, è una delicata immersione tra dipinti, manoscritti, incisioni, porcellane, disegni con soggetti esotici e orientaleggianti, fotografie d’epoca di soggetto e gusto orientalista, xilografie, tempere e intagli su carta eseguiti con la tecnica del “kirigami”, chinoiseries e japonaiseries, documenti d’archivio, oggetti abitualmente non visibili al pubblico e conservati nei depositi del museo romano. Raccontano il gusto e l’interesse per "i tanti orienti" da parte del conte e della famiglia Bonaparte-Primoli (alla quale appartenne il palazzo che accoglie oggi il Museo Napoleonico) e rivelano l’influenza che l’arte del Giappone, del continente asiatico e dell’Oriente in generale hanno esercitato sulla cultura e sul collezionismo europeo del tardo Ottocento.
Colto, spiritoso, abile conversatore, appassionato bibliofilo e fervido collezionista, pioniere della fotografia a Roma, il conte Giuseppe Primoli discendeva per parte di madre da Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone. Sentiva profondamente il retaggio della discendenza, tributando quasi un culto alla famiglia materna. E poi viaggiava, ma soprattutto fotografava. Trascorse la gioventù a Parigi, alla corte di Napoleone III, negli anni in cui imperava la moda del japonisme. Proprio a contatto con gli stimolanti ambienti letterari e artistici parigini maturò il gusto per l’arte orientale. Lì ebbe modo di stringere amicizia e intrattenere rapporti con molti tra i “giapponisti” francesi più celebri del tempo, come i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, Émile Zola e Pierre Loti che gravitavano intorno al coltissimo e multiforme salotto della principessa Mathilde Bonaparte, zia da parte di madre, sua ispiratrice e amica. Sarà proprio Mathilde a lasciare in dono a Giuseppe il meraviglioso ventaglio di seta dipinto per lei ad acquerello, a Parigi intorno al 1880, da Giuseppe De Nittis che raffigura un tipico paesaggio giapponese. Questa piccola chicca, fiore all’occhiello della mostra, si intitola La discesa delle oche selvatiche a Katata, ed è un esempio eloquente dell’influenza dell’arte nipponica nella pittura europea del tardo Ottocento.
Giuseppe De Nittis, Ventaglio con paesaggio giapponese (La discesa delle oche selvatiche a Katata), 1880 circa, Acquerello su seta, Museo Napoleonico
“Alcuni pezzi non vengono esposti da 40 anni - spiega Marco Pupillo, direttore del Museo Napoleonico -. Questa mostra vuole valorizzare il materiale dei depositi, solitamente non visibili. Abbiamo pensato a un viaggio nel tempo e nello spazio che raccontasse questa passione che da Pietro Primoli si estese ai figli e lo abbiamo fatto attraverso materiali dai nostri depositi e dalla Fondazione Primoli”.
Per quanto riguarda i kakemono, Giuseppe Primoli li aveva acquistati a Parigi dopo il 1878, anno in cui l’Esposizione Universale aveva determinato un picco nella diffusione del gusto del japonisme con il conseguente incremento dell’importazione e della commercializzazione dei più rappresentativi manufatti nipponici. Molti degli autografi sono stati inseriti negli spazi non dipinti della superficie dei kakemono nell’arco di oltre 40 anni, dal 1884 alla morte di Primoli (anzi pare che il conte fosse solito chiedere ai frequentatori del suo vivace salotto mondano di lasciare sugli spazi non dipinti un ricordo, una traccia, un pensiero o una frase, andando così a costituire un prezioso corpus di interesse storico-letterario accanto a quello propriamente artistico dei dipinti).
“Nel secolo di Luigi XIV eravamo ellenisti, ora siamo orientalisti” confessava Victor Hugo ne Les Orientales, nel 1829. “Aiuto, l’Oriente mi ingoia” scriverà Gabriele d’Annunzio 55 anni dopo, travolto dall’entusiasmo per il japonisme.
Di questo stesso entusiasmo era intrisa la famiglia Primoli.
Andrea Belloli (attr.), Il conte Pietro Primoli in abiti da berbero, Dettaglio, 1848-1850 circa, Olio su tela, Museo Napoleonico
A inaugurare il percorso espositivo è il ritratto del conte Pietro Primoli vestito da berbero dopo il viaggio in nord Africa del 1844, e una masquerade exotique, una carrellata di stampe all’albumina con ritratti di personaggi dell’epoca vestiti all’orientale, simili a tableaux vivants. Ecco donna Laura Minghetti abbigliata da India, e ancora la cartolina di un’Africa fantasiosa, o il menu della cena di gala per l’apertura del canale di Suez, il 18 novembre 1869. La scelta di soggetti esotici e orientali era frequente nei costumi del tempo, a Roma come a Parigi.
Ed ecco sbucare, accanto a uno dei ponti di Roma, una bambina con una bambola giapponese, immortalata da Giuseppe Primoli intorno al 1898, nei pressi di un Palazzo di Giustizia ancora in costruzione.
Conclude la mostra una sezione legata al mirabolante Grand Tour in India del Conte Luigi Primoli, fratello minore di Giuseppe, che accoglie pietre scolpite e terrecotte dipinte di manifattura indiana raffiguranti personaggi e soggetti religiosi, una copia del Corano su foglie di palma di manifattura indiana appartenente alla Fondazione Primoli, e alcune fotografie scattate dallo stesso “Lulù”.
Kakemono con due volatili e fiore, acquerello, Inchiostro su carta / tessuto, 1875-1884 circa, Museo Napoleonico, Firme: Poeti e scrittori francesi
Un allestimento accurato (abbellito da tende che richiamano alcuni motivi dei kakemono) strizza l'occhio all’eleganza dell’arte giapponese, mentre le teche rievocano i tokonoma, la piccola alcova rialzata dove solitamente, all’interno delle case, i kakemono venivano appesi. Dei 14 kakemono esposti nove, oggetto di un recente e accurato restauro, appartengono al Museo Napoleonico, mentre cinque sono stati prestati dalla Fondazione Primoli.
Queste raffinate strisce rettangolari di carta o tessuto di diversa lunghezza, letteralmente “rotolo sospeso”, concepite per essere appese in verticale in occasioni speciali, dipinte ad acquerello e inchiostro con soggetti classici della pittura giapponese del genere “fiori e uccelli”, sono il colorato fulcro di una bella mostra al Museo Napoleonico di Roma.
Intitolato Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente, questo piccolo, ma interessante viaggio dedicato al collezionismo di arte orientale e giapponese è stato concepito in concomitanza con la mostra Ukiyoe. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone in corso al Museo di Roma a Palazzo Braschi.
Lorenzo Suscipj, Ritratto di Madame d’Epinay in costume da giapponese, Dettaglio, Albumina, 1875, Museo Napoleonico
La mostra, a cura di Elena Camilli Giammei, Laura Panarese e Marco Pupillo, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, è una delicata immersione tra dipinti, manoscritti, incisioni, porcellane, disegni con soggetti esotici e orientaleggianti, fotografie d’epoca di soggetto e gusto orientalista, xilografie, tempere e intagli su carta eseguiti con la tecnica del “kirigami”, chinoiseries e japonaiseries, documenti d’archivio, oggetti abitualmente non visibili al pubblico e conservati nei depositi del museo romano. Raccontano il gusto e l’interesse per "i tanti orienti" da parte del conte e della famiglia Bonaparte-Primoli (alla quale appartenne il palazzo che accoglie oggi il Museo Napoleonico) e rivelano l’influenza che l’arte del Giappone, del continente asiatico e dell’Oriente in generale hanno esercitato sulla cultura e sul collezionismo europeo del tardo Ottocento.
Colto, spiritoso, abile conversatore, appassionato bibliofilo e fervido collezionista, pioniere della fotografia a Roma, il conte Giuseppe Primoli discendeva per parte di madre da Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone. Sentiva profondamente il retaggio della discendenza, tributando quasi un culto alla famiglia materna. E poi viaggiava, ma soprattutto fotografava. Trascorse la gioventù a Parigi, alla corte di Napoleone III, negli anni in cui imperava la moda del japonisme. Proprio a contatto con gli stimolanti ambienti letterari e artistici parigini maturò il gusto per l’arte orientale. Lì ebbe modo di stringere amicizia e intrattenere rapporti con molti tra i “giapponisti” francesi più celebri del tempo, come i fratelli Edmond e Jules de Goncourt, Émile Zola e Pierre Loti che gravitavano intorno al coltissimo e multiforme salotto della principessa Mathilde Bonaparte, zia da parte di madre, sua ispiratrice e amica. Sarà proprio Mathilde a lasciare in dono a Giuseppe il meraviglioso ventaglio di seta dipinto per lei ad acquerello, a Parigi intorno al 1880, da Giuseppe De Nittis che raffigura un tipico paesaggio giapponese. Questa piccola chicca, fiore all’occhiello della mostra, si intitola La discesa delle oche selvatiche a Katata, ed è un esempio eloquente dell’influenza dell’arte nipponica nella pittura europea del tardo Ottocento.
Giuseppe De Nittis, Ventaglio con paesaggio giapponese (La discesa delle oche selvatiche a Katata), 1880 circa, Acquerello su seta, Museo Napoleonico
“Alcuni pezzi non vengono esposti da 40 anni - spiega Marco Pupillo, direttore del Museo Napoleonico -. Questa mostra vuole valorizzare il materiale dei depositi, solitamente non visibili. Abbiamo pensato a un viaggio nel tempo e nello spazio che raccontasse questa passione che da Pietro Primoli si estese ai figli e lo abbiamo fatto attraverso materiali dai nostri depositi e dalla Fondazione Primoli”.
Per quanto riguarda i kakemono, Giuseppe Primoli li aveva acquistati a Parigi dopo il 1878, anno in cui l’Esposizione Universale aveva determinato un picco nella diffusione del gusto del japonisme con il conseguente incremento dell’importazione e della commercializzazione dei più rappresentativi manufatti nipponici. Molti degli autografi sono stati inseriti negli spazi non dipinti della superficie dei kakemono nell’arco di oltre 40 anni, dal 1884 alla morte di Primoli (anzi pare che il conte fosse solito chiedere ai frequentatori del suo vivace salotto mondano di lasciare sugli spazi non dipinti un ricordo, una traccia, un pensiero o una frase, andando così a costituire un prezioso corpus di interesse storico-letterario accanto a quello propriamente artistico dei dipinti).
“Nel secolo di Luigi XIV eravamo ellenisti, ora siamo orientalisti” confessava Victor Hugo ne Les Orientales, nel 1829. “Aiuto, l’Oriente mi ingoia” scriverà Gabriele d’Annunzio 55 anni dopo, travolto dall’entusiasmo per il japonisme.
Di questo stesso entusiasmo era intrisa la famiglia Primoli.
Andrea Belloli (attr.), Il conte Pietro Primoli in abiti da berbero, Dettaglio, 1848-1850 circa, Olio su tela, Museo Napoleonico
A inaugurare il percorso espositivo è il ritratto del conte Pietro Primoli vestito da berbero dopo il viaggio in nord Africa del 1844, e una masquerade exotique, una carrellata di stampe all’albumina con ritratti di personaggi dell’epoca vestiti all’orientale, simili a tableaux vivants. Ecco donna Laura Minghetti abbigliata da India, e ancora la cartolina di un’Africa fantasiosa, o il menu della cena di gala per l’apertura del canale di Suez, il 18 novembre 1869. La scelta di soggetti esotici e orientali era frequente nei costumi del tempo, a Roma come a Parigi.
Ed ecco sbucare, accanto a uno dei ponti di Roma, una bambina con una bambola giapponese, immortalata da Giuseppe Primoli intorno al 1898, nei pressi di un Palazzo di Giustizia ancora in costruzione.
Conclude la mostra una sezione legata al mirabolante Grand Tour in India del Conte Luigi Primoli, fratello minore di Giuseppe, che accoglie pietre scolpite e terrecotte dipinte di manifattura indiana raffiguranti personaggi e soggetti religiosi, una copia del Corano su foglie di palma di manifattura indiana appartenente alla Fondazione Primoli, e alcune fotografie scattate dallo stesso “Lulù”.
Kakemono con due volatili e fiore, acquerello, Inchiostro su carta / tessuto, 1875-1884 circa, Museo Napoleonico, Firme: Poeti e scrittori francesi
Un allestimento accurato (abbellito da tende che richiamano alcuni motivi dei kakemono) strizza l'occhio all’eleganza dell’arte giapponese, mentre le teche rievocano i tokonoma, la piccola alcova rialzata dove solitamente, all’interno delle case, i kakemono venivano appesi. Dei 14 kakemono esposti nove, oggetto di un recente e accurato restauro, appartengono al Museo Napoleonico, mentre cinque sono stati prestati dalla Fondazione Primoli.
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