A Roma fino al 16 giugno
Napoli Ottocento. Un racconto, tra sublime e materia, alle Scuderie del Quirinale
Franz Ludwig Catel, Veduta di Napoli da una finestra, 1824, Olio su carta montata su tela Cleveland, The Cleveland Museum of Art, Mr. and Mrs William H. Marlatt Fund
Samantha De Martin
26/03/2024
Roma - Azzurri di mare, notti di luna prima dell’alba, diluvi rosso fuoco da un Vesuvio fiammeggiante. Strade sterrate, terrazze assolate, uno scugnizzo che ride, Napoli, splendente, vista da una finestra e, su tutto, un secolo, l’Ottocento, ancora da scoprire, che prende avvio dal fascino cosmopolita del Grand Tour per concludersi con lo scoppio della prima guerra mondiale.
“Napoli Ottocento. Dal sublime alla materia”, in corso fino al 16 giugno alle Scuderie del Quirinale, più che una semplice mostra è un omaggio straordinario a Napoli, un viaggio emozionante ed inatteso tra il mare e i campi di grano, il folklore e la luce del sud, tra eruzioni al chiaro di luna ed effetti d’aurora boreale, a tu per tu con la vegetazione lussureggiante della Campania dove lo splendore e il degrado si mescolano e si confondono in un costante abbaglio.
A partire dall’ingresso, sullo scalone dove le immagini del Vesuvio in eruzione accolgono il visitatore, il pubblico è investito da due sentimenti: il sublime che deriva dallo spettacolo della forza terribile della natura, e la brutalità materica del paesaggio lavico che si trasforma in bellezza. Città teatrale superstiziosamente soggetta al destino, capitale italiana dell’Illuminismo e nel XIX secolo metropoli scientifica, con il primo museo di mineralogia del mondo fondato nel 1801, Napoli fu palcoscenico del dibattito positivista delle scienze giuridiche e matematiche, ereditando la storia cosmopolita della Campania ma anche la tradizione realista della scuola barocca napoletana.
John Singer Sargent, Rosina, 1878, Olio su tavola Waterville, Colby College Museum of Art, The Lunder Collection
Organizzato dalle Scuderie del Quirinale e dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la Direzione Regionale Musei Campania, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e la Stazione Zoologica Anton Dohrn, il percorso abbraccia anche una ventina di capolavori restaurati per l’occasione.
Un carosello di dipinti, sculture, arti decorative, storia e scienza diventa la testimonianza di una tradizione artistica e culturale secolare e ancora viva, pienamente inserita nella cultura europea contemporanea.
“Fare una mostra sull’Ottocento - spiega il curatore Sylvain Bellenger - è un atto di coraggio perché senza l’Ottocento in Italia non esisterebbe la modernità. E l’Ottocento più vivo è senza dubbio quello napoletano. La mostra racconta non solo momenti politici, ma abbraccia la creazione artistica nella sua totalità. La materia, insieme alla spiritualità, definisce l’arte napoletana dalla scuola di Posillipo – un gruppo di artisti che si riunivano a Napoli nello studio dell’olandese Anton Pitloo dedicandosi alla pittura dal vero - fino all’Informale. In quegli anni il non aver fatto un viaggio a Napoli rendeva impossibile l'accesso ai club aristocratici dell’aristocrazia inglese. Jacques Volaire, Philipp Hackert, Anton van Pittloo, Filippo Palizzi, Giuseppe de Nittis, Domenico Morelli, Gioacchino Toma, sono solo alcuni dei pittori presenti in questa mostra che propone tanti confronti audaci e illuminanti, tra cui quello con Edgar Degas, studiato per la prima volta nel suo ambiente familiare napoletano. Gli oggetti d'arte e l'artigianato neopompeiano in bronzo e ceramica, le sculture di Giuseppe Renda, Achille d'Orsi e, Francesco Jerace, Vincenzo Gemito rivelano una scuola che dominava l'Italia verista, mentre il virtuosismo di Antonio Mancini spostava il verismo pittorico verso la materia della pittura stessa aprendo la porta all'arte informale di Lucio Fontana, Alberto Burri e del pittore vesuviano Salvatore Emblema”.
Edgar Degas, Thérèse de Gas, 1863 circa, Olio su tela, Parigi, musée d'Orsay © Archivio Scala Group, Antella © 2024. DeAgostini Picture Library/Scala, Firenze
Dall’immanenza del Vesuvio sulla città attraverso la pietra lavica ha inizio un viaggio che termina con la materia frantumata, macchiata, lacerata di Alberto Burri che allude in eterno alla pietra lavica di Napoli. In mezzo corrono 250 capolavori che omaggiano il ruolo centrale di Napoli, centro di produzione artistica di assoluta centralità europea per tutto l’Ottocento.
Un allestimento ben costruito, a cura di Sylvain Bellenger insieme a Jean – Loup Champion, Carmine Romano e Isabella Valente, che si avvale di un apparato didascalico esaustivo e di opere di straordinario impatto visivo, restituisce la vitalità artistica di una città che ha continuato ad attrarre tutti i più grandi artisti attivi in Europa o giunti dalle più giovani scuole nordamericane per scoprire Pompei ed Ercolano,folgorati dalla bellezza del paesaggio campano, dalla ricchezza del patrimonio storico e artistico di quei luoghi e dai loro contrasti.
Ritroviamo la figura del pittore Edgar Degas, che ha sempre rivendicato la sua appartenenza al movimento realista rifiutando l’etichetta di impressionista. Originario di Napoli per parte di padre, Degas, che parlava correntemente il napoletano appreso durante l’infanzia, viene letto in mostra alla luce della sua familiarità con l’ambiente. Grazie alla generosità del Musée d’Orsay, dell’Art Institute di Chicago e del Cleveland Museum of Art sono riuniti cinque celebri capolavori del “Degas napoletano”, oltre all’emblematica Veduta di Castel Sant’Elmo da Capodimonte del Fitzwilliam Museum di Cambridge, esposta raramente.
Joseph Mallord William Turner, Scena costiera vicino Napoli, 1828 circa, Olio su tavola, Londra, Tate accepted by the nation as part of the Turner Bequest 1856 © Archivio Scala Group, Antella © 2024. The National Gallery, London/Scala, Firenze
Nell’itinerario dedicato a Napoli, che è stata anche capitale scientifica, terza città d’Europa sede di una delle più antiche università italiane, della prima scuola di lingue orientali in Europa (fondata nel 1732), si è voluta restituire al visitatore, attraverso la videoinstallazione Affreschi Digitali dell’artista napoletano Stefano Gargiulo (Kaos Produzioni), la peculiarità della Stazione Zoologica voluta da Anton Dohrn. Il suo elisir di vita era la musica. In questo primo centro di studio oceanografico in Italia, le raffigurazioni scientifiche della fauna marina si sovrappongono alle decorazioni di Hans Von Marées e Adolf Hildebrandt ancora visibili nell’attuale Biblioteca e ispirate al gusto neo-ellenico caro agli artisti tedeschi dell’epoca.
“Napoli Ottocento. Dal sublime alla materia”, in corso fino al 16 giugno alle Scuderie del Quirinale, più che una semplice mostra è un omaggio straordinario a Napoli, un viaggio emozionante ed inatteso tra il mare e i campi di grano, il folklore e la luce del sud, tra eruzioni al chiaro di luna ed effetti d’aurora boreale, a tu per tu con la vegetazione lussureggiante della Campania dove lo splendore e il degrado si mescolano e si confondono in un costante abbaglio.
A partire dall’ingresso, sullo scalone dove le immagini del Vesuvio in eruzione accolgono il visitatore, il pubblico è investito da due sentimenti: il sublime che deriva dallo spettacolo della forza terribile della natura, e la brutalità materica del paesaggio lavico che si trasforma in bellezza. Città teatrale superstiziosamente soggetta al destino, capitale italiana dell’Illuminismo e nel XIX secolo metropoli scientifica, con il primo museo di mineralogia del mondo fondato nel 1801, Napoli fu palcoscenico del dibattito positivista delle scienze giuridiche e matematiche, ereditando la storia cosmopolita della Campania ma anche la tradizione realista della scuola barocca napoletana.
John Singer Sargent, Rosina, 1878, Olio su tavola Waterville, Colby College Museum of Art, The Lunder Collection
Organizzato dalle Scuderie del Quirinale e dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la Direzione Regionale Musei Campania, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e la Stazione Zoologica Anton Dohrn, il percorso abbraccia anche una ventina di capolavori restaurati per l’occasione.
Un carosello di dipinti, sculture, arti decorative, storia e scienza diventa la testimonianza di una tradizione artistica e culturale secolare e ancora viva, pienamente inserita nella cultura europea contemporanea.
“Fare una mostra sull’Ottocento - spiega il curatore Sylvain Bellenger - è un atto di coraggio perché senza l’Ottocento in Italia non esisterebbe la modernità. E l’Ottocento più vivo è senza dubbio quello napoletano. La mostra racconta non solo momenti politici, ma abbraccia la creazione artistica nella sua totalità. La materia, insieme alla spiritualità, definisce l’arte napoletana dalla scuola di Posillipo – un gruppo di artisti che si riunivano a Napoli nello studio dell’olandese Anton Pitloo dedicandosi alla pittura dal vero - fino all’Informale. In quegli anni il non aver fatto un viaggio a Napoli rendeva impossibile l'accesso ai club aristocratici dell’aristocrazia inglese. Jacques Volaire, Philipp Hackert, Anton van Pittloo, Filippo Palizzi, Giuseppe de Nittis, Domenico Morelli, Gioacchino Toma, sono solo alcuni dei pittori presenti in questa mostra che propone tanti confronti audaci e illuminanti, tra cui quello con Edgar Degas, studiato per la prima volta nel suo ambiente familiare napoletano. Gli oggetti d'arte e l'artigianato neopompeiano in bronzo e ceramica, le sculture di Giuseppe Renda, Achille d'Orsi e, Francesco Jerace, Vincenzo Gemito rivelano una scuola che dominava l'Italia verista, mentre il virtuosismo di Antonio Mancini spostava il verismo pittorico verso la materia della pittura stessa aprendo la porta all'arte informale di Lucio Fontana, Alberto Burri e del pittore vesuviano Salvatore Emblema”.
Edgar Degas, Thérèse de Gas, 1863 circa, Olio su tela, Parigi, musée d'Orsay © Archivio Scala Group, Antella © 2024. DeAgostini Picture Library/Scala, Firenze
Dall’immanenza del Vesuvio sulla città attraverso la pietra lavica ha inizio un viaggio che termina con la materia frantumata, macchiata, lacerata di Alberto Burri che allude in eterno alla pietra lavica di Napoli. In mezzo corrono 250 capolavori che omaggiano il ruolo centrale di Napoli, centro di produzione artistica di assoluta centralità europea per tutto l’Ottocento.
Un allestimento ben costruito, a cura di Sylvain Bellenger insieme a Jean – Loup Champion, Carmine Romano e Isabella Valente, che si avvale di un apparato didascalico esaustivo e di opere di straordinario impatto visivo, restituisce la vitalità artistica di una città che ha continuato ad attrarre tutti i più grandi artisti attivi in Europa o giunti dalle più giovani scuole nordamericane per scoprire Pompei ed Ercolano,folgorati dalla bellezza del paesaggio campano, dalla ricchezza del patrimonio storico e artistico di quei luoghi e dai loro contrasti.
Ritroviamo la figura del pittore Edgar Degas, che ha sempre rivendicato la sua appartenenza al movimento realista rifiutando l’etichetta di impressionista. Originario di Napoli per parte di padre, Degas, che parlava correntemente il napoletano appreso durante l’infanzia, viene letto in mostra alla luce della sua familiarità con l’ambiente. Grazie alla generosità del Musée d’Orsay, dell’Art Institute di Chicago e del Cleveland Museum of Art sono riuniti cinque celebri capolavori del “Degas napoletano”, oltre all’emblematica Veduta di Castel Sant’Elmo da Capodimonte del Fitzwilliam Museum di Cambridge, esposta raramente.
Joseph Mallord William Turner, Scena costiera vicino Napoli, 1828 circa, Olio su tavola, Londra, Tate accepted by the nation as part of the Turner Bequest 1856 © Archivio Scala Group, Antella © 2024. The National Gallery, London/Scala, Firenze
Nell’itinerario dedicato a Napoli, che è stata anche capitale scientifica, terza città d’Europa sede di una delle più antiche università italiane, della prima scuola di lingue orientali in Europa (fondata nel 1732), si è voluta restituire al visitatore, attraverso la videoinstallazione Affreschi Digitali dell’artista napoletano Stefano Gargiulo (Kaos Produzioni), la peculiarità della Stazione Zoologica voluta da Anton Dohrn. Il suo elisir di vita era la musica. In questo primo centro di studio oceanografico in Italia, le raffigurazioni scientifiche della fauna marina si sovrappongono alle decorazioni di Hans Von Marées e Adolf Hildebrandt ancora visibili nell’attuale Biblioteca e ispirate al gusto neo-ellenico caro agli artisti tedeschi dell’epoca.
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