Dal 27 ottobre al 27 marzo al Museo di Roma a Palazzo Braschi

Klimt incanta Roma, tra ori, donne sensuali, capolavori perduti

Gustav Klimt, La Sposa, 1917-1918, Olio su tela, 165 × 191 cm, Vienna, Klimt Foundation | © Klimt Foundation, Vienna
 

Samantha De Martin

26/10/2021

Roma - C’è la veduta di Malcesine, sul Lago di Garda, con il castello scaligero e la Chiesa di Cassone. E ci sono le cartoline autografe da Pisa, Verona, indirizzate a Emilie Flöge. E poi i saluti dalla Ravenna dei mosaici “di uno splendore inaudito”, preludio dell’oro che sarà il segno indelebile della sua arte immortale.
Su tutto, sguardi di donne. Ora seducenti, come quello dell’ammaliante Giuditta del Belvedere di Vienna, ora in preda all’estasi amorosa, come quello dell'ultima sposa, e ancora madri, amiche, modelle, in abiti da ballo o intente a masturbarsi, incorniciate da cappelli vistosi o aggrappate a sfondi lussureggianti, protagoniste di disegni e ritratti, dalle piccole cornici come il Ritratto di signora con sfondo rosso, alle tele di grande formato.
C’è un filo sottile che lega le donne di Gustav Klimt ai paesaggi del pittore e ai suoi viaggi in Italia. Un dialogo che è l’avvincente fil rouge della mostra Klimt. La Secessione e l’Italia, al Museo di Roma a Palazzo Braschi dal 27 ottobre 2021 al 27 marzo 2022, a cura di Franz Smola, Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente capitolina ai Beni Culturali, e Sandra Tretter, vicedirettore della Klimt Foundation di Vienna.


Gustav Klimt, Giuditta e Oloferne, 1901, Vienna, Österreichische Galerie Belvedere | Courtesy Arthemisia

Klimt e l'Italia
C’è un periodo della vita di Gustav Klimt in cui il pittore metodico, decisamente poco incline al viaggio, rinuncia al soggiorno sul Lago Attersee, in Stiria - “il luogo del desiderio” dove si reca per ben 17 anni - e sceglie di partire alla volta dell'Italia, il paese che il maestro della Secessione viennese visiterà di più in assoluto. Ed è come se questo timido affaccio sul Belpaese lasciasse nel pennello dell'immenso autore del Bacio un’impronta indelebile.
All’inizio del mese di maggio 1899 Klimt è in alcune città del Nord Italia assieme al suo amico pittore Carl Moll e alla sua famiglia. A Genova scocca il primo bacio con Alma Schindler, la figliastra ventenne di Moll. A Verona il pittore tenta il secondo approccio, ma Moll, risentito, gli vieta di fare ad Alma ulteriori avances. Il ritorno in Italia avverrà quattro anni più tardi, nel maggio 1903. Da Venezia Klimt raggungerà Ravenna per ammirare i mosaici che lo entusiasmano non poco.


Una cartolina di Gustav Klimt | Courtesy Arthemisia

“In tutto - spiega Sandra Tretter - Klimt fece otto viaggi in Italia. Il pittore ha scritto poco delle sensazioni suscitate dal Belpaese, ma piuttosto, nei suoi carteggi, dà ampio spazio all’arte italiana che tanto lo ha plasmato”.

Da Arturo Noci a Casorati, tutti pazzi per Klimt
Ai primi viaggi dell’artista in Italia è dedicata una delle quattordici sezioni della mostra, un racconto che ripercorre le tappe dell’intera parabola del maestro, dal ruolo di cofondatore della Secessione viennese al rapporto con gli artisti italiani che, da Arturo Noci a Felice Casorati, ne assimilano la portata innovativa del linguaggio.

Duecento opere - delle quali 49 di Klimt - tessono nelle sale di Palazzo Braschi un percorso ben allestito dove dipinti, disegni, sculture, manifesti dell’epoca pongono l'artista a dialogo con il suo tempo.

“La Secessione - aggiunge Franz Smola - viene in mostra presentata nel suo spettro più ampio, dal realismo crudo fino all’idealizzazione e alla stilizzazione di paesaggi e ritratti femminili. Non manca il design degli architetti viennesi e non mancano i pittori italiani che, come Felice Casorati, hanno imitato lo stile e il decorativismo di Klimt”.


Klimt. La Secessione e l'Italia - Allestimento | Courtesy Arthemisia

Opere iconiche, come la celeberrima Giuditta I, con la quale l’artista rende omaggio al fascino dell’erotismo femminile, cedono il passo a un approfondimento sul design nel contesto della Secessione viennese che esalta il legame tra architettura e belle arti. Oggetti di vetro iridescenti progettati da Koloman Moser e Josef Hoffmann scandiscono la quarta sezione del percorso, mentre la pittura paesaggistica, alla quale Klimt si dedica dal 1900, esplode con una veduta di Malcesine realizzata da Klimt nel 1913 durante il soggiorno sul Lago di Garda, con il Boschetto di betulle al crepuscolo di Carl Moll, o ancora con uno scorcio di Taormina alla luce del sole di Johann Victor Krämer.

C’è la Vienna del Novecento, con i suoi caffè - “una sorta di club democratici e accessibili a tutti al modico prezzo di una tazzina di caffè”, come scrisse Stefan Zweig - la musica, l’influsso di Freud che schiude le porte dell’inconscio, e c’è la città della Secessione, fondata il 3 aprile 1897 all’interno del Künstlerhaus, con i suoi multiformi linguaggi e un unico grido: “A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”.


Gustav Klimt, Il Fregio di Beethoven, 1902, Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

Tra le sale forse più belle del percorso a Palazzo Braschi spicca quella dedicata al Fregio di Beethoven, oggi custodito nel Palazzo della Secessione viennese. Da aprile a giugno 1902 la Secessione viennese presentò come parte della sua XIV Mostra un omaggio al musicista, con una scultura scolpita in marmo colorato da Max Klinger. Il contributo più sensazionale giunse tuttavia dalla mano di Klimt che realizzò un fregio murale di oltre 34 metri, una sorta di interpretazione visiva della Nona sinfonia. “Roma 1911” ci riporta invece nel padiglione austriaco all’Esposizione internazionale di Roma. All’interno della sala Klimt l’artista presentò otto dipinti e quattro disegni, tra ritratti, paesaggi, soggetti allegorici.
Raggiungiamo Venezia dove è in corso la Biennale Internazionale d’Arte del 1899 e poi quella del 1910. A quest’ultima Klimt partecipa con una sala individuale, la numero dieci, allestita come una scatola bianca, dove la tela Le amiche, esposta in mostra a Roma, viene affiancata da uno scandaloso Bisce d’acqua II.

I capolavori perduti di Klimt ritrovano il colore
 Al Museo di Roma rivivono anche i capolavori perduti di Klimt. Grazie alla collaborazione tra Google Arts & Culture Lab Team e il Belvedere di Vienna è possibile ammirare i tre dipinti conosciuti come Quadri delle Facoltà - La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia. Klimt li aveva realizzati tra il 1899 e il 1907 per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna che li ritenne scandalosi. Di queste opere, distrutte da un incendio scoppiato al castello di Immendorf, in Austria, sono sopravvissute solo alcune immagini fotografiche in bianco e nero, e qualche articolo di giornale. In una sala di Palazzo Braschi è possibile ammirare la ricostruzione digitale dei pannelli a colori attraverso il Machine Learning.


I Quadri delle Facoltà ricostruiti grazie al progetto digitale realizzato da Google Arts & Culture | Courtesy Arthemisia

L’ultimo Klimt
L’amore e il desiderio sensuale introducono il visitatore al cospetto di una sposa addormentata, avvolta in un abito blu. La testa del suo partner è accanto a lei. Il suo corpo è in parte nascosto da un gruppo di donne che, in posizioni diverse, in parte nude, in parte vestite, sembrano fluttuare alludendo alle sfaccettature delle esperienze erotiche di felicità a cui la sposa sembra abbandonarsi in totale beatitudine.
Quando dipinse l’incompiuta e sublime La sposa, la sua ultima opera, Klimt aveva 55 anni. Sarebbe morto pochi mesi dopo a causa di un ictus. Degli ultimi mesi di vita è anche il Ritratto di Johanna Staude, che condivide con La sposa la pennellata dinamica.


Klimt. La Secessione e l'Italia - Allestimento | Courtesy Arthemisia

Da Roma a Piacenza nel segno di Klimt
La conclusione della mostra romana è in realtà un arrivederci a Piacenza dove, a partire dal prossimo 5 aprile, avrà luogo il secondo momento del grande progetto dedicato a Klimt. La Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi e altri spazi contigui accenderanno i riflettori su un Klimt più intimo, attraverso un grande evento curato da un comitato scientifico composto da Gabriella Belli, Elena Pontiggia, Lucia Pini, Valerio Terraroli. A salutare il pubblico romano è così il delicato Ritratto di Signora della Ricci Oddi, uno dei tre dipinti di Klimt presenti nei musei italiani. In quest'opera, frutto di un vero e proprio giallo ancora irrisolto, il pittore si apre alle atmosfere impressioniste attraverso sbrigative pennellate che tradiscono un approccio più emozionale.
Questa tela - che accoglie sotto il dipinto definitivo un ritratto raffigurante una giovane donna - fu rubata dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza il 22 febbraio del 1997 e ritrovata due anni fa.


Gustav Klimt, Ritratto di Signora, 1916-1917, Olio su tela, 68x55 cm, Piacenza, Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi

Un progetto “corale”
La mostra a Palazzo Braschi - un milione e settecentomila euro il costo complessivo - è un progetto corale, nato durante il periodo della pandemia, frutto della sinergia tra la Sovrintendenza ai beni culturali di Roma Capitale, il Belvedere Museum di Vienna, la Klimt Foundation e la Neue Galerie Graz.


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