A Rovigo dal 28 settembre al 26 gennaio
Henri Cartier-Bresson e l'Italia. Una storia in 200 scatti da riscoprire a Palazzo Roverella
Henri Cartier-Bresson, Incoronazione di Giovanni XXIII, Città del Vaticano, 1958 © Fondazione Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Samantha De Martin
06/08/2024
Rovigo - All’inizio degli anni Trenta un giovanissimo Cartier-Bresson, in compagnia dell’amico André Pieyre de Mandiargues e della sua compagna, la pittrice Leonor Fini, approdava per la prima volta in Italia dopo avere abbandonato definitivamente la pittura per la fotografia.
Durante questo viaggio di piacere, l’ “occhio del secolo” - com’è stato definito il grande maestro - scatta alcune delle sue immagini più famose, alle quali faranno seguito, nel corso del suo secondo viaggio all’inizio degli anni Cinquanta, gli scatti che documentano la tradizione e la modernità, la povertà e i cambiamenti sociali del Sud di quegli anni.
Centri come Matera e Scanno diventano protagoniste di quel viaggio come anche le immagini della distribuzione delle terre, un momento cruciale nella storia recente del Paese.
Questo rapporto tra il fotografo Henri Cartier-Bresson e l’Italia è il filo conduttore di una mostra in programma a Rovigo, a Palazzo Roverella, dal 28 settembre al 26 gennaio, che si preannuncia come la più importante mostra monografica italiana sul maestro dell'obiettivo. Promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, il percorso è realizzato in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e la Fondazione CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino, con la curatela di Clément Chéroux e Walter Guadagnini, direttori delle rispettive Fondazioni.
Henri Cartier-Bresson, L’Aquila, 1951 © Fondazione Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Circa 200 fotografie e numerosi documenti, tra giornali, riviste, volumi, lettere scandiranno le tappe di un rapporto iniziato già negli anni Trenta e proseguito fino agli anni Settanta quando Cartier-Bresson abbandona la fotografia. Anche quando diventerà ormai una leggenda vivente, Cartier-Bresson tornerà a più riprese in Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta realizzando servizi per le grandi riviste illustrate dell’epoca, tra cui “Holiday” e “Harper’s Bazaar”, dedicati a Roma, Napoli, Venezia, le grandi città che richiamano l’interesse dei lettori stranieri. Ischia e la Sardegna rappresentano tappe che permettono al fotografo di affondare il proprio sguardo sugli usi e i costumi del paese e dei suoi abitanti. Non mancheranno in mostra gli scatti realizzati a Roma, che restituiscono appieno il clima di quegli anni e un paese non ancora omologato alla cultura che soffia da oltreoceano. Alcune di queste fotografie confluiscono in uno dei libri più noti del fotografo, “Les Européens” (1955), nel quale si racconta la nuova Europa che è ormai in pieno sviluppo dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.
La chiusura dell'esposizione è affidata alle immagini dei primi anni Settanta dedicate ancora a Matera, un ritorno sui luoghi frequentati vent’anni prima, dove il pubblico ritrova la continuità e la discontinuità del tempo, l’avanzare della modernità e la persistenza delle identità locali, ma anche gli scatti dedicati al mondo del lavoro industriale, tra Olivetti e Alfa Romeo, che spostano invece l’attenzione specificamente sulle nuove modalità di vita del periodo.
Opere vintage provenienti dalla Fondation Cartier-Bresson arricchiscono il percorso che sarà scandito da testi esplicativi in ogni sala e da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
Durante questo viaggio di piacere, l’ “occhio del secolo” - com’è stato definito il grande maestro - scatta alcune delle sue immagini più famose, alle quali faranno seguito, nel corso del suo secondo viaggio all’inizio degli anni Cinquanta, gli scatti che documentano la tradizione e la modernità, la povertà e i cambiamenti sociali del Sud di quegli anni.
Centri come Matera e Scanno diventano protagoniste di quel viaggio come anche le immagini della distribuzione delle terre, un momento cruciale nella storia recente del Paese.
Questo rapporto tra il fotografo Henri Cartier-Bresson e l’Italia è il filo conduttore di una mostra in programma a Rovigo, a Palazzo Roverella, dal 28 settembre al 26 gennaio, che si preannuncia come la più importante mostra monografica italiana sul maestro dell'obiettivo. Promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, con il sostegno di Intesa Sanpaolo, il percorso è realizzato in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e la Fondazione CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino, con la curatela di Clément Chéroux e Walter Guadagnini, direttori delle rispettive Fondazioni.
Henri Cartier-Bresson, L’Aquila, 1951 © Fondazione Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Circa 200 fotografie e numerosi documenti, tra giornali, riviste, volumi, lettere scandiranno le tappe di un rapporto iniziato già negli anni Trenta e proseguito fino agli anni Settanta quando Cartier-Bresson abbandona la fotografia. Anche quando diventerà ormai una leggenda vivente, Cartier-Bresson tornerà a più riprese in Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta realizzando servizi per le grandi riviste illustrate dell’epoca, tra cui “Holiday” e “Harper’s Bazaar”, dedicati a Roma, Napoli, Venezia, le grandi città che richiamano l’interesse dei lettori stranieri. Ischia e la Sardegna rappresentano tappe che permettono al fotografo di affondare il proprio sguardo sugli usi e i costumi del paese e dei suoi abitanti. Non mancheranno in mostra gli scatti realizzati a Roma, che restituiscono appieno il clima di quegli anni e un paese non ancora omologato alla cultura che soffia da oltreoceano. Alcune di queste fotografie confluiscono in uno dei libri più noti del fotografo, “Les Européens” (1955), nel quale si racconta la nuova Europa che è ormai in pieno sviluppo dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale.
La chiusura dell'esposizione è affidata alle immagini dei primi anni Settanta dedicate ancora a Matera, un ritorno sui luoghi frequentati vent’anni prima, dove il pubblico ritrova la continuità e la discontinuità del tempo, l’avanzare della modernità e la persistenza delle identità locali, ma anche gli scatti dedicati al mondo del lavoro industriale, tra Olivetti e Alfa Romeo, che spostano invece l’attenzione specificamente sulle nuove modalità di vita del periodo.
Opere vintage provenienti dalla Fondation Cartier-Bresson arricchiscono il percorso che sarà scandito da testi esplicativi in ogni sala e da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.
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