Una rara opera di paesaggio attribuita all’artista torna a Roma

La Danza campestre di Guido Reni torna nella collezione della Galleria Borghese

Galleria Borghese | Guido Reni, Danza campestre, 1605-1606, olio su tela, 81 x 99 cm. Roma, Galleria Borghese I Ph. Mauro Coen
 

Samantha De Martin

28/12/2020

Roma - Una delle più inattese scoperte degli ultimi anni l’aveva restituita alla mano di Guido Reni. E adesso la Danza campestre, realizzata dal pittore tra il 1601 e il 1602, torna nella collezione di Scipione Borghese, alla quale era appartenuta assieme al Mosè con le tavole della Legge. A testimonianza della grande predilezione del cardinale nei confronti del maestro bolognese che, dopo la morte di Annibale Carracci, veniva considerato dall’appassionato collezionista l’artista più importante presente sulla scena romana.

Un ballo nella natura 

La tela accoglie l’osservatore in una festa campestre invitandolo a unirsi alla danza, accompagnato dalla musica del liuto e della viola da braccio.
Il ballo, al quale assistono alcune dame e signori del luogo, questi ultimi in veste di cacciatori, è stato organizzato da un gruppo di contadini. I partecipanti siedono in cerchio, circondati da una radura tra gli alberi in prossimità di un ruscello.
Al centro del cerchio, un giovane villano invita una dama ad aprire le danze. Lo sguardo dello spettatore, dalla coppia di danzatori, spazia sulla tela scrutando gli atteggiamenti dei personaggi.


Guido Reni, Dettaglio, donna con bambino sul ponticello, Danza campestre, 1601-1602 c. , olio su tela , 99 x 81 cm

Una dama un po’ annoiata si rivolge alla sua vicina, mentre, sul lato opposto della scena, due donne si prendono cura di un bambino. Il suonatore di liuto fa una pausa per raccogliere una delle fiasche messe a rinfrescare sulla riva del fiume, mentre un giovane già ebbro si abbandona al sonno accanto alla fiasca vuota.
Sulla destra del dipinto, su un ponticello, una donna, tenendo per mano un bambino, si dirige verso la festa, mentre il paesaggio collinare, attraversato da fattorie, castelli e una piccola chiesa, accoglie alcuni cacciatori.


Guido Reni, Dettaglio della chiesa, Danza campestre, 1601-1602 c. , olio su tela , 99 x 81 cm

Sullo sfondo, alcune vele sbucano da uno specchio d’acqua, mentre la luce del crepuscolo si fa spazio in un cielo nuvoloso solcato da uccelli.

Dove sono le mosche?

Assecondando il gusto diffuso per il trompe l’oeil, il pittore invita l’osservatore a individuare le due mosche che si posano in alto sulla tela, quasi sollecitandolo a scacciarle con la mano.


Guido Reni, Dettaglio con le due mosche, Danza campestre, 1601-1602 c. , Olio su tela, 99 x 81 cm

Guido Reni e il paesaggio

La consuetudine di Reni con il paesaggio era pressoché sconosciuta. Il pittore si dedica a questo genere nei primi anni del suo soggiorno romano, per poi abbandonarlo. Nella Danza campestre si rintracciano echi della cultura bolognese dei Carracci, in particolare di Annibale, ma anche dei paesaggi di Nicolò dell’Abate.
L’importanza di questa opera di paesaggio deriva dal fatto che la tela contribuisce a integrare il percorso artistico e i diversi ambiti di ricerca sperimentati dall’artista bolognese, nella maniera in cui furono seguiti dallo sguardo e dall’interesse collezionistico del committente.

Da Londra alla Galleria Borghese

L’opera, attribuita a un anonimo artista bolognese, era stata presentata nel 2008 a Londra, in un’asta di Bonham’s. Dopo le prime ipotesi attributive, ricercate tra i pittori emiliani specialisti del genere - da Viola a Tamburini, da Domenichino al giovane Guercino - il dipinto, confrontato con un’opera di analogo soggetto conservata al Musée des Beaux-Arts di Marsiglia, è stato riferito ad Agostino Carracci. È stato Keith Christiansen a riconoscere l’autografia di Guido Reni, confermata da Weston-Lewis e da Fumagalli con l’individuazione del dipinto negli inventari e delle descrizioni della collezione di Scipione Borghese.
Le tracce del dipinto si perdono fino al 1892, quando una menzione nel catalogo delle vendite lo riferisce a scuola fiamminga. L'acquisto dell'opera, per circa 800 mila euro, dalla Galleria Fondantico di Bologna - che l'aveva esposta nel marzo 2020 al Tefaf, la fiera internazionale di arte e antiquariato di Maastricht - ha reso possibile il suo rientro definitivo in Galleria.

Presto la presentazione al pubblico

Appena possibile, nel rispetto delle decisioni sulla riapertura dei Musei, l’opera di Guido Reni sarà presentata al pubblico, nell’ambito di una serie iniziative che illustreranno ai visitatori l’origine e la collocazione della tela nel contesto romano di primo Seicento.

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